All’hospice di Bra ci siamo resi conto che ci sono medici che curano l’anima di chi parte e chi resta

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LETTERA AL GIORNALE Vorrei esprimere un sentito ringraziamento a tutti coloro che lavorano presso l’hospice di Bra. Grazie per essere stati vicino alla nostra famiglia in un momento difficile della nostra vita e per avere espresso al meglio le vostre capacità professionali e umane. Grazie per ciò che siete e per ciò che fate.

Potrei finire il mio ringraziamento con questa frase fatta, forse scontata, ma vorrei dire di più. L’hospice non è un percorso di fine, non è un ingresso al commiato; io ho imparato che c’è molto di più.

Mio padre era nato nel 1932 a Piazza Armerina (Enna); era anziano, con svariate patologie tra cui quella oncologica; un uomo lucido, capace ancora di farsi ascoltare. Il suo declino è stato repentino, il nostro è ancora in corso… Ci siamo sentiti in colpa quando lo abbiamo portato in questo luogo, ma non avevamo ancora capito nulla. Accecati dal dolore di una eventuale perdita, ci siamo sentiti dei figli che tradivano l’amore di nostro padre nel portarlo via dalla sua casa, da sua moglie, dai suoi affetti.

Siamo arrivati in hospice il 25 settembre 2023. La camera era contrassegnata con il suo nome, e accanto il numero 6. Non è stato facile vedere il suo nome scritto su quella porta: da figlia molto legata a mio padre è stato un colpo al cuore, anche se era una stanza confortevole in tutto. Soprattutto, c’era il conforto per il nostro dolore.

Mio padre ha ricevuto tutto il tempo amorevole assistenza nei suoi fabbisogni. E con lui anche noi. Il suo dolore è stato accuratamente controllato con delle flebo di antidolorifici. L’umiltà e la dolcezza di ogni singolo operatore sono state immense sia per noi che per papà. All’hospice non ho trovato solo medici bravi, ma “medici dell’anima”, che hanno posto un cerotto a tutte le nostre angosce, al nostro cuore frantumato. Hanno asciugato le nostre lacrime, cercando di prepararci al giorno del compimento. È mancato il 28 settembre. Si chiamava Gaetano Leone ed era mio padre.

Elena Leone

Gentile signora Leone, grazie della sua testimonianza. In questi giorni di ricordo dei nostri cari defunti, suo padre li rappresenta tutti, impartendo a noi, distratti e superficiali pellegrini di questo mondo, una lezione che affonda le sue radici nella saggezza della fede biblica: «Più forte della morte è l’amore» (Cantico dei cantici 8,6).

g.t.

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