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Ogni anno un italiano spreca in media 27 chili di cibo (VIDEO)

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Pastasciutta

GAZZETTA DEL GUSTO Ogni anno un italiano spreca in media 27 chili di cibo. Questo dato, aumenta al Sud e nelle famiglie senza figli. Gli alimenti più sprecati in assoluto sono frutta, verdura e pane.

Eppure, a causa degli aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia, sempre meno persone hanno accesso a un cibo sano, di alta qualità e proveniente da filiere virtuose. Di questo passo, non riusciremo a raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile fissato dall’Organizzazione delle nazioni unite: dimezzare, entro il 2030, lo spreco alimentare.

Ma, se sprecare cibo significa, di conseguenza, sprecare soldi e risorse, perché le cifre sono ancora così elevate? Soprattutto, dove avvengono i maggiori sprechi? E come si possono evitare?

Gli alimenti possono essere male utilizzati lungo tutta la filiera di produzione: dal campo, dove sono scartati perché non rispettano standard qualitativi ed estetici, alle industrie, fino a supermercati e botteghe. Ma la maggior parte degli sprechi avviene nelle nostre case.

Le cause principali sono una cattiva gestione e conservazione degli alimenti, una scarsa propensione al loro riutilizzo, l’acquisto di cibo in quantità eccessiva e la mancata educazione alla lettura delle etichette. Per il pianeta, ma anche per il nostro portafoglio, è fondamentale attuare una vera svolta ecologica.

Ogni anno un italiano spreca in media 27 chili di cibo

Sprecare alimenti, ha un’accezione ampia: gettando l’insalata nella pattumiera, stiamo sacrificando un intero ciclo di produzione. Il lavoro del contadino, la terra, i concimi, i semi, l’acqua, la serra, la raccolta, il lavaggio, l’eventuale confezionamento, il trasporto, il lavoro nei supermercati, l’energia usata per il nostro frigorifero.

Sprecare, quindi, non significa solo buttare via della rucola appassita o una mela ammaccata, vuol dire sacrificare la filiera produttiva.

Marco Ruffino è la mente di Make It Tasty, un format di Torino che combina una cena antispreco a workshop, incontri e momenti di scambio. Il tutto, con un solo obiettivo: la lotta contro la dispersione alimentare: «Pensiamo sia fondamentale combattere lo spreco, creando una rete: solo ripensando il nostro modello di produzione e di consumo vinceremo una delle sfide più importanti. Make It Tasty è nato per parlare di spreco e per coinvolgere quanti fanno la loro parte per combatterlo. Da qui, nasce l’idea della cena, punto cardine di ogni evento, realizzata con alimenti che diversamente andrebbero nel pattume. Il concetto si collega all’economia circolare. Ciò che verrebbe gettato assume nuova vita. È così che può diventare combustibile, essere trasformato in prodotti semilavorati o, addirittura, in un oggetto di design», dice. Prosegue Ruffino: «Con la cena – una è stata appena organizzata all’Agenzia di Pollenzo – calcoliamo l’impronta idrica e di carbonio dei piatti, compensandola grazie ai nostri partner. Il lavoro è duplice: da un lato, recuperiamo cibo, evitando che le risorse siano state utilizzate inutilmente. Dall’altro, compensiamo le perdite. Riusciamo a parlare di spreco e sostenibilità, ma, allo stesso tempo, combattiamo attivamente. Nelle sei edizioni dell’evento, abbiamo recuperato più di mille chilogrammi di cibo e più di 90mila litri di acqua. È importante pensare che da quanto scartiamo si genera risorsa. E che ogni piccolo gesto ha la sua importanza: perché da soli siamo una goccia, ma insieme siamo un oceano».

Le regole quotidiane per evitare di acquistare troppi alimenti e non utilizzarli

La maggiore parte degli sprechi, come dicevamo, avviene proprio nelle nostre cucine. Pare incredibile, ma se ci pensiamo bene è proprio così. La nostra pattumiera ce lo ricorda sempre.

Se vogliamo fare la nostra parte, dobbiamo seguire alcuni piccoli consigli. Solo trasformando questi semplici gesti in quotidianità possiamo salvare ogni giorno alimenti.

  1. Come prima cosa, è fondamentale fare sempre un’accurata lista della spesa, pianificando i pasti della settimana e calcolando le quantità necessarie per ogni singolo piatto da preparare
  2. Una volta in negozio o al supermercato, bisogna evitare di farsi ammaliare dalle offerte, che spesso ci portano a comprare più del necessario.
  3. Per allungare il più possibile la vita degli alimenti è poi fondamentale osservare buone pratiche di conservazione: i cibi deperibili non devono essere tenuti per più di due ore a temperatura ambiente. Inoltre, ogni ripiano del frigorifero dev’essere adibito alla giusta tipologia: dal basso, frutta e verdura, negli appositi cassetti, a seguire pesce e carne, meglio se conservati in contenitori a chiusura ermetica. In centro cibi pronti, salumi e formaggi. In alto, la zona più calda, conserve e salse.
  4. La porta del frigorifero è la parte più soggetta a sbalzi di temperatura: è importante evitare di mettere in questa zona prodotti altamente deperibili.
  5. Infine, la data di scadenza: non sempre coincide con la fine della vita dell’alimento. Bisogna distinguere il “Da consumare entro” con “Consumarsi preferibilmente entro”. In questo caso, infatti, non è la salubrità del prodotto a venire meno, ma le caratteristiche sensoriali. Questo, significa che le spezie potrebbero essere meno intense o il cracker meno croccante, ma non per questo meno sicuro. Osservare, toccare e annusare il cibo prima di gettarlo potrebbe, in questo caso, essere d’aiuto.
  6. Ultimo punto, ma non per ordine di importanza, la creatività in cucina: ogni cibo, anche se leggermente difettato, può trasformarsi in qualcosa di nuovo. Basta prendere esempio dai cibi della tradizione, come canederli o pappa al pomodoro, dove viene usato il pane raffermo, o cimentarsi in ricette nuove e originali. L’unico limite è la fantasia.

Trasformare gli scarti in risorsa: funghi e birra

Trasformando solo parte di ciò che viene sprecato, potremmo produrre le proteine necessarie per assicurare un cibo sufficiente a tutti gli abitanti del pianeta. Attualmente, esistono sistemi innovativi che danno nuova vita agli scarti alimentari, creando cibi altamente proteici.

In primo luogo le proteine ottenute da funghi, anche conosciute come micoproteine. Possono essere utilizzate in cucina come sostituto della carne.

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La loro particolarità? Crescono su un substrato di prodotti esausti, come i fondi di caffè. Da un processo di fermentazione naturale, con minimo impatto a livello ambientale, si ottiene un prodotto con una consistenza simile alla carne.

Altre fonti proteiche derivano direttamente dalla produzione dei crostacei, il cui carapace è ricco di chitosano, usato nell’industria alimentare e farmaceutica, o dagli scarti di lavorazione della birra. Ogni 100 litri di bevanda, infatti, si producono circa 35-40 chilogrammi di trebbie. Queste, se pressate o essiccate, possono essere trasformate in farina e reinserite nella filiera alimentare come concime o come componente per i mangimi.

Infine, gli insetti, che stanno sempre più guadagnando il loro posto come nuova fonte proteica, possono essere alimentati con scarti della filiera agroalimentare. Ricchissimi in nutrienti, non solo sono in grado di riutilizzare cibo sprecato come substrato di crescita, ma richiedono anche un consumo minimo di risorse per la produzione.

Chiara Nervo

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