Ultime notizie

Terra madre presenta gli orti di comunità negli ospedali, nelle carceri, nelle scuole 

Terra madre: il mondo del cibo buono, sano e giusto si ritrova a Torino 2

TORINO  A Terra madre salone del gusto 2024, a Torino fino al 30 settembre, l’agricoltura è anche sociale, oltre che buona, pulita e giusta: è il caso degli orti di comunità gestiti da ragazzi e da adulti con disabilità, da detenuti o da altri soggetti fragili. Spazi dove non crescono soltanto pomodori, zucchine o lattughe, ma anche l’inclusione e dove si coltiva benessere: perché sporcarsi le mani di terra può far bene alla mente, all’anima, al corpo.

Le storie

Salvatore ha smesso di urlare: eppure lo faceva giorno e notte, nella cella dove sta scontando la sua pena. «Ha smesso da quando ha cominciato a occuparsi di piantine di ortaggi ed erbe aromatiche» racconta Grazia Isoardi, coordinatrice del progetto Giust’orto della cooperativa Voci erranti, che da alcuni anni ha avviato un orto nel carcere di Saluzzo.

«Una volta Salvatore mi ha detto che i pomodori che coltiva sono i suoi figli: deve prendersene cura, proteggerli, farli crescere e stare bene».

Oggi i detenuti che lavorano l’orto, realizzato in un’area aperta della casa circondariale prima inutilizzata, sono dieci. Ogni mattina, da lunedì a sabato, qualcuno se ne prende cura. «Il carcere ha un odore bruttissimo – prosegue Isoardi – e stare in un orto significa tornare a sentire profumi altrimenti sconosciuti. Significa sentire il contatto dei piedi con la terra, anziché il cemento delle celle, e anche recuperare il rapporto con uno spazio ampio, sentire l’aria sulla pelle, riprovare emozioni. E, soprattutto, abbiamo notato che diminuiscono i comportamenti aggressivi. È una bolla di libertà che fa la differenza».

A Spinazzola, nella provincia di Barletta-Andria-Trani, esiste un orto gestito da alcuni pazienti della Comunità riabilitativa assistenziale psichiatrica (Crap) della città. Spiega Giovanna Ferrulli, delegata Slow food educazione della regione Puglia e consulente nutrizionale della comunità, che «siccome non vi era spazio per realizzare l’orto, abbiamo chiesto aiuto alla scuola primaria, che dispone di un pezzo di terra. Il progetto che ne è nato, chiamato Tutti insieme per l’orto sociale Slow food Puglia, ha fatto sì che bambini e pazienti si incontrassero, ed è un prezioso esempio di forte inclusione sociale». Ben presto l’orto, al quale danno una mano anche un gruppo di nonni volontari, ha potuto contare sul supporto di alcune aziende del territorio, desiderose di finanziare il progetto. Con il risultato che, «quest’anno, aderiranno altre cinque scuole».

Nell’orto sociale e didattico per soggetti autistici Tutti giù per terra, a Quiliano (Savona), lavorano persone con disturbo dello spettro autistico: «L’idea è sempre stata quella di non coltivare solo terra, ma incontri e relazioni» spiega la psicologa Ilaria Parrella, direttrice scientifica dell’associazione Autismo Savona Guardami negli occhi. «Il nostro motto è “Accogli e raccogli”: pensiamo all’orto come un luogo di benessere e di inclusione». E, tra meloni, pomodori, sedani, zucche, broccoli e cavoletti di Bruxelles, non manca qualche pianta di albicocche, rigorosamente di Valleggia, presidio Slow food.

Ci sono situazioni in cui coltivare in vaso o in piena terra non fa differenza: lo dimostra l’Orto in corsia, progetto avviato nell’ospedale pediatrico Salesi di Ancona in collaborazione con Slow food Ancona e Conero. L’idea, spiega Roberto Rubegni, presidente della condotta marchigiana, è semplice: «Alcuni vasi su un carrello, di norma tenuto sul balcone e che viene appositamente portato nel reparto giochi al momento in cui i piccoli pazienti possono dedicarsi all’orto». Le attività vanno dalla messa a dimora delle piantine alla degustazione olfattiva delle erbe aromatiche, ma è soprattutto il messaggio veicolato a essere prezioso: «Le piantine ha bisogno di qualcuno che le curi: farlo in un ospedale ha effetto benefico sul benessere psicologico dei bambini e delle loro famiglie». Il tutto, con l’ambizione di portare nel prossimo futuro un’esperienza analoga nei reparti dove ci si occupa di disturbi alimentari.

Banner Gazzetta d'Alba