
ALBA Oggi, 16 luglio, alle 14, le sezioni agricole di Cgil, Cisl e Uil scenderanno in piazza Risorgimento ad Alba per una manifestazione unitaria contro il caporalato. Diverse le realtà che hanno già palesato la loro adesione, al di là del sindacato.
Le Langhe, di colpo, sembrano fare i conti con lo sfruttamento, la violazione di diritti e la violenza in uno dei settori più blasonati e ricchi, che le danno lustro nel mondo. L’esistenza di un sistema rientrante nello schema del caporalato, a danno di lavoratori africani in gran parte, è stato confermato da recenti indagini coordinate dalla Procura di Asti.
Sempre la scorsa settimana, i Carabinieri hanno sgomberato l’affittacamere della stazione dei treni di Alba, luogo fatiscente ben noto a chi vive in zona, mentre risulta piuttosto sconvolgente per gli esterni l’esistenza di una situazione così degradata a due passi dal centro storico.
Nel momento dell’ingresso della struttura, i militari si sono trovati di fronte a lavoratori agricoli, per cui i datori – cooperative o altre realtà di intermediazione analoghe – pagavano il posto letto tra sporcizia e rifiuti, a 500 euro al mese.
Le condizioni dei lavoratori tra le vigne
Perché chi coltiva le viti si ritrova in queste condizioni? Perché un comparto così redditizio diventa un inferno per alcuni lavoratori?
Mentre il mondo delle aziende vitivinicole, pur denunciando i fatti, ribadisce come lo sfruttamento sia relativo a pochi casi, è evidente come qualcosa stia sfuggendo ai più: è da almeno da sei o sette anni che il fenomeno sembra aver iniziato a muovere i primi passi sulle colline Unesco. Da quando i braccianti dell’Est Europa hanno iniziato a essere di meno e si è iniziato a ingaggiare gli stagionali africani. Più fragili, senza una rete di supporto, già vittime di sfruttamento in altre zone agricole d’Italia, questi ultimi si sono rivelati schiavi in Langa.
Numeri certi, su quanti siano i braccianti in condizioni di rischio nella nostra area, non ce ne sono. Per Matteo Ascheri, ex presidente del Consorzio del Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, sarebbero almeno 1000 persone.
Gazzetta d’Alba lo denuncia da allora, con le voci degli stessi braccianti e attraverso i pochi attivisti e volontari che ne parlano fin dall’inizio.
Che cosa è accaduto negli ultimi quattro anni
Era l’autunno nel 2020 quando, dalla palestra del centro storico in via Generale Dalla Chiesa ad Alba, un gruppo di stagionali agricoli africani trovava rifugio dai primi freddi. Per la prima volta, la questione diventava evidente in città. La soluzione? Un tendone allestito in un cortile esterno del Centro di prima accoglienza della Caritas, in via Pola.
Il primo ad accoglierli è stato l’ex direttore, don Gigi Alessandria: «Ci si stupisce di queste persone, ma il fenomeno ormai è strutturale», ci aveva detto, in tempi non sospetti.
E aveva ragione: a seconda delle stagioni, con il picco tra fino estate e inizio autunno, altri lavoratori hanno continuato ad arrivare alla Caritas, ingaggiati da pseudo cooperative, caricati e scaricati in punti ben visibili a tutti – la stazione dei treni, soprattutto -, spesso accampati lungo le sponde del Tanaro o in altri angoli poco visibili.

Abbiamo scritto tante opinioni in merito, attraverso esperti e ricerche. Abbiamo dato notizia delle varie soluzioni sperimentate, come container non proprio dignitosi, allestiti sempre in via Pola dal Comune.
Sul numero di Gazzetta d’Alba in edicola da questa mattina, il questore di Cuneo Carmine Rocco Grassi lancia l’allarme sul territorio, mettendo al centro la responsabilità degli imprenditori agricoli che si rivolgono ad alcune tipologie di intermediari.
Come le cose possono cambiare
Forse è da qui che bisognerebbe partire, dai meccanismi di ingaggio della manodopera in vigna che hanno permesso a questo sistema di trovare il terreno fertile in cui crescere, cercando di capirne le ragioni e come è possibile estirparlo pezzo dopo pezzo.
Ciò che è accaduto a Latina, con la morte del lavoratore Satnam Singh, non sembra poi così lontano da alcuni fatti riportati in Langa. Il vescovo Marco Brunetti, per esempio, ha parlato di un migrante ferito, scaricato dal “padrone” di fronte alla Caritas.
C’è ancora tempo per cambiare le cose? Probabilmente sì, ma di certo una manifestazione non può bastare.
Un fenomeno non nuovo nell’Albese
Era marzo quando a confermare la presenza del caporalato non erano più solo i molti articoli scritti da Gazzetta d’Alba sul tema nel corso degli anni, ma con le loro indagini, lo affermavano la Procura di Asti e i Carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Cuneo e i colleghi di Bolzano inquadrati nel Comando tutela del lavoro di Milano.
Francesca Pinaffo
