L’ottantatreenne Giovanna Bombarda di Massa Finalese, centro nel Comune di Finale Emilia, ha vissuto la terribile esperienza delle scosse sismiche di domenica 20 maggio e su insistenza della famiglia, il martedì successivo, è stata accompagnata a casa del figlio Maurizio, a Ceresole, dove si trova.
Come si sente Giovanna? «Impotente. So poco o niente delle condizioni del mio paese e della mia casa, specie dopo le ultime scosse, e mi pesa. Al telefono i miei familiari dicono: “Va tutto bene, non preoccuparti”, ma dubito che le rassicurazioni siano reali e temo ciò che ritroverò – o meglio non ritroverò – al mio ritorno. Fisicamente sto bene, ma con il pensiero sono lì».
Si è resa conto di quanto accadeva? «Ho sentito una scossa prima, più leggera, all’una di notte e nonostante l’agitazione sono rimasta nel letto. Il peggio, però, è stato più tardi, alle quattro di notte: ho sentito una forza sbalzarmi dal letto e un fragore assurdo di mobili ribaltati, piatti e vetri in frantumi. Io, mio figlio Franco, sua moglie Magda e mio nipote Davide siamo subito scappati in strada, a rifugiarci in macchina. Non avevo mai vissuto un terremoto e la sensazione è terribile».
Come vi siete organizzati? «Per 4 notti abbiamo dormito in macchina. Pioveva, ma non ci fidavamo a tornare in casa. Di giorno, qualche scappatella per prendere gli indumenti più pesanti o del cibo era lecita, ma di notte era troppo rischioso. Poi, dopo quattro notti, mi hanno accompagnata a Ceresole: con i miei problemi alla schiena e gambe, non avrei retto in quelle condizioni».
E gli altri? «Sono sfollati, e per la notte le soluzioni sono due: o si dorme in macchina o in tenda. So che i miei vicini di casa non se ne sono andati dal paese e che i più anziani sono stati ricoverati negli ospedali vicini. Nella sfortuna, noi siamo stati molto fortunati, poiché la nostra casa è intatta mentre molti di Massa l’hanno persa».
Alannah Ryan Doglio
Foto Ansa
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