Le colline patrimonio Unesco non sono causa dei nostri mali

Le colline patrimonio Unesco non sono causa dei nostri mali
Una splendida veduta autunnale che spazia da Roddi (in primo piano) fino a Santa Vittoria e oltre, nei territori patrimonio Unesco dell’umanità.

LETTERA AL GIORNALE Caro direttore, da settimane non si fa altro che leggere sulle pagine di Gazzetta d’Alba di episodi di sfruttamento della manovalanza straniera sul nostro territorio al quale ci si riferisce sempre con frasi del tipo “caporalato sulle nostre colline Unesco”; “lo sfruttamento nei paesaggi patrimonio dell’umanità” eccetera. Insomma, come se le questioni dello sfruttamento di manodopera fossero direttamente imputabili al riconoscimento Unesco. Forse occorre ricordare che alla base del nostro riconoscimento ci sono gli uomini, gli stessi che nel passato hanno costruito questo bellissimo paesaggio e che oggi godono dei vantaggi di grandi sacrifici potendo immettere sul mercato bottiglie di vino pregiato e stimate in tutto il mondo.

Siamo certi che lo sfruttamento sia dato dal riconoscimento Unesco? Come può un qualcosa che ha donato maggior prestigio a un territorio già molto apprezzato aver innescato un cattivo comportamento nei datori di lavoro in campo agricolo? Ci rattrista in modo particolare leggere le parole di alcuni professori intervenuti in importanti eventi cittadini che accusano l’Unesco di non essere un vantaggio per il territorio.

Citiamo testuali parole: «Non è l’Unesco che deve decidere ciò che è bello e ciò che non lo è», forse ai più sfugge il motivo insito al riconoscimento da parte del Comitato mondiale. Il nostro territorio non è stato premiato per la sua bellezza, ma per i valori che sono posti alla sua base, per la loro tutela: la tradizione millenaria del vino e il lavoro dell’uomo in rapporto con la natura.

Gli stessi valori che oggi sono messi a rischio non dall’Unesco, ma dal contingente umano che in preda a una disumanità straziante, che condanniamo fermamente, impiega lavoratori stranieri in situazioni precarie nel lavoro in vigna.

In conclusione ci teniamo a ricordare che l’Associazione per il patrimonio dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, ente gestore del sito Unesco in questione, in virtù del proprio mandato di tutela dell’autenticità del territorio ha condotto un importante progetto sul tema che ha previsto lo svolgersi di molte attività di sensibilizzazione e laboratori in collaborazione con Cia e Coldiretti, nei quali giovani lavoratori di diversa provenienza hanno conosciuto il territorio in cui vivono e lavorano e hanno potuto partecipare gratuitamente a un corso di potatura. Sono state inoltre raccolte molte testimonianze di inclusione sociale e si sono sanate, attraverso una collaborazione con le autorità competenti in materia, le questioni di criticità.

Infine, si tende spesso a mettere in evidenza ciò che di male c’è, ma sono molte le testimonianze di buona inclusione sociale, di un corretto e rispettoso rapporto di lavoro, non è forse il caso di parlare anche di questo? Al posto di puntare continuamente il dito in cerca del colpevole non è bene lavorare a soluzioni comuni in cui tutti gli attori siano concretamente coinvolti con i fatti proprio nell’esclusivo interesse sociale al fine di cercare di trovare soluzioni stabili, dignitose per tutti e soprattutto non volere a tutti i costi cercare la polemica?

 Giuseppe Rossetto e Roberto Cerrato, 
Associazione per il patrimonio dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato

Gentili Rossetto e Cerrato, l’analisi logica indica “sulle nostre colline Unesco” e “nei paesaggi patrimonio” come complemento di luogo e non di causa. Lungi quindi da noi e da quanto scritto il pur minimo intento di screditare il patrimonio Unesco. Tuttavia un giornale non è pubblicato per nascondere sotto il tappeto (o sotto le colline Unesco) anche l’eventuale marcio che vi si annida, magari sfruttando il cappello del patrimonio Unesco. Un giornale che fa informazione seria ha l’obbligo morale di informare, proprio perché un territorio divenuto patrimonio dell’umanità non venga infangato da pratiche che nulla hanno di umano. Voi stessi, Rossetto e Cerrato, potete verificare di persona quanto Gazzetta ha documentato, anche con un semplice giro lungo le sponde del Tanaro o visitando il centro Caritas di via Pola, rendendovi conto che non sono gli articoli del giornale a offendere i territori Unesco, bensì le condizioni di lavoro che in alcuni casi vengono praticate. Oltretutto voi stessi ammettete che i valori riconosciuti dall’Unesco «sono messi a rischio non dall’Unesco, ma dal contingente umano che in preda a una disumanità straziante, che condanniamo fermamente, impiega lavoratori stranieri in situazioni precarie nel lavoro in vigna». E allora? Si deve intervenire o lasciamo che tutto accada, condannando certe pratiche solo a parole e in astratto? Quanto poi alle proposte positive, proprio nel numero scorso abbiamo pubblicato una storia su due pagine che titolava, citiamo testuali parole: “Progetti solidali tra i colli Unesco: aziende in aiuto dei Frati minori”.
g.t.

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