L’IMPRESA Gazzetta d’Alba nell’azienda in cui nascono le mascherine chirurgiche Miroglio. Dopo averne realizzate milioni in tessuto per Regione, Comuni e privati nello stabilimento di Govone, il gruppo tessile ha avviato la produzione di dispositivi chirurgici nella sede di Pollenzo.
Ad accompagnarci nella visita è Stefano Mulasso, responsabile business unit di M360, che si occupa della produzione delle mascherine. Si comincia con le precauzioni. Per arrivare nel reparto in cui sono stati installati i macchinari è obbligatorio passare in una prima stanza con carica batterica controllata, poi in una seconda in cui si deve sostare un minuto: qui l’aria viene completamente ricambiata per ben 18 volte ogni ora.
Tutta quest’area è stata realizzata, a tempo di record, tra il 10 e il 30 maggio, con fondi propri, senza contributi regionali o statali, in quanto il gruppo tessile albese ritiene che la produzione di mascherine chirurgiche possa proseguire anche dopo il superamento dell’emergenza Covid.
Dopo i passaggi obbligatori, entriamo nel piccolo reparto in cui un macchinario è in grado di produrre i dispositivi medici monouso (Classe I-Tipo II), in conformità alla direttiva 93-42-Cee, marchiati Ce e imbustati singolarmente. «La macchina intreccia due strati di tessuto Tnt. Quindi, i dispositivi vengono piegati e poi viene inserito un elastico. Non è un passaggio scontato, perché per imbustare singolarmente le mascherine abbiamo dovuto modificare la macchina e adeguarla a questa esigenza», spiega Mulasso, che ci segue insieme al responsabile del reparto, Stefano Faccenda. Tutti i dipendenti operano indossando guanti e mascherine. La temperatura è mantenuta costante e l’aria qui viene cambiata 28 volte ogni ora. Non si tratta di un ambiente sterile, bensì a carica batterica controllata. Il tessuto Tnt resta 24 ore in un premagazzino, per ridurre al minimo ogni problema.
Alla prima macchina installata ne verrà presto affiancata un’altra: «Questa nuova produzione avrà ricadute occupazionali importanti, in una fase dell’emergenza Covid-19 ancora difficile. Su ogni macchinario opereranno 5 persone su tre turni per un totale di una trentina di dipendenti. Oggi siamo in grado di produrre 40mila mascherine al giorno; a pieno regime, entro la fine di luglio, potremo arrivare a 100mila. Prevediamo dai 7 ai 10 milioni di dispositivi chirurgici entro fine anno: 500mila mascherine saranno destinate ai dipendenti Miroglio che lavorano presso le sedi e i nostri 900 punti vendita, mentre le altre saranno distribuite sul mercato», conclude Mulasso.
I dispositivi Miroglio costano sui 50 centesimi (anche se personalizzati)
Le mascherine Miroglio vengono inscatolate e impilate, duecento per ogni contenitore, ma l’azienda albese sta pensando di ridurre l’ordine minimo a 50 pezzi per la vendita a realtà istituzionali e industriali che ne faranno richiesta, al mondo della grande distribuzione e ai canali specializzati nella distribuzione di prodotti farmaceutici.
I dispositivi chirurgici potranno essere venduti a un prezzo inferiore ai 50 centesimi l’uno: è un prodotto che, conveniente come quello importato dalla Cina, ha invece tutti i vantaggi di essere completamente made in Italy. Mulasso aggiunge: «Grazie alla conoscenza produttiva del gruppo Miroglio, sarà presto possibile, inoltre, anche personalizzare le nostre mascherine chirurgiche, che saranno stampate dalla Miroglio Sublitex – in corso Asti ad Alba – a un prezzo superiore soltanto di qualche centesimo rispetto a quelle non stampate, per quantitativi da 2.500 pezzi in su». Un’opportunità per rendere anche migliori i dispositivi di protezione “made in Miroglio”.
Marcello Pasquero