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Case di riposo: ci sono 2.000 posti per i sanitari Covid-19

«La mia salute  è condizionata dall’indigenza»

ASSISTENZA Un protocollo d’intesa sulla gestione post emergenza delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa): lo hanno siglato, per tentare di rispondere alle esigenze più pressanti, martedì 10 maggio, la Giunta regionale e le sigle che raggruppano i gestori delle oltre 700 case di riposo piemontesi. Obiettivo del documento è la gestione delle problematiche emerse negli ultimi mesi: dai rincari delle bollette alla difficoltà di accogliere ospiti in convenzione (cioè con la retta pagata al 50 per cento dalla sanità pubblica) fino alle norme sulle visite dei parenti.

Nel solo Cuneese il settore conta 152 residenze, 39 delle quali nell’Asl Cuneo 2. Secondo il presidente della Regione Alberto Cirio, «il tema è prioritario: queste realtà offrono servizi a una fascia fragile della popolazione».

Il protocollo prevede, fra le altre misure, il ricollocamento nelle Rsa accreditate di infermieri e operatori sociosanitari assunti con la pandemia e non stabilizzabili dal Servizio sanitario nazionale; l’adeguamento all’indice di inflazione dei costi fissi e la semplificazione dei convenzionamenti, terminate le valutazioni dell’Unità geriatrica. Invece, per l’annosa questione delle visite da parte dei parenti, da Torino si chiederanno, agli enti competenti, maggiori aperture, visto che le regole risalgono al maggio 2021.

Il tema personale è stato al centro dell’intervento dell’assessore alla sanità piemontese Luigi Icardi: «Assumeremo 1.137 dei circa 5mila sanitari inquadrati con contratti a tempo determinato, negli ultimi due anni, per affrontare la pandemia. Altri 2mila potrebbero essere assunti dalle Rsa, in base alle disponibilità dei gestori. Così verrà offerto un lavoro ai professionisti mobilitati per il Covid-19 e si darà una boccata d’ossigeno alle case di riposo». E sulle rette, immutate dal 2013, l’assessore ha parlato di un confronto per gli adeguamenti, «trattandosi di fasce di popolazione che spesso è in difficoltà economica, tratteremo anche con i servizi sociali».

Tornando alle assunzioni i tempi dovranno essere celeri: in tutto il Piemonte ci sono 40mila addetti per 45mila posti letto, una sproporzione da sanare con le assunzioni. A rendere ancora più precaria la condizione assistenziale il fatto, sottolineato dalle sigle datoriali, che nel conteggio sono compresi «infermieri e Oss già al lavoro all’interno delle strutture che lasciano il posto per entrare provvisoriamente nella sanità pubblica».

Francesca Pinaffo

Pronti venti milioni per contribuire alle rette

ASSISTENZA Di strutture per gli anziani ha parlato anche l’assessore regionale al welfare, Maurizio Marrone, intervenuto durante il confronto del 10 maggio, fra datori e Giunta torinese. Il politico della squadra di governo di Alberto Cirio ha annunciato due nuovi stanziamenti per le residenze: «Metteremo in campo un bonus energetico, a cui destineremo nel complesso 2milioni e 700mila euro, ricavati dai canoni versati, negli anni passati, dai titolari di grandi derivazioni idroelettriche e quindi già incassati dalla Regione. A queste risorse si aggiungeranno altri 20 milioni di euro, ottenuti attraverso la rimodulazione del Fondo sociale europeo: dovremo destinarli alle rette versate dagli ospiti che non possono contare sul regime di convenzione, così da alleggerire le liste di attesa».

Il risvolto pratico più evidente del provvedimento dovrebbe essere l’incremento dei posti occupati nelle residenze per anziani: nelle strutture, al momento, il tasso di occupazione oscilla tra il 75 e l’80 per cento dei posti letto disponibili: per entrare a pieno regime, servirebbe almeno raggiungere la quota del 95 per cento. I gestori si sono detti soddisfatti per le novità annunciate: l’accordo con Torino è un passo avanti atteso da tempo, fra gli operatori del settore, che hanno ricordato anche i temi ancora da affrontare. Primo fra tutti il bisogno di aumentare i corsi per formare operatori sociosanitari: la ricollocazione dei duemila lavoratori assunti per fronteggiare la pandemia (si veda sopra) tamponerà l’emergenza senza tuttavia risolverla.

f.p.

