Candidature regionali, è muro contro muro tra Lega e Fdi. Salvini non molla Solinas

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ELEZIONI 2024 Anche la candidatura per il presidente della Regione Piemonte rientra nella discussione in atto tra i partiti del centrodestra, in vista delle elezioni di primavera che hanno, come primo appuntamento, quello in Sardegna del 25 febbraio.

Paolo Truzzu oppure Christian Solinas: rischia di infrangersi nel muro contro muro sulla candidatura per il governo della Sardegna l’unità del centrodestra. Con la Lega che insiste sul presidente uscente Solinsas e Fratelli d’Italia che continua a puntare sull’attuale sindaco di Cagliari  Truzzu indicato «a larga maggioranza» dal tavolo regionale.

Una impuntatura, quella di Matteo Salvini, che certo non stupisce, ma non fa troppo piacere dalle parti di palazzo Chigi, dove Giorgia Meloni resta chiusa a lavorare per tutto il giorno. All’ora di pranzo viene intercettato nel palazzo il responsabile organizzazione di Fdi, Giovanni Donzelli, che poco dopo entrando in aula alla Camera confermerà la scelta di Fratelli d’Italia per Truzzu ma assicurerà anche che si lavora per «restare uniti, come sempre».

Che i partiti si stiano parlando lo mostra anche una conversazione in Transatlantico dello stesso Donzelli con il responsabile enti locali leghista, Stefano Locatelli. «Questa settimana troveremo l’accordo», profetizza Maurizio Lupi. Ma quel «tavolo nazionale» per le amministrative, evocato anche dai sardi, al momento ancora non è stato fissato. E nessuno si sente di escludere che non servirà un confronto tra i leader per venirne a capo.

Serviranno interlocuzioni «a tutti i livelli» ma una soluzione si troverà, sono convinti anche i meloniani, ricordando il passo indietro fatto da Fdi in Sicilia alle ultime amministrative sull’isola, proprio in nome dell’unità del centrodestra.

Forza Italia al momento osserva la lite tra gli altri due alleati, continuando a monitorare che lo scontro non vada a discapito dei due azzurri governatori uscenti – Alberto Cirio in Piemonte e Vito Bardi in Basilicata – che secondo gli accordi dovrebbero essere ricandidati.

La partita sarda si intreccia inevitabilmente con le altre scadenze elettorali, a partire dalle elezioni europee fissate per il 9 giugno. In casa Fdi c’è chi legge le mosse del leader leghista, che ha annunciato che non si candiderà per l’Europarlamento, come un modo per evitare che anche la premier si candidi. «Giorgia ha solo proposto un confronto, ma non è mica obbligatorio: ha le mani libere e le ha sempre avute. Anche Salvini ha le mani libere», dice attorniato dai cronisti Francesco Lollobrigida.

E certo anche se gli altri leader del centrodestra non fossero in campo, uno dei ragionamenti che si fa nei capannelli, il risultato in termini di preferenze di Meloni – e a traino di Fdi, che comunque punta al minimo a confermare l’exploit delle politiche – rischierebbe di essere schiacciante nei confronti degli alleati.

Una questione ben presente alla stessa premier che ha lasciato appunto intendere la sua volontà di candidarsi ma non vorrebbe nemmeno rischiare di terremotare la maggioranza, se la performance di Lega e Fi dovesse essere molto sotto le aspettative. Vincere, ma non stravincere, insomma.

Lei resterebbe orientata a scrivere il suo nome come capolista in tutte le circoscrizioni ma c’è ancora tempo per sciogliere la riserva. E il condizionale rimane d’obbligo. Anche perché l’obiettivo rimane quello di un governo di legislatura in Italia ma anche di ottenere numeri il 9 giugno che permettano di spostare comunque un po’ più a destra gli equilibri europei. Certo a via della Scrofa non passano inosservate, però, né la non candidatura di Salvini alle europee né il sostegno a Chiara Ferragni o ancora l’insistenza sul terzo mandato per i governatori. Il pensiero di tutti in Parlamento va dritto a Luca Zaia, che con l’ok al terzo mandato potrebbe ricandidarsi ancora una volta in Veneto nel 2025, dove Fdi però ha già pronto il nome del coordinatore locale e presidente della commissione agricoltura Luca De Carlo.

Ansa

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