EDITORIALE C’è nell’aria tanta euforia. Forse, un po’ eccessiva. Ma, nonostante alcune resistenze, la campagna vaccini procede bene. E da lunedì 28 giugno, l’Italia è tutta “zona bianca”. Sono cessate chiusure e restrizioni. Niente più mascherina all’aperto. E le attività commerciali, dai negozi ai ristoranti, sono tutte in ripresa, con una fortissima accelerazione. Per l’Italia le previsioni sul Prodotto interno lordo (il cosiddetto Pil) sono più che incoraggianti. Per il 2021 si prevede una crescita del 4,7%. E anche qualcosa in più. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) varato dal Governo Draghi, col sostegno dell’Europa, accende ulteriori speranze.
L’economia è ripartita. Tutto sembra tornato come prima. L’incubo della pandemia, tra ricoveri in ospedale, terapie intensive e morti giornalieri, è ormai un lontano ricordo. Qualcosa che appartiene al passato. Sebbene la variante Delta ci metta in guardia dal gridare vittoria definitiva. E dal mollare ogni precauzione e difesa. La guerra non è ancora vinta. Alcuni contagi, in giro per l’Italia, destano allarme. Oltre a preoccupare chi “veglia” sulla pandemia. Onde evitare una ubriacatura vacanziera, come nell’estate 2020, preludio di restrizioni e chiusure autunnali.
Due milioni di famiglie in condizione di povertà assoluta
Ripresa e ottimismo sì, ma c’è un’altra faccia della medaglia che va considerata. Quella svelataci dai recenti dati Istat, davvero drammatici. Una realtà preoccupante, aggravata dalla pandemia. E che le misure di contenimento del Governo, quali reddito di cittadinanza e di emergenza, oltre alla cassaintegrazione, hanno soltanto attutita, ma non eliminata. In Italia, oggi, c’è un record negativo mai raggiunto in passato: due milioni di famiglie in condizione di povertà assoluta. E oltre 5,6 milioni di persone così povere da non arrivare a fine mese con la spesa. In un Paese dal debito pubblico al 160%. E che in un anno, a causa della pandemia, ha perso più di un milione di posti di lavoro. I più colpiti sono le famiglie numerose e quelle senza alcun reddito. Ma c’è anche un allarme per minori e adolescenti. La chiusura delle mense scolastiche ha privato bambini e bambine poveri di quell’unico pasto completo al giorno, indispensabile alla sopravvivenza.
Una fotografia allarmante, quella prospettata dall’Istat, sebbene l’Italia sia tra i sette Paesi più sviluppati al mondo. Un quadro sociale devastante. A rischio di esplosione, se i benefici del rilancio non saranno equamente ripartiti. Privilegiando non una ristretta parte di società, già benestante, ma le categorie più fragili e indigenti. Una “pandemia sociale”, questa, ben più preoccupante di quella da Covid-19. E lo dimostrano i recenti dati di Caritas italiana. Da sempre in prima linea, ma ora ancor di più, nel sostenere le famiglie attraverso centri di ascolto, mense, pacchi alimentari e supermercati solidali.
Se in passato, prima della pandemia, si rivolgevano alla Caritas circa 200mila persone all’anno (con un trend in calo), tra marzo e maggio del 2020 a bussare alle loro porte sono stati in 450mila. Più del doppio. Per arrivare, tra settembre 2020 e marzo 2021, a ben 545mila. E non si presentano soltanto stranieri, immigrati o senza tetto. Il 60% di chi s’è rivolto a Caritas è italiano (44% nel 2019). Per quasi un terzo si tratta della prima volta agli sportelli di un centro aiuto. Sono i nuovi poveri: giovani coppie senza impiego, genitori singoli con figli piccoli, disoccupati, precari o lavoratori con reddito inferiore a mille euro. File, ogni giorno, sempre più lunghe per il “pane quotidiano”, un pacco viveri o un sostegno economico.
Nello smarrimento della pandemia papa Francesco è stato un riferimento etico rilevante
Se nello smarrimento della pandemia papa Francesco è stato un riferimento etico rilevante (chi non ricorda quella sua immagine accorata, in preghiera in una piazza San Pietro deserta, sotto la pioggia battente?), oggi lo è ancor di più. Il 13 giugno scorso, in vista della V Giornata mondiale dei poveri (14 novembre 2021), Francesco ha reso pubblico un messaggio dal titolo I poveri li avete sempre con voi. Un invito non alla rassegnazione o all’indifferenza, ma uno stimolo per contrastare la povertà. Una piaga sociale che non è “frutto della fatalità”, ma “conseguenza dell’egoismo”.
«I poveri non sono persone esterne alla comunità», scrive il Papa, «ma fratelli e sorelle con cui condividere la sofferenza, per alleviare il loro disagio e l’emarginazione, perché venga loro restituita la dignità perduta e assicurata l’inclusione sociale necessaria». Non basta un aiuto occasionale, quasi a tacitare la coscienza. Elemosina che “gratifica” chi la fa, ma “umilia” chi la riceve. Occorre una vera condivisione dei beni, con più solidarietà sociale e meno disuguaglianze. I poveri, che la pandemia ha reso ancor più numerosi, non sono un “prezzo” inevitabile da pagare al “dio profitto”. O vittime da sacrificare sull’“altare del progresso” di una finanza senza scrupoli. «Un mercato che ignora o seleziona i princìpi etici», ricorda Francesco, «crea condizioni disumane che si abbattono su persone che vivono già in condizioni precarie».
Contro questa cultura dell’indifferenza e dell’ingiustizia, il Papa è intervenuto di recente, in occasione della 109a Conferenza internazionale del lavoro. «Con la fretta di tornare a una maggiore attività economica, al termine della minaccia del Covid-19», ha detto in un videomessaggio, «evitiamo le passate fissazioni del profitto, l’isolamento e il nazionalismo, il consumismo cieco e la negazione delle chiare evidenze che segnalano la discriminazione dei nostri fratelli e sorelle scartabili nella nostra società». E come obiettivo indica lo sviluppo di una “cultura della solidarietà”, per contrastare la “cultura dello scarto”, che è all’origine della disuguaglianza che affligge il mondo. La vera vocazione degli imprenditori è quella di produrre ricchezza, ma al servizio di tutti.
La vicinanza ai poveri, infine, ha un valore teologico. Ai credenti, in particolare, papa Francesco ricorda che «quando vogliono vedere di persona Gesù e toccarlo con mano, sanno dove rivolgersi: i poveri sono sacramento di Cristo, rappresentano la sua persona e rinviano a lui». Ci sono molte povertà dei “ricchi” che potrebbero essere curate dalla ricchezza dei “poveri”.
Il mondo necessita di un lungimirante modello sociale. Ma che sia equo e solidale.
Antonio Sciortino,
già direttore di Famiglia Cristiana e attualmente di Vita Pastorale