Abitare il piemontese: scopriamo il significato del termine “Gàucc”

Scopriamo perché la stufa in piemontese è detta potagé

ABITARE IL PIEMONTESE significa prendere coscienza, significa anche rendere grazie a quelle persone che, con sacrificio, ci hanno ereditato qualcosa di cui sentirci responsabili. Del resto “sacrificio” significa fare qualcosa di sacro, qualcosa di così importante – magari faticoso! – da sopportare il dolore a cui questa attività costringe, rimettendoci della propria salute. A volte si tratta di invalidità procurata dall’eccessivo sforzo sostenuto, altre volte la causa è la fatalità, quando non addirittura mera malasorte.

Ecco perché tradurre gàucc con “zoppo” o “storto” è limitativo, oltremodo irrispettoso. Piuttosto: curvo, sbilenco, piegato, insomma modellato a modo proprio. Quando si allude alla claudicanza, si tratta nella maggior parte dei casi del corpo umano, oppure animale; altre volte gàucc è un oggetto che non riesce proprio a stare in equilibrio a causa di una deformità.

L’origine di questa parola, delicata ma necessaria da raccontare, è varia. La base può essere germanica con il termine welk, ovvero “floscio, dalla camminata poco armonica”. La parlata alpina, così come quella transalpina indica nel gauche la parola “sinistro”, dunque il contrario di droit (dritto). Impossibile non far caso al termine pratico argaucé (piegare, rimboccare) o avèj ij dì gàucc, avere le dita piegate, deformate, per l’eccessivo lavoro a cui ci si è sottoposti.

Abitare il piemontese: scopriamo il significato del termine “Gàucc”

Mi sono interrogato se il gaucho dell’America Latina (zona di destinazione migratoria subalpina), abbia delle pertinenze con il gàucc piemontese. E bene, la figura del mandriano della Pampa, detto appunto gaucho, nasce nella Pampa orientale attorno al XVIII Secolo. Viene descritto come un “selvaggio bianco che vive lontano dalla società”, un “nomade a cavallo” e rappresenta un’importante figura nella storia delle pampas sudamericane. È molto probabile che il termine derivi dal quechua huacho, ovvero “senza madre”.

Ora, non so – e non penso – che ci siano contaminazioni linguistiche piemontesi, pur essendo entrambe lingue neolatine. Quel che so, è che andé gàucc è detto da chi è reduce da una mazzata, fisica o morale: e di certo essere senza madre come i gauchos, credo corrisponda a questo stato d’animo.

Paolo Tibaldi

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