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«La didattica in presenza è di fatto insostituibile a quella in remoto»

L’insegnamento via computer stanca di più i bambini, ma non tutto è negativo

«La didattica in presenza è di fatto insostituibile a quella in remoto»

SCUOLA Il Governo lo ha confermato qualche giorno fa: per settembre l’obiettivo è permettere a tutti gli studenti italiani di ritornare sui banchi, senza doppi turni o stratagemmi per ridurre le classi, ma piuttosto con l’uso di mascherine e divisori tra i banchi. Nei programmi, per il momento, non si parla di didattica a distanza, la grande protagonista dell’anno scolastico 2019-2020, da quando il Covid-19 è arrivato in Italia e ha portato alla chiusura delle scuole, costringendo dirigenti e insegnanti a utilizzare nuovi modi per raggiungere gli alunni e per garantire loro lo studio delle diverse materie.

Secondo il sondaggio promosso da Cittadinanzattiva, il bilancio numerico è positivo: nel 92 per cento delle scuole italiane, è stata attivata la didattica a distanza, con una buona valutazione del lavoro svolto dai docenti nel 60 per cento dei casi. Ma non sono mancati i problemi, a partire dal tema fondamentale emerso negli ultimi tre mesi: la potenziale esclusione di molti studenti dalle lezioni on-line, come hanno segnalato il 48 per cento degli intervistati. I motivi sono diversi, come la connessione inadeguata, la condivisione del dispositivo con fratelli o altri familiari, la totale mancanza di dispositivi e problemi di connessione. Ma ci sono anche altre questioni pratiche, che emergono più si abbassa l’età degli alunni, come il bisogno di una presenza costante dei genitori, difficile da assicurare quando entrambi hanno continuato a lavorare. Sì, perché se per gli studenti delle superiori è maggiore il grado di consapevolezza e di indipendenza, per le elementari e le medie la situazione è stata più complessa da gestire.

Così, a pochi giorni dalla fine dell’anno scolastico, abbiamo fatto un bilancio con presidi e insegnanti degli istituti comprensivi albesi. All’istituto comprensivo Centro storico il dirigente Damiano Lupo è soddisfatto del lavoro svolto: «Siamo partiti da subito con il registro elettronico e poi con le videolezioni, dopo una prima fase di collaudo. Gli insegnanti si sono messi al lavoro per produrre i contenuti digitali, attraverso le diverse piattaforme. L’impegno è stato ingente: per ogni videolezione, ci sono almeno due ore di preparazione alle spalle, con capacità che si sono affinate mese dopo mese».

Sono state anche affrontate delle questioni pratiche: «L’aspetto più importante è stato garantire a tutti i 750 studenti del nostro istituto di accedere alle lezioni. Così abbiamo proceduto, grazie alla collaborazione della Protezione civile, alla distribuzione di 40 dispositivi tra tablet e computer, oltre a una decina di schede per il traffico dati». In vista delle pagelle, si è anche provveduto a una revisione dei criteri di valutazione, «che terranno anche conto della formazione in senso lato, intesa come capacità di fare fronte alle novità degli ultimi mesi».

Alla fine, il bilancio è positivo, nei limiti della didattica a distanza: «Abbiamo fatto tutto il possibile, ma la didattica in presenza è insostituibile, per il valore formativo che deriva dallo stesso ambiente scolastico: per questo, ci auguriamo di poter ripartire a settembre».

Ne è convinta anche Manuela Torta, insegnante alla scuola primaria Rodari dell’istituto Piave-San Cassiano. Anche in questo caso, sono state usate tutte le modalità: «Dall’infanzia alle medie, abbiamo utilizzato videolezioni, videochiamate e varie piattaforme. Rispetto alle lezioni in presenza, il computer è più stancante per i bambini e la concentrazione diminuisce». Anche al Piave-San Cassiano sono una cinquantina i dispositivi consegnati alle famiglie.

Francesca Pinaffo

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