Il ronzare delle api è il respiro della terra

Il ronzare delle api è il respiro della terra 3

ECOLOGIA «Ho piantato alcuni gelsi nel mio giardino perché un amico mi ha confidato che attirano api. Non so se sia vero, ci provo: voglio sentire il ronzio tutto attorno, penso sia l’unico modo con cui possiamo riconsegnare alla terra un po’ di respiro». Gabriele ha 27 anni e vive a Benevello, in una cascina con alcuni ettari di terreno circostante: proprio qui è nato il desiderio di «ripopolare le colline con gli insetti».

Coltiva un orto e ha la passione per la poesia, ha una moglie e due figli. Ritiene, come gli studiosi, che gli impollinatori garantiscano la proliferazione della biodiversità mantenendo gli ecosistemi, messi a dura prova da monocultura, diserbanti, disboscamento e consumo di suolo. «Queste colline spelacchiate mi sanno di scuro presagio, le api mi restituiscono energia positiva».

La popolazione apistica non è solo importante per la natura, ma anche per l’economia. Il Piemonte è la prima regione in Italia per numero di alveari: se ne contano oltre 200mila, con quasi 7mila operatori. La Granda mostra livelli intensi di attività, con circa 1.700 realtà produttive e oltre 5mila alveari. Il Roero è identificato dai tecnici come la “culla” dell’apicoltura moderna, con fatturati importanti. Marco Bergero, Samuele Colotta e Lorenzo Barbero sono i tecnici dell’associazione dei produttori di Aspromiele per il Cuneese: «Il miele è una merce sempre più rara ed è anche complicato piazzarlo sul mercato a prezzi idonei». Il nostro Paese vive un paradosso, «la produzione interna soddisfa appena il 50 per cento del fabbisogno nazionale, eppure si fa fatica sia a produrre sia a vendere quanto si ricava».

Le api, inoltre, non godono di buona salute: «In questo momento non c’è praticamente raccolto, gli alveari si mantengono ma manca il nettare per riempire i melari. Siamo ormai in piena fioritura di tarassaco e ciliegio, ma le api sono in difficoltà: le temperature sono basse rispetto alla media del periodo e alla primavera dell’anno scorso». Le famiglie di api sono sopravvissute all’inverno, ma debilitate a causa di virosi e scarse precipitazioni, temperature elevate non consone al loro normale sviluppo.

Il freddo preoccupa: il 28 marzo le temperature erano sotto gli zero gradi nel 58 per cento delle postazioni della rete Aspromiele attive in Piemonte, nell’Astigiano si è scesi fino a meno 6,4 gradi. Così il freddo ha danneggiato le fioriture primaverili fondamentali per lo sviluppo degli alveari e dei raccolti, in modo particolare ciliegi, veronica, lamium e tarassaco, oltre al germogliamento dell’acacia. La mattina del 5 e 6 aprile un nuovo abbassamento termico sotto gli zero gradi si è avuto nel 36 e nel 62 per cento delle postazioni in regione. «Questi eventi di freddo tardivo hanno localmente compromesso la pianta di acacia e il futuro raccolto». Concludono i tecnici: «Ancora oggi, l’estensione del danno non è chiara e c’è molta preoccupazione. Ci si ricorda bene del gelo dell’aprile 2017 e 2021, con la perdita totale del prodotto». A preoccupare non è solo la produzione destinata alla vendita, ma il sostentamento dell’alveare, costringendo gli apicoltori a nutrirlo con lo zucchero per evitarne la morte.

v.r.

Con la siccità a rischio i raccolti di millefiori

ECOLOGIA Marco Bergero, Samuele Colotta e Lorenzo Barbero sono i tecnici, per la Granda, di Aspromiele. A loro abbiamo posto alcuni quesiti sulla situazione dell’apicoltura.

Quali effetti ha avuto la siccità sulle api?

