Cesare Pavese al triste confino di Brancaleone

Lo scrittore esiliato in Calabria per il possesso di una lettera: la fondazione santostefanese ha visitato i luoghi per la serie Io vengo di là

Cesare Pavese al triste confino di Brancaleone
La camera dove soggiornò Pavese a Brancaleone. ©Fondazione Pavese

SANTO STEFANO BELBO Per la terza stagione di Io vengo di là, i cui episodi escono ogni settimana su YouTube dall’8 dicembre, la Fondazione Cesare Pavese ha fatto visita ad alcuni luoghi legati al percorso umano e artistico dello scrittore. Dopo le puntate dedicate a Santo Stefano Belbo e al Piemonte, questa volta le riprese sono state girate fuori regione: a Roma, dove diresse la sede Einaudi nel 1946; a New York, dove sognava di andare; a Brancaleone Calabro, luogo di esilio in gioventù. Il 13 maggio 1935 la Polizia fa irruzione nell’abitazione torinese di Pavese, sospettato di essere antifascista per la frequentazione di esponenti del gruppo di Giustizia e libertà, in cui figurava l’amico Leone Ginzburg. Tra le carte del ventisettenne viene trovata una lettera di Altiero Spinelli: tanto basta al Tribunale speciale per la difesa dello Stato per condannarlo a tre anni di confino.

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Il direttore della fondazione Pavese, Pierluigi Vaccaneo, incontra Carmine Verduci (Pro loco Brancaleone) e Giuseppe Politi, figlio di Oreste, amico di Pavese. ©Fondazione Pavese

In realtà, lo scrittore non avrebbe colpe di fronte al regime: riceve quella corrispondenza soltanto per coprire Battistina Pizzardo, giovane attivista di cui è innamorato. Inizia così un periodo di grande solitudine, che lo porterà a scrivere alcune tra le più belle poesie di Lavorare stanca, ma soprattutto a comporre la sua prima opera narrativa: Il carcere (1939), in cui sarà trasposta proprio l’esperienza calabrese. È Pavese stesso a raccontare, attraverso le lettere, la difficile condizione in cui versa, complice la mancanza di sussidi da parte del regime. Il 20 settembre 1935 scrive all’amico Mario Sturani: «Io non sto in albergo, ma in una cameretta mobiliata piena di scarafaggi. Quando piove si allaga come una barca». Lo scrittore non intesse grandi relazioni con la popolazione locale; fa eccezione l’amicizia con il giovane Oreste Politi (Giannino nel Carcere). Il figlio Giuseppe è tra gli intervistati del documentario della Fondazione Pavese, insieme a Vincenzo De Angelis, nipote dell’omonimo medico che conobbe Pavese – e Jolanda Rossi (trasfigurata poi in Elena), con cui intrattenne una breve parentesi amorosa.

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Riprese sulla spiaggia di Brancaleone con Giovanni Alessi, vicesindaco del paese calabro. ©Fondazione Pavese

Il giovane scrittore, che si lamenta periodicamente della mancanza di compagnia e dell’asma, utilizza quel soggiorno soprattutto come un momento di formazione. Si dedica, oltre alla scrittura di poesie, allo studio dei classici: «Esercito il più squallido dei passatempi: acchiappo mosche, traduco dal greco, mi astengo dal guardare il mare, giro i campi, fumo, tengo uno zibaldone, rileggo la corrispondenza dalla patria, serbo un’inutile castità», riferisce il 5 novembre 1935. L’esperienza si concluderà dopo appena un anno, nella primavera del 1936, quando, a seguito delle numerose richieste di Pavese, gli verrà concessa la grazia. Un atto che non viene apprezzato dai brancaleonesi, come spiega Pierluigi Vaccaneo, direttore della fondazione santostefanese: «Lo videro come un voltagabbana, un po’ perché con il suo romanzo si era fatto gli affari loro e un po’ perché aveva chiesto l’intercessione al regime. Ora sappiamo che l’attivismo politico di Pavese non è mai esistito, ma all’epoca la sua reputazione era quella di un combattente politico».

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Un’immagine dall’alto di Brancaleone. ©calabriagreca.it

Oggi Brancaleone ha conservato la memoria di quell’ospite illustre, tanto che vengono promosse iniziative legate alla sua figura, come ha avuto modo di vedere Vaccaneo: «È sorto un vero e proprio percorso che, oltre alla casa dove soggiornò Pavese, ristrutturata e resa disponibile al pubblico grazie al mecenate Tonino Tringali, permette di visitare la spiaggia e la Brancaleone vetus, cioè il vecchio borgo in collina, ridotto ormai a un cumulo di macerie». Se il paese attuale, vicino al mare, non brilla per bellezza, a causa della speculazione edilizia degli anni ’60 del Secolo scorso, colpisce «la vivacità della popolazione che ha compreso come Pavese costituisca un’opportunità di sviluppo». È probabile che la collaborazione intrapresa con l’Amministrazione locale possa portare a spettacoli del Pavese festival 2022, che potrebbe allungarsi fino a due settimane, anche a Brancaleone.

Lorenzo Germano

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