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Il Vangelo spinge a chiederci chi davvero siamo

Il Vangelo spinge a chiederci chi davvero siamo
Gesù e gli apostoli in viaggio verso Gerusalemme, miniatura di Cristoforo de Predis, Biblioteca già Reale, Torino.

PENSIERO PER DOMENICA – XXV TEMPO ORDINARIO – 19 SETTEMBRE

“Chi sei?”: ecco una domanda imbarazzante, a meno di non rispondere dichiarando semplicemente la propria identità e la propria professione. Il tema centrale della XXV domenica del Tempo ordinario è l’identità del discepolo. Nelle letture troviamo due risposte: il discepolo è definito innanzitutto dal suo rapporto con Gesù (Mc 9,30-37), poi dal suo comportamento (Gc 3,16-4,3).

Il discepolo imita Gesù che dona la sua vita. Nel Vangelo troviamo il secondo annuncio della passione. La formula è chiaramente postpasquale, ma la decisione di Gesù di andare fino in fondo nel suo compito di rinnovare il rapporto tra Israele e Dio è storica. Gesù ha deciso di salire a Gerusalemme, pur consapevole dei rischi che correva. I discepoli hanno fatto molta fatica a capire e seguire questa scelta di Gesù. Il messaggio però oggi è molto chiaro: seguire Gesù significa mettere la propria vita a servizio degli altri: «Se uno vuol essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti». Per arrivare qui è necessario fidarsi di Dio: come ha fatto Gesù o, secondo l’esempio molto più concreto da lui fatto, come un bambino piccolo, che si fida ciecamente dei suoi genitori.

Questa impostazione di vita rovescia le gerarchie. Infatti, nella Chiesa, i primi sono coloro che si mettono al servizio, che non si sentono superiori agli altri. Questa è stata la scelta di Gesù, che, così facendo, si è scontrato con le autorità del suo tempo ed è finito su una croce. Stare dalla parte dei poveri, anche oggi, comporta dei rischi: da noi magari non c’è il rischio della vita, ma certo c’è quello che Kierkegaard definiva il martirio del ridicolo, ben descritto nella prima lettura (Sap 2,12.17-20): l’essere presi in giro fino al sarcasmo per le proprie scelte e i propri comportamenti: «Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione».

Anche il comportamento dice chi siamo. Ci viene oggi proposto un altro brano della lettera di Giacomo, lo scritto neotestamentario in cui è più chiara l’impostazione giudeo-cristiana. L’apostolo contrappone due progetti di vita. Chi segue la via tracciata dalla Legge è pacifico, mite, pieno di misericordia, operatore di pace e giustizia. All’opposto troviamo liti e guerre, alimentate da passioni, desiderio di possesso, voglia di primeggiare. Qual è il nostro stile di vita?

Lidia e Battista Galvagno

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