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La vocazione di don Ibrahim nata sulla scia di don Tablino

La vocazione di don Ibrahim nata sulla scia di don Tablino
 Patrizia Manzone con padre Ibrahim

DA MARSABIT AD ALBA Padre Ibrahim Racho, vicario generale della diocesi di Marsabit, è per un periodo tra noi, abita nella canonica di Santa Margherita ad Alba. Sta imparando l’italiano. Giovedì sera 20 giugno ha incontrato la comunità con queste belle riflessioni sulla sua storia che ha Alba nel suo Dna vocazionale.

 don Gino Chiesa

 

Sono nato nel villaggio di Maikona (contea di Marsabit, nel Nord del Kenya). Sono nato in povertà, senza tante comodità: niente acqua pulita, elettricità o servizi sociali. Mia madre faticava ogni giorno per dare alla famiglia qualcosa di meglio, ma si era sempre alle prese con la sopravvivenza.

Quegli inizi difficili mi hanno plasmato, instillando in me l’apprezzamento per il duro lavoro, la determinazione e il sostegno della mia comunità. Nelle aule costruite dai missionari come don Tablino, Venturino, Giacomo Tibaldi e altri, ho potuto frequentare la scuola e un’istruzione generale. Tra le nostre limitate risorse, un angelo guida è apparso nelle sembianze di Rina Rossotto di Alba; la sua gentilezza e generosità mi hanno aperto le porte agli studi superiori. Apprezzerò sempre il suo contributo e sarò grato a Dio per questo. A tredici anni, ho espresso il desiderio di essere sacerdote sulle orme di don Tablino. Ogni sabato io e altri frequentavamo le lezioni religiose sotto la tutela di don Tablino, come chierichetti. Una chiamata divina, dal profondo del cuore, mi spinse a desiderare di diventare sacerdote.

Questa vocazione non era senza dubbi; c’è stato un momento in Seminario in cui ho quasi voltato le spalle alla chiamata del Signore. Ma un incidente d’auto ha cambiato la mia vita ed è servito come risveglio fisico e spirituale, perché ha riacceso il desiderio di adempire la mia vera chiamata. La scelta non è stata facile: ho affrontato la disapprovazione di amici e familiari, che non sono riusciti a comprendere la mia vocazione.

La vocazione di don Ibrahim nata sulla scia di don Tablino 1
Il vescovo Marco Brunetti a Marsabit.

Il dolore ha colpito il cuore della nostra famiglia quando i conflitti tribali hanno distrutto il nostro mondo. Abbiamo perso case, bestiame e quanto avevamo conosciuto a Maikona. In cerca di sicurezza e di un nuovo inizio, la mia famiglia si è trasferita a Moyale, Sololo e infine a Marsabit. Questi tempi difficili hanno rafforzato la nostra determinazione, l’unità e la resilienza.

Perseguire la mia vocazione di sacerdote è stato un percorso lastricato di dolore e gioia; le sofferenze sono state lezioni di vita. Sono rimasto fermo nella mia missione di condividere amore, speranza e comprensione. Nonostante le innumerevoli lotte (il rifiuto da parte di persone care, incapaci di accettare il mio impegno sacerdotale, i pesi di un’umile educazione, le profonde ferite lasciate da faide tribali) la mia fede è rimasta salda e oggi sono davanti a voi pieno di gratitudine per questa vita che mi ha permesso di servire il Signore e i fratelli.

Lo scorso maggio, ho festeggiato 17 anni di sacerdozio. Nei miei primi anni, ho affrontato numerose sfide come parroco a Dirib Gombo. Nel drammatico scenario dello sfollamento e del reinsediamento, ho aiutato le famiglie colpite dagli scontri tribali. Con la generosità degli amici di Venezia, ho favorito la ricostruzione delle loro vite con dignità. Sono state costruite scuole materne ed elementari, comprati asini per il trasporto, costruiti serbatoi d’acqua. È stata facilitata l’adozione a distanza di bambini. A 37 anni, sono stato nominato vicario generale della diocesi.

Ho sperimentato una crescita incredibile. In occasione dei 50 anni dalla fondazione della diocesi di Marsabit ho iniziato il lancio di Radio Jangwani, per evangelizzare e unire le tribù. La radio è diventata una delle migliori del Paese.

È un onore poter raccontare la mia storia davanti a voi oggi. Ringrazio per l’ospitalità e per avermi accolto tra di voi.

don Ibrahim Racho

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