
INQUINAMENTO Arpa Piemonte a metà gennaio ha pubblicato un rapporto dal titolo “Prime valutazioni sulla qualità dell’aria nel 2024”. Nel documento vengono analizzati i parametri del Pm10 e del Pm2,5, particolato inquinante che se supera determinate soglie di concentrazione compromette la salute degli ecosistemi e degli esseri viventi. In particolare il Pm 2,5, a causa delle dimensioni delle particelle che lo compongono, risulta particolarmente dannoso per gli apparati organici dell’essere umano.
I dati Arpa raccontano una realtà ambivalente: da un lato i valori limite della media annuale per il Pm10 (pari a 40 microgrammi per metro cubo) non sono stati superati in alcuna stazione della rete regionale. Eppure, il numero di giornate con concentrazione di particolato superiore al valore limite (massimo 35 giorni l’anno) risulta in incremento rispetto al 2023, sebbene inferiore ai rilevamenti del 2022.
In 25 punti sui 33 totali non si registrano sforamenti, negli altri 8 sì. Per quanto riguarda il panorama locale, emerge come nella stazione di monitoraggio di Bra (nella zona albese non sono disponibili dati specifici) la media di Pm10 sia risultata pari a 24 microgrammi per metro cubo, mentre il numero di giorni in cui il valore limite è stato superato è pari a 23. Pur trattandosi di numeri inferiori alle soglie critiche, si tratta comunque di indicatori “disfunzionali” considerando che in montagna si registrano concentrazioni di inquinanti anche quattro o cinque volte inferiori.
Barbero: «Tra i responsabili: l’agricoltura, il traffico e la combustione di biomasse»
L’INTERVISTA Abbiamo parlato della questione Pm10 e 2,5 col direttore dell’Arpa Piemonte, Secondo Barbero.

Barbero, qual è il suo giudizio sulla qualità dell’aria a livello locale?
«Il trend nella zona della provincia di Cuneo risulta abbastanza positivo, i valori medi della qualità dell’aria tendono a un leggero miglioramento nel corso del tempo. Sia il particolato Pm10 che 2,5 risultano in diminuzione. Se guardiamo invece il numero di giornate in cui i valori soglia sono stati superati, assistiamo a un andamento peggiore rispetto al 2023 benché migliore rispetto al 2022».
Come si spiegano queste continue oscillazioni?
«Il 2024 è risultato un anno più piovoso, ma le precipitazioni si sono concentrate in mesi non utili alla qualità dell’aria, per esempio primavera, estate e autunno. Se l’acqua fosse caduta in inverno avrebbe aiutato di più, perché i mesi freddi si caratterizzano per concentrazioni maggiori di inquinanti. Infatti, l’80% dei superamenti dei valori-limite accadono nel periodo compreso tra novembre e febbraio».
Cosa fare per ridurre le emissioni in maniera davvero significativa?
«Dovremmo innanzitutto lavorare non solo nelle grandi città, ma anche nelle campagne e nelle periferie. Le grandi fonti di inquinamento oltre che dal traffico provengono dall’agricoltura e pure dalla combustione di biomasse, per esempio del pellet o della legna. Nelle abitazioni domestiche è importante avere una stufa certificata e poi fare anche una buona manutenzione di tutti gli impianti (per esempio di ogni singolo camino)».
È corretto dire che a livello generale potremmo fare molto di più per proteggere la qualità della nostra aria?
«Ricordiamo che a oggi la qualità dell’aria anche a livello locale non è ancora in linea con i parametri dettati e indicati dall’Unione europea e in futuro gli standard a cui adeguarsi risulteranno ancora più restrittivi di quelli attuali, sarà dunque necessario mettere in atto degli sforzi supplementari per costruire consumi e pratiche più sostenibili e capaci di garantire una migliore qualità ambientale».
Maria Delfino
