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L’azienda di macchine enologiche Gai di Ceresole continua a crescere

L'azienda di macchine enologiche Gai di Ceresole continua a crescere

INTERVISTA Con l’ingegner Carlo Gai, 78 anni, facciamo il punto sull’attività dell’omonima azienda meccanica di Ceresole. «Il numero di addetti è andato oltre la mia immaginazione. Siamo partiti in 10 e pensavo di arrivare a 50. Ora siamo 330. Chi lavora alla Gai deve riconoscersi in un modello. È la qualità dei collaboratori che fa la differenza», dice l’imprenditore. «Nel 2021, malgrado il Covid-19, abbiamo incrementato il fatturato, da 51 milioni a 55. Per il 2022 vorremmo toccare i 59 milioni. Quest’anno ci aspettano due saloni importanti: a settembre a Monaco e a novembre a Milano. La domanda del mercato italiano è passata dal 25% al 34%. I nostri addetti sono 280 a Ceresole a cui si aggiungono le 48 unità della Gai France, passata dai 17 milioni di fatturato del 2020 ai 19 milioni del 2021».

Il mercato delle macchine enologiche sta lanciando delle sfide nuove. Come si posizionerà la Gai?
«Sappiamo di una nuova iniziativa del fondo Investindustrial della famiglia Bonomi. Questa nuova realtà influenzerà anche il nostro sviluppo. Restiamo ottimisti, certi di potere far valere le nostre caratteristiche. La differenza sarà che il fondo di investimento cercherà di massimizzare gli utili, mentre noi cercheremo di massimizzare la soddisfazione dei clienti dando un prodotto migliore e un servizio impeccabile».

Veniamo al sogno nel cassetto per i prossimi anni.
«Nei primi mesi del 2022 inizierà la modifica della provinciale davanti all’azienda. Noi acquisiremo il vecchio tracciato per realizzare due rotonde di accesso e migliorare la sicurezza ampliando il fronte strada. Tra il 2023 e il 2025 ci dedicheremo all’ampliamento di circa 25mila metri quadrati. L’aspetto significativo sarà il raddoppio dell’attuale spazio per la produzione».

Il vostro progetto è attento anche all’approvvigionamento di energia.
«Abbiamo previsto un aumento del nostro impianto fotovoltaico che passerà da 2.350 a circa cinquemila Kw. Nei momenti più favorevoli il fotovoltaico produrrà dai tremila ai 3.500 kilowatt e noi mediamente ne consumiamo intorni ai 1.500. Stiamo pensando a un accumulo di energia con due possibilità: produrre idrogeno e stoccarlo oppure dotarci di batterie per utilizzarlo nottetempo. Vorremmo che la quota attuale di fotovoltaico, pari al 40 per cento del nostro fabbisogno, potesse diventare il 60 per cento».

Tutte queste novità cosa comporteranno per la Gai?
«Parliamo di un nuovo modello organizzativo. Abbiamo un ciclo interno completo, supportato dall’energia da noi prodotta. Il ruolo del tornitore o del fresatore tradizionale è cambiato. Ci avviamo verso la digitalizzazione per garantire la convenienza economica con lotti di pezzi a maggiore volume. Si tratta di un decisivo cambio di mentalità. Ma così i conti tornano, anche per il cliente. Non è un problema quanto costa la macchina Gai, ma quanto costa imbottigliare con le nostre macchine. Dobbiamo costruire macchine performanti. Il modo migliore di risolvere i problemi è averne pochi. Quindi le macchine dovranno essere molto affidabili».

Un accenno alla formazione. Il corso dei trasfertisti è un argomento sempre centrale per la Gai.
«Anche nel 2021, pur con molte difficoltà i Salesiani di Bra con il prezioso contributo delle aziende di settore hanno dato vita al corso che da cinque anni Gai sostiene. Per noi è fondamentale il collegamento con i Salesiani e mi auguro che nel 2022 ci possa essere un corso con il contributo della Regione. Dobbiamo giocare sulla nostra professionalità, che è poi quella dei nostri collaboratori, anche e soprattutto i giovani trasfertisti».

Cosa ci si deve aspettare dalle attività di Gai all’estero?
«Dopo l’exploit in Italia, dal 2023 dovremo guardare a Francia e Stati Uniti. In America il mercato si divide al 50% tra vino e birra. Stiamo lavorando a una graffatrice, macchina che serve per chiudere le lattine, da 20mila pezzi all’ora. Anche molti imbottigliatori stanno pensando al vino in lattina e noi dobbiamo farci trovare pronti».

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Chiudiamo con un tema caro ai ceresolesi: il recupero della storica casa al centro del paese.
«Questa bella casa patrizia l’ho comprata a 50 anni, quindi 28 anni fa. Pensavo di andarci ad abitare raggiunta la pensione, ma avendo deciso di non pensionarmi sto bene nell’abitazione vicino all’azienda».

E la casa acquistata?
«La struttura richiede un restauro importante. Abbiamo pensato che un ristorante con alloggio possa essere la soluzione migliore. Cerchiamo un imprenditore con numeri e qualità. Per ora alcuni contatti non si sono concretizzati. Ceresole rischia di non avere più ristoranti e questo potrebbe essere una alternativa. A noi non interessano i fini di lucro. Trovato chi voglia fare impresa la locazione sarà gratuita per un certo numero di anni. Per ora restauriamo la facciata per dare un segnale a potenziali imprenditori. Sono convinto che Ceresole, tanto vicino a Torino quanto ad Alba, possa essere un’interessantissima opportunità. Il ristorante con alloggio è una bella idea. Noi siamo disposti a fare la nostra parte e attendiamo imprenditori altrettanto motivati».

Franco Burdese

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