Per l’associazione delle case di riposo «le misure annunciate dalla Regione non bastano a contrastare la crisi delle Rsa del Piemonte»

L’associazione provinciale cuneese Case di riposo pubbliche e private, la diocesi di Pinerolo, le diocesi del cuneese e la diaconia Valli Valdesi contestano anche la validità della convenzione dell’Assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi in quanto non rappresentativa. «Le misure annunciate dall’assessorato regionale alla sanità sono del tutto insufficienti a contrastare la crisi delle Rsa e il tavolo di lavoro con cui l’assessore Luigi Icardi ha raggiunto un accordo rappresenta solo una piccola minoranza delle case di riposo del Piemonte. Per questo siamo stati costretti a scrivere alle famiglie dei nostri ospiti e ai sindaci dei Comuni dove risiedono le nostre strutture per spiegare come stanno realmente le cose, in quanto è in gioco la sopravvivenza stessa dell’assistenza socio-sanitaria». Questa la posizione inequivocabilmente chiara espressa in maniera congiunta dall’associazione provinciale cuneese Case di riposo pubbliche e private (a cui aderiscono 70 strutture, la metà del totale presenti in provincia di Cuneo), dalle diocesi di Pinerolo e del cuneese e dalla diaconia Valli Valdesi (che raggruppano 25 Rsa del territorio pinerolese).

«In primo luogo, l’adeguamento Istat promesso è solo una dichiarazione di intenti, in quanto è vincolato all’approvazione del prossimo bilancio preventivo della Regione Piemonte, ma anche se si trasformasse in realtà non sarebbe giusto», continuano i portavoce delle tre organizzazioni. «La percentuale di incremento del 3,9% è riferita all’indice del 2021, mentre l’adeguamento corretto è del 10% in quanto deve partire dal 2012, ultimo anno in cui è avvenuto un aggiornamento. In secondo luogo, si richiede alla Regione Piemonte di incrementare il budget per aumentare il numero di posti letto in convenzione (la cui retta è pagata per il 50% dall’Asl competente): oggi, per esempio, in provincia di Cuneo sono circa il 43% dei posti occupati, mentre per il restante 57% degli ospiti delle case di riposo, il costo della retta grava totalmente sulle famiglie. In alternativa, si chiede alla Regione Piemonte di intervenire, tramite un contributo economico, per aiutare le famiglie che si fanno interamente carico della retta, a sostenere le spese. Infine, si chiede un aiuto economico straordinario alle strutture per far fronte all’eccezionale aumento dei costi relativi alle forniture energetiche e dei dispositivi di sicurezza per l’emergenza Covid-19».

Le tre organizzazioni, pertanto, ribadiscono che «la convenzione siglata dalla Regione Piemonte con alcune associazioni di categoria non ha nessun valore, in quanto i firmatari rappresentano le strutture che accolgono, all’incirca, solo 5mila dei 28mila ospiti delle Rsa piemontesi» e che «la notizia dei 2,7 milioni di euro di ristori che la Regione Piemonte dice di mettere a disposizione delle case di riposo per far fronte al caro bollette non è risolutiva, in quanto, se si divide la cifra per le 760 strutture presenti in Piemonte, viene fuori una media di 2.500 euro all’anno cadauna: una briciola se si considera che il rincaro medio per l’energia di una casa di riposo è di 50/60 mila euro l’anno».

Pertanto, l’associazione provinciale cuneese Case di riposo pubbliche e private, la diocesi di Pinerolo, le diocesi del cuneese e la diaconia Valli Valdesi stanno organizzando, per fine maggio, tre incontri rivolti a tutte le amministrazioni comunali interessate per fare il punto e condividere una linea d’azione comune.

 

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