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IMMIGRATI 9 piemontesi su 100

Caritas-Migrantes_Alba

Crescono sempre più gli stranieri residenti in Piemonte. In linea con il resto d’Italia, secondo l’ultimo rapporto realizzato da Caritas italiana eMigrantes, anche per la regione subalpina si attesta un costante aumento della presenza di immigrati che, nel 2010, avrebbero raggiunto e superato quota 400 mila, rappresentando circa il 9 per cento della popolazione, per una crescita del 6 per cento rispetto al 2009.

«Un cammino», commenta Pier Luigi Dovis, responsabile della Caritas regionale, «che si è consolidato e che ci sta dicendo che l’immigrazione è un fattore strutturale anche per la nostra regione».

La presenza maggiore è in provincia di Torino (oltre 208 mila), segue Cuneo (56 mila), Alessandria (oltre 42 mila), Novara (35 mila), Asti (24 mila), Vercelli (13 mila), Biella (10 mila) e il Verbano Cusio Ossola (quasi 10 mila). Nel 2010 sono nati in Piemonte poco più di 7 mila stranieri e nell’anno scolastico 2010-2011 erano quasi 68 mila gli alunni non italiani. Gli immigrati in Piemonte provengono per il 34 per cento dalla Romania, segue il Marocco (16 per cento), l’Albania (11,5 per cento) e la Cina (3,5 per cento). Dalle statistiche, ma anche dalla realtà che viviamo ogni giorno in città, a scuola e sui luoghi di lavoro, emerge un quadro di migrazioni in aumento e di scenari in mutamento.

Secondo la Caritas «occorre con urgenza passare, sia nella mentalità che nell’approccio alla quotidianità, dall’accoglienza all’integrazione, soprattutto per le seconde generazioni d’immigrati, in modo da offrire loro più opportunità per il futuro. Pur prestando attenzione e risorse all’emergenza sempre forte della prima accoglienza, va infatti impostata e gestita anche la fase successiva, tenendo in considerazione le differenze dovute alla cultura, religione e nazione da cui provengono le persone e tenendo in grande considerazione quanti, da anni, hanno ottenuto la cittadinanza e quanti la richiedono perché hanno deciso di restare nel nostro Paese, inserendosi nel suo tessuto sociale e lavorativo».

c.b.

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