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Il cambiamento climatico è già arrivato (INCHIESTA)

Il cambiamento climatico è già arrivato (INCHIESTA)

IL CASO Le colline sembrano immobili: non c’è fango né pozzanghera, soltanto terra secca. I torrenti sono filiformi e striminziti, dal letto emergono le rocce e i sassi. Non si avverte l’odore di zolla bagnata e nei giardini si annaffia con acqua potabile, le pompe allacciate ai rubinetti.

LA CISTERNA

C’è già chi costruisce vasche di raccolta idrica, per recuperare oro blu – questa volta non è un sinonimo gratuito – durante la prossima pioggia. Come Silvana, una donna di Cinzano che ha installato un contenitore da 500 litri nel suo giardino: «L’ho dipinto con colori naturali e ho messo un tetto di legno, in modo da farlo sembrare una casetta. Ma l’estetica è una maschera: se non fosse per questo meteo secco e l’assenza di piogge, non mi sarebbe mai venuto in mente di spendere soldi per un simile aggeggio. Quando lo guardo, mi sembra il simbolo di una sconfitta comune».

I NUMERI

Per capire che cosa stia accadendo servono i dati. In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, il 22 marzo, Arpa Piemonte ha pubblicato una ricerca in cui si rileva come la siccità in Piemonte abbia raggiunto livelli d’allarme. L’autunno 2021 ha mostrato precipitazioni leggermente sotto la media climatica degli ultimi 30 anni, mentre la stagione invernale «è stata tra le più anomale mai osservate» negli ultimi sette decenni a causa di temperature troppo alte e un forte deficit di pioggia. Il 22 marzo il contatore delle giornate consecutive con precipitazioni inferiori a 5 mm ha raggiunto quota 104, concludendo l’inverno con una carenza di pioggia pari al 70% rispetto alla norma del periodo. Quello del 2022 si è rivelato il sesto marzo più secco degli ultimi 65 anni, molto vicino agli 8,1 mm di pioggia del marzo 2021. Si tratta di un deficit percentuale medio del 90% sulle pianure e sugli Appennini e di circa il 60% sulle Alpi.

IL TANARO

Spiegano all’Arpa: «Non sorprende che un periodo così lungo caratterizzato da precipitazioni scarse se non addirittura assenti abbia finito per erodere le risorse idriche in Piemonte, con impatti importanti sul settore idropotabile e che mettono in allerta per la stagione agricola». Peraltro, le previsioni non sono confortanti. I fiumi «presentano ovunque importanti scostamenti negativi rispetto alla media storica di riferimento. Lungo le aste del Tanaro e del Po aumenta ancora, rispetto ai due mesi passati, lo scarto tra i valori osservati e quelli di riferimento, con deficit superiori a -80% sul Tanaro e a circa -70% sul Po».

I PROVVEDIMENTI

Marello partecipa alla 64esima Assemblea Avis Provinciale CuneoLa politica cerca d’intervenire, ma con fatica. La Regione Piemonte nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha proposto diversi progetti per la sostituzione di condotte, interconnessioni e manutenzione della rete acquedottistica per circa 240 milioni, ma è ancora presto per valutare se ci saranno risultati dall’operazione. Alcuni Comuni stanno mobilitando le autobotti, ma a lungo termine questa soluzione non sarà sufficiente. Il consigliere regionale del Partito democratico Maurizio Marello ha presentato un’interrogazione in Consiglio per sollecitare la Giunta ad adottare interventi urgenti. Marello: «Siamo in presenza di uno degli inverni più anomali mai osservati a Sud delle Alpi: una stagione calda, secca e con numerosi episodi di Foehn. L’inverno 2021-2022 in Piemonte è il terzo più caldo degli ultimi 65 anni, con una media di +1,8 gradi centigradi». Prosegue l’ex sindaco di Alba: «L’acqua serve per irrigare, altrimenti la situazione si farebbe drammatica. Si ipotizzano per il Piemonte almeno cinquanta milioni di danni. Si tratta di un calcolo ancora provvisorio, perché prende in considerazione solo le criticità per le coltivazioni dei cereali e delle foraggere, mentre è prematuro fare una valutazione sulla frutta. Ma chi lavora i campi adesso ha un altro timore: il rischio di gelate».

