Ultime notizie

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Catlin-a

Nome proprio femminile, talvolta anche associato alla morte.

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Possacafé 4

ABITARE IL PIEMONTESE Fino a non molto tempo fa la morte era qualcosa con cui fare i conti quotidianamente: mortalità infantile, guerre, carestie, pestilenze e povertà colpivano spietate la popolazione. I nostri antenati erano così abituati a vedere la morte, da sviluppare un’elevata maturità spirituale. Le campagne piemontesi sono roccaforti di tradizioni che affondano le radici ancor prima del cristianesimo, ma una serie di motivi socioeconomici hanno portato a disgregarne alcune; la morte stessa è diventata un concetto astratto, inaccettabile, pauroso, scaramantico.

Vi sono una serie di curiosissimi nomi, maschili e femminili, ai quali è associata la morte in piemontese: Tërdes da Taròch (Tredici dei Tarocchi), bust rigà (busto rigato), Catlin-a còste sëcche (Caterina dalle costole secche) e il più popolare di tutti: Catlin-a o Màgna Catlin-a (zia Caterina). Infatti, quando si dice «i-i è rivàje Catlin-a», s’intende «è arrivata la morte». In autunno quando si hanno i brividi o fremiti, taluni giustificano il malessere stagionale con: «i-i è passàme davsin Catlin-a (la morte mi è passata vicino)».

Le leggende sul perché si chiami così sono infinite e tutte fenomenali, ma l’etimologia è forse da ricondurre al nome di santa Caterina d’Alessandria: martire, prima di morire vide uccidere i retori poiché, oltre a non essere riusciti a persuaderla, si fecero convertire da lei al cristianesimo. Catlinëtta poi esprime il significato di prendere/afferrare con benevolenza. Catlinëtta, infatti, significa moina, carezza (come vorrebbe o dovrebbe essere la morte), ma anche giovane sarta (di cui è protettrice la santa stessa).

La morte, insomma, fa parte della vita. Scriveva così Cesare Pavese nell’autunno del 1949: «A quei tempi non mi capacitavo cosa fosse questo crescere. Credevo fosse solamente fare delle cose difficili, come comprare una coppia di buoi, fare il prezzo dell’uva, manovrare la trebbiatrice, non sapevo che crescere vuol dire andarsene, invecchiare, veder morire». Un proverbio di chissà dove diceva anche: auguro a questo villaggio che il ciclo della vita segua il naturale ordine delle cose. Niente di più vero, attuale e augurabile.

Paolo Tibaldi

Banner Gazzetta d'Alba