«Siccità e temperature elevate, soprattutto in inverno, anticipano le fioriture e ne accorciano la durata portando a una riduzione dei flussi nettariferi. Il polline scarseggia anche nei mesi estivi, con ulteriori stress per le colonie di api, che devono essere nutrite artificialmente. Per queste ragioni le aziende non riescono più a rientrare dei costi fissi per salvaguardare il patrimonio apistico».

Cosa accadrà in futuro?

«Senza piogge rilevanti nelle prossime settimane, si temono danni ulteriori alla fioritura dell’acacia, oltre a quelli del gelo. La carenza idrica spaventa per i raccolti di castagno, tiglio, rododendro e millefiori, fra giugno e luglio. Nell’estate 2022 i raccolti di millefiori, sia in pianura che montagna, sono stati azzerati dalla siccità, scenario che potrebbe ripetersi nel 2023, in modo ancora più grave. Lo stress che le piante stanno subendo si ripercuote quindi sulle api e tutti gli insetti selvatici che dipendono dal loro polline e nettare».

Ci sono stati miglioramenti nelle pratiche agricole e nell’impiego di pesticidi?

«La sensibilità verso il settore agricolo sta aumentando, con la collaborazione tra i comparti. Aspromiele sta lavorando con fondazione Agrion e il Settore fitosanitario piemontese a un progetto comune (Bio-Agri-Apis) che prevede, oltre al biomonitoraggio, alcune iniziative di sensibilizzazione, diffusione delle semine con specie mellifere e sovesci interfila in frutteti, noccioleti e vigneti. Altri settori di indagine scaturiti dal progetto sono quelli su microrganismi per api, fiori e prodotti dell’alveare. Un ultimo aspetto che intendiamo approfondire riguarda lo studio dei flussi nettariferi, che con i dati delle bilance e altri sensori tecnologici sta portando alla costruzione di interessanti polizze assicurative per l’intero settore».

v.r.

Nel Cuneese ci sono 1.690 aziende apistiche: un mondo da tutelare

ECOLOGIA Delle 1.690 attività apistiche in provincia di Cuneo, il 75 per cento fa parte dell’associazione Aspromiele. Sul totale delle aziende, circa il 60 per cento ha partita Iva, ovvero è inquadrato come produttore. Di questi solo una quota fra il 15 e il 20 per cento vive esclusivamente di apicoltura. L’importanza eco-
nomica ed ecologica del settore va tutelata soprattutto a livello istituzionale: negli ultimi anni l’apicoltura piemontese, grazie al dialogo allacciato con il mondo della politica, è riuscita a contenere alcune delle proprie vulnerabilità e a sensibilizzare la comunità sulle difficoltà attraversate.

Queste battaglie hanno condotto allo stanziamento di finanziamenti straordinari: il Sottoprogramma apistico del Piemonte, per il periodo 2023-2027, può contare ogni anno su 2 milioni di euro di fondi statali ed europei. I soldi a disposizione sono destinati a sostenere i servizi di assistenza tecnica, la formazione per gli apicoltori, gli investimenti delle aziende e le attività di promozione, comunicazione e commercializzazione dei prodotti. Inoltre, a partire dal 2023, è stata data agli agricoltori la possibilità di aderire all’eco-
schema impollinatori che prevede l’incentivo per quanti seminano essenze mellifere. Spiegano, infatti, i tecnici di Aspromiele: «Questa è una nota positiva, anche se il settore continua, anno dopo anno, ad accusare i colpi della crisi che sta investendo tutto il comparto primario».

«I finanziamenti elargiti non saranno sufficienti a soddisfare le aziende perché limitati, in rapporto alle dimensioni del comparto. Insomma: si stanno compiendo piccoli passi avanti, ma manca ancora un sostegno rilevante, per fronteggiare una crisi strutturale per chi alleva l’insetto impollinatore per eccellenza, così importante per tutti i servizi ecosistemici essenziali alla vita».

 Valerio Re

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