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Il virus sovranista in Europa

BRUXELLES È questa una stagione di mille pericoli e non basterà il vaccino per scongiurarli. Prima o poi questa pandemia si calmerà, ma vi sono altri virus che nell’Europa rischiano di logorare, fino a spegnerlo, il sogno europeo che coltiviamo da oltre settant’anni.

Quello del sovranismo è un virus che circola da tempo nell’Ue: dall’orgoglioso “no” francese, prima col rifiuto di creare una Comunità europea della difesa nel 1954 e di Charles de Gaulle negli anni ’60 con la “politica della sedia vuota” e poi, nel 2005, con il “no” al progetto di Costituzione europea alla riluttanza tedesca per lunghi anni ad attivare forme più avanzate di solidarietà fino all’esplosione sovranista della secessione britannica, finalmente in dirittura d’arrivo. Si era trattato di frenate sulla strada in salita del processo di integrazione, forse nel caso di Brexit il contributo a un’accelerazione.

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Recentemente, dopo un breve periodo di sovranismo rimasto sotto traccia, in particolare dopo la sua relativa sconfitta alle elezioni europee del 2019, il tema è tornato in evidenza in occasione della risposta europea alla crisi da Covid-19. Prima con i noti aspri conflitti tra i ventisette del Consiglio europeo in merito ad aperture di maggiore solidarietà, con gli opposti schieramenti tra Paesi “frugali”, Olanda e Paesi nordici, e Paesi dell’Europa centro-orientale e, più recentemente, con il veto posto da Ungheria e Polonia all’adozione del bilancio Ue 2021-2027 e al Recovery fund per una presunta violazione delle sovranità ungheresi e polacche, doverosamente richiamate al rispetto dello Stato di diritto e della democrazia.

Molti altri episodi di sovranismo nazionalista, latente o dichiarato, hanno costellato la storia dell’Ue alla ricerca di una sovranità europea, ancora recentemente auspicata dal presidente francese, Emmanuel Macron, e stimolata dalle recenti buone notizie in arrivo da oltre Atlantico. Il fiume carsico delle resistenze sovraniste è tornato ad emergere anche in Italia, per lunghi anni tradizionalmente “europeista”, in un clima spesso di facile delega di responsabilità a Bruxelles. L’occasione è stata fornita alle forze politiche italiane dalla vicenda del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), un fondo intergovernativo creato a salvaguardia della solvibilità degli Stati membri e, dopo la riforma della settimana scorsa, anche dei sistemi bancari nazionali, non escluso quello italiano.

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

Quest’ultimo elemento in particolare non è piaciuto a componenti tanto della maggioranza che dell’opposizione. Dai tempi del governo giallo-verde il Mes è stato considerato una resa a Bruxelles da parte di una presunta sovranità italiana, posizione dalla quale si è dissociato fin dall’inizio il Partito democratico, insieme con le altre forze della coalizione giallo-rossa, ad eccezione del Movimento cinque stelle. Nell’opposizione lo schieramento anti-Mes è stato prevalente ad esclusione, fino a qualche giorno fa, di Forza Italia. Posizioni tutte legittime, anche quando non condivisibili e in parte incomprensibili, ma con ricadute importanti anche sugli schieramenti politici in seno al Parlamento europeo. Da una parte i grillini, in ordine sparso alla ricerca di un gruppo politico disposto ad accoglierli, oscillanti tra posizioni europeiste e rigurgiti sovranisti; dall’altra la Lega e Fratelli d’Italia, messi nell’inconfortevole condizione di complicità con i protagonisti del rifiuto ungherese e polacco. Né a Strasburgo sono tranquille le acque all’interno del Partito popolare europeo che, all’evidente imbarazzo di contare tra i suoi membri l’autocrate Viktor (non più il suo braccio destro al Parlamento europeo, Jòzsef Zàier, costretto alle dimissioni dopo le sue avventure brussellesi), aggiunge lo sconcerto per le giravolte di Forza Italia sul Mes.

Quanto sia pericolosa la mina vagante del sovranismo nelle sue varie declinazioni è evidente: un ostacolo non solo per il rilancio dell’Unione europea, ma anche una minaccia per l’attuale navigazione a vista dell’Italia.

Franco Chittolina

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