Fabrizio Carbone, il giornalista che dipinge la natura

Fabrizio Carbone, il giornalista che dipinge la natura

L’INTERVISTA Parliamo con il giornalista Fabrizio Carbone, a margine della presentazione a Racconigi del suo volume. Carbone vive tra Roma e Kuusamo, nella Finlandia del Nord-est. Una delle sue passioni è la pittura. Utilizzando le tecniche dell’olio su tela e dell’acquerello su carta, spazia tra l’astrattismo naturalistico e il verismo.

Fabrizio Carbone, il giornalista che dipinge la natura 1Come nasce l’idea di realizzare il libro The painted park (Pandion edizioni) e cosa contengono le quasi 300 pagine del volume, Carbone?

«Il progetto è nato per celebrare il centenario del Parco nazionale d’Abruzzo e del Molise, che venne creato nel 1922. Perciò, con un gruppo di artisti chiamato Ars et natura, da me fondato, abbiamo deciso di organizzarci. Siamo tutti pittori naturalisti che ritraggono gli ambienti dal vivo, utilizzando un binocolo e guardando con prospettive più ravvicinate possibile gli animali, i paesaggi e le piante di tutto il mondo. Questo è il quarto libro che diamo alle stampe: gli altri sono stati realizzati alle Seychelles, nella taiga finlandese e in Costa Rica. Quando presentammo il progetto di The painted park alla dirigenza del Parco nazionale d’Abruzzo, dopo due incontri non ottenemmo risposta alla collaborazione. Nel periodo seguente entrammo però in contatto con una fondazione internazionale di Ginevra, la foundation Segré, che si occupa di conservazione naturale in molte aree del pianeta. Così, il progetto è stato finanziato interamente: ci hanno soltanto chiesto 300 copie da inviare ai loro contatti istituzionali in tutto il mondo. Il volume ha potuto in questo modo godere di una grande risonanza mediatica».

I disegni raccolti raccontano emozioni, desideri e sogni, un legame autentico e di cura tra uomo e natura. Come nasce la sua passione per le tematiche ecologiche?

«Cominciai da ragazzino. Grazie ad alcune conoscenze personali, ebbi modo di incontrare Fulco Pratesi, l’ideatore del Wwf. Questa circostanza avviò il processo di sensibilizzazione personale, ma già a sei anni andavo al giardino zoologico a osservare gli animali. Nell’epoca lavorativa ricoprii il ruolo di giornalista, lavorando per molte testate nazionali. Svolgevo le mansioni che mi chiedevano, seguendo per esempio anche il rapimento di Aldo Moro. Fui inviato in Vietnam e in molte altre parti del mondo. Realizzai poi documentari per la Rai, ma la mia passione è sempre stata la pittura. Se ripenso al percorso esistenziale e professionale mi stupisco ancora. Nel 1965 volevo diventare egittologo, poi lasciai tutto per intraprendere altre strade. La vita mi ha portato fino a qui, ecco tutto».

La sua attività ambientale risulta vitale in un momento in cui il pianeta patisce molteplici sofferenze a causa dell’azione umana. È pessimista sul futuro?

«Vorrei non esserlo. Eppure è sufficiente pensare che secondo le ultime stime ogni sei secondi perdiamo un ettaro di foresta nel mondo. Ogni giorno la popolazione mondiale aumenta di 200mila persone che hanno bisogno di ossigeno. In altre parole, a fronte di una maggiore esigenza di aria vitale, stiamo tagliando le foreste. Perché accade questo? I Governi parlano di abbassare del 30% le emissioni di Co2 entro il 2030, ma le analisi dicono che l’anidride carbonica è addirittura aumentata di alcuni decimi di punto nell’ultimo periodo. Il problema siamo noi: siamo il disastro».

Che fare, dunque?