EVENTI MONSONICI

Tanaro da salvare. Come una bestia in gabbia
Roberto Cavallo

Spiega l’agronomo e saggista ambientale di Alba Roberto Cavallo: «Il fenomeno è più complesso di quanto appaia. Registriamo un aumento dei periodi di siccità durante gli ultimi 30 anni, ma nel complesso le precipitazioni non sono calate: piuttosto, si verificano intemperie di natura improvvisa e violenta. Non siamo abituati a questi eventi di tipo monsonico, più caratteristici delle aree meridionali del mondo. L’irruenza del clima comporta problemi all’agricoltura: immaginiamo di innaffiare un vaso di fiori rovesciando l’innaffiatoio intero sulla pianta. Il getto d’acqua provocherà danni ingenti, mentre se innaffiamo con delicatezza e gradualità potremo irrigare la terra in maniera adeguata». Negli ultimi decenni la media annuale di precipitazioni in Piemonte si è attestata a 1.051 mm, mentre l’Albese registra 800 o al massimo 850 mm. Questo rende le Langhe e il Roero le aree più aride rispetto al contesto e l’attuale situazione non fa che peggiorare le cose. L’agricoltura dovrà dunque adattarsi ed escogitare nuove soluzioni. Cavallo: «Dovremo imparare a gestire meglio i fenomeni improvvisi a livello urbano, riprogettando il sistema fognario e la rete di captazione delle acque meteoriche. Dovremo poi escogitare dei nuovi metodi d’irrigazione, prendendo esempio da Israele e dalle nazioni del Sud; installare grondaie e reti che portino l’acqua piovana in vasche da accumulo, fare come a Seul e Barcellona in cui sono stati investiti milioni di euro per implementare la regimazione delle acque. Insomma, dobbiamo attrezzarci per affrontare il cambiamento climatico in corso. Infine, c’è un aspetto di tipo energetico: in Italia l’energia maggioritaria nell’ambito delle rinnovabili è quella idroelettrica, ma con questi andamenti di neve e pioggia è diventato complicato gestire la risorsa. I grandi invasi di montagna hanno sempre meno acqua,i torrenti sono ridotti al minimo flusso vitale».

NEVE DIVERSA

A proposito di montagne, nel rapporto dal titolo Neve diversa pubblicato da Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta a inizio marzo i ricercatori osservano: «A partire da inizio dicembre il Nord Italia ha vissuto un sensibile deficit di precipitazioni, che si è tradotto in un innevamento notevolmente inferiore al normale sulle Alpi, in una spiccata magra dei laghi prealpini e dei corsi d’acqua e in condizioni favorevoli alla propagazione di incendi boschivi».

La responsabile del settore Alpi Vanda Bonardo ha specificato: «I guai causati dai cambiamenti climatici e dal Covid-19 ci insegnano che proteggere la natura è l’unico modo per sottrarsi alla roulette russa dei disastri. L’offerta turistica che dal Dopoguerra ha caratterizzato molte delle nostre montagne rappresenta una delle maggiori cause del deterioramento del paesaggio naturale. A un uso inadeguato del territorio si aggiunge poi l’impatto estetico negativo delle strutture abbandonate». Prosegue Bonardo: «Sono stati richiesti fondi per la costruzione di impianti sciistici insostenibili dal punto di vista economico e ambientale. Un esempio è quello della Giunta regionale del Piemonte, che in un battibaleno ha dato il via libera a un investimento di 2.600.000 euro anche nel Cuneese».

In effetti, secondo il report di Legambiente in Italia sono 234 gli impianti dismessi, 54 in più rispetto al 2021. A questi si sommano 135 strutture temporaneamente chiuse: impianti in sofferenza per mancanza di neve, per problemi economici o gestionali o per fine vita tecnica. Infine, l’accanimento terapeutico: sono 149 gli impianti che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico, per lo più in piccole stazioni che rischiano solo di posticipare di qualche stagione un’inevitabile agonia.

Montagna, oltre l'industria della neve

LA SICCITÀ

Insomma, siccità significa assenza d’acqua, un mondo privato della sua componente vitale. Al momento è un avvertimento, un segnale di malfunzionamento: se si agisce in tempi brevi sarà possibile invertire la rotta e restituire al mondo la sua regolarità. Perciò è importante ascoltare, non reagire secondo la logica della paura e del timore ma secondo quella della responsabilità. Come un adulto che cura e prende in carico la fragilità di un figlio, serve innescare processi di cambiamento che possano curare le ferite inflitte al sistema da metodi produttivi intensivi, consumi esagerati, logiche industriali che inseguono il profitto a discapito della sostenibilità, oltre che da una politica narcisistica e poco attenta al bene comune.

Matteo Viberti

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