«Dobbiamo iniziare a pensare che il cambiamento è necessario per noi stessi, non tanto per il pianeta. La Terra ha ancora un miliardo di anni da vivere, si adatterà mobilitando le proprie strategie. È l’homo sapiens che deve salvarsi. Se non capiamo questo, sarà un problema. Per diffondere il mio pensiero sto lavorando molto con i bambini delle elementari, cerco di farli pensare alla natura. Se li guardo, mi accorgo che sanno molte più cose di noi alla loro età. Sono più sensibili, esperti di natura, attenti a proteggerla. È questa esperienza che mi fa restare ottimista».  

Il cavaliere della rosa bianca

CHI È A fine aprile nel Centro cicogne e anatidi di Racconigi – che possiede un percorso di due chilometri, attrezzato con capanni per l’osservazione della fauna selvatica, tra cui l’importante colonia di cicogne – il giornalista Fabrizio Carbone ha presentato il libro dal titolo The painted park (Il parco dipinto), un volume realizzato da 16 artisti afferenti al progetto Ars et natura e dedicato al Parco d’Abruzzo per il suo centesimo compleanno. Vi compaiono i ritratti di orsi marsicani, camosci, cervi, lontre e aquile reali. Poi le piante, soprattutto le grandi e antiche faggete riconosciute dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.

Carbone è diventato giornalista nel 1970, ha lavorato al Resto del Carlino, alla Stampa e a Panorama. All’inizio della sua attività si è interessato di attualità, seguendo vicende di rilievo nazionale e internazionale, mentre si apriva alle tematiche naturalistiche ed ecologiche. Carbone è stato inoltre tra i soci fondatori del Wwf Italia, consigliere di Legambiente e Lipu. Oggi è anche direttore responsabile di Greenpeace news. Inoltre, ha scritto libri a tematica ecologica, prodotto e diretto numerosi documentari in Amazzonia, Costa Rica, Norvegia, Finlandia, Inghilterra e Italia per i programmi culturali di Raitre. È stato insignito dell’ordine di Cavaliere della rosa bianca di Finlandia.

La cicogna, simbolo di vita e di rinascita

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IL PERCORSO La cicogna è un simbolo del nuovo, della nascita, quindi dell’avvento che genera trasformazione. Questi grandi volatili sono riconoscibili per il loro piumaggio bianco, pezzato da alcune penne nere, per le lunghe zampe e il becco rossi, con un’apertura alare che supera i due metri. Si tratta di un uccello carnivoro, monogamo. Nell’immaginario comune lo si rappresenta come un animale sacro, che nel Centro cicogne e anatidi confederato alla Lipu (Lega italiana protezione uccelli) di Racconigi trova un rifugio permanente e sicuro, nidificando anche sul vicino castello reale.

L’area venne istituita nel 1985 con lo scopo di favorire il ripopolamento della cicogna bianca, che in zona si era estinta a partire dal 1700. Oggi il parco offre la possibilità di camminare lungo un percorso di oltre duemila metri, attraversando zone umide, boschi, aree verdi in cui centinaia di volatili ma anche altri animali selvatici vivono la loro quotidianità.

Tra gli altri esemplari a Racconigi compaiono l’airone cinerino, il picchio verde e il cavaliere d’Italia. Poi, gli anfibi: la rana verde, il rospo, la biscia dal collare e il ramarro. Il centro vanta non solo fauna, ma anche flora peculiare, vista l’eterogeneità di piante coltivate, in grado di garantire una ricca biodiversità. Considerando l’importanza culturale ed ecologica del parco, sono centinaia gli studenti che ogni anno vi si recano a studiare i ritmi della natura e creare processi di sensibilizzazione. Anche perché, a causa del cambiamento climatico, le cicogne come gli altri animali sono costretti a vivere in condizioni difficili e mutevoli: alcuni dei volatili stanno anticipando i tempi di migrazione, soffrendo l’inospitalità dei contesti in cui sono tradizionalmente abituati a vivere.

Matteo Viberti

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