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Francesco va forte con Sugar

L’INTERVISTA Qual è la tua mansione in Sugar, Francesco?

«La Sugar è una tra le più grandi realtà discografiche ed editoriali indipendenti. Attualmente lavoro nell’International departement&New artist development and promotion, tradotto significa cercare nuovi talenti, promuoverli ed esportare i progetti artistici al di fuori dei confini italiani. La Sugar vanta artisti come Andrea Bocelli, Raphael Gualazzi, Elisa, Malika Ayane, Erica Mou, i Negramaro.

Pensi che provenire da Priocca ti abbia aiutato o penalizzato?

«Sono convinto che non avrei mai avuto l’entusiasmo di scoprire ed esplorare continuamente se fossi nato a Milano. Le Langhe e il Roero sono luoghi di una bellezza indiscutibile e difficili da apprezzare sino in fondo. Mi ricordo che quando vivevo in Australia un amico di Melbourne che studiava con me mi disse con orgoglio di guardare il paesaggio che circondava il campus universitario e di ammirarlo, come se stesse mostrando un capolavoro a un povero sprovveduto. Solo lì mi resi conto che ciò che potevo vedere dal balcone di casa mia a Priocca era paragonabile a quello spettacolo, se non più bello. Bisogna sempre calarsi negli occhi di uno straniero per guardare casa propria».

Quando hai conosciuto Caterina Caselli? Che impressione ti ha fatto stare a contatto con una “leggenda” della musica leggera?

«Il colloquio me lo fecero proprio lei e il figlio Filippo, attuale “Ceo” dell’azienda. Caselli è una persona geniale, ha intuito e una marcia in più. Capisce laddove gli altri si fermano, nel bene e nel male. Non puoi far altro che imparare giorno dopo giorno sul campo e sperare di apprendere, ma bisogna essere sinceri, il metodo è faticosamente replicabile, il suo talento è innato».

Come fa la Sugar, mentre molte altre etichette storiche italiane vivono un periodo di crisi profonda, a scoprire talenti capaci di imporsi anche all’estero?

«La Sugar è un’azienda familiare da generazioni e da questa caratteristica trae la propria forza. La signora Caselli si occupa più del lato artistico, mentre Filippo dirige l’azienda e l’amministra. È un connubio che funziona. Di fatto ogni progetto è come un figlio, lo si cresce, lo si educa, lo si forma e soprattutto si vince o si perde assieme. Nessun artista che riesce a entrare in Sugar viene “lavorato” al 99 per cento. Tutti ricevono sempre il massimo, la stessa cura, attenzione e strumenti. Come dice sempre Caselli, il capolavoro è fatto dal dettaglio nell’insieme, non viceversa».

Come si scopre un talento in un mondo come la discografia in cui è sempre più difficile inventare?

«La Sugar non investe in fenomeni momentanei, ma cerca artisti completi, che per un motivo o per un altro abbiano quel qualcosa in più che li identifichi. Il problema vero è che i talenti son difficili da trovare, non esistono scorciatoie. In un periodo come questo si deve fare ancora più attenzione a chi si sceglie e su chi si punta e come si intende lavorare il progetto, tenendo conto della competizione di prodotti più “televisivi” come i talent a cui l’esposizione mediatica garantisce una spinta promozionale più immediata. Un contratto discografico non è mai un punto di arrivo. È il punto di partenza di un lavoro vero e proprio, di tantissime persone appassionate e preparate».

Qual è stata la scoperta di cui va più fiero?

«È impossibile fare paragoni perché è la musica a non essere paragonabile. Parlando dei nuovi talenti, secondo me Raphael Gualazzi è un fenomeno vero e proprio, musicista, scrittore, arrangiatore. Ha già vinto Sanremo giovani due anni fa e ho avuto il piacere di accompagnarlo all’Eurovision song contest a Düsseldorf. Il suo nuovo lavoro è validissimo e merita la massima attenzione, tanto è vero che un’etichetta come la Emi France ci ha chiesto la distribuzione a livello internazionale».

Lei ha incontrato molti personaggi dello show business, quale è stato il momento più emozionante?

«Ciò che ho capito è che dietro ogni star tendenzialmente vi è sempre un uomo, con un talento innato e con doti sopra la media. I capricci e i vizi nascono dalla fama e dal successo, ma sono conseguenze al talento. Un momento su tutti: il funerale del maestro Luciano Pavarotti a Modena, durante il quale Andrea Bocelli ha cantato. La chiesa era molto piccola e ricordo ancora le prime file, tra Bono Vox, Romano Prodi e tanti alti. L’atmosfera che si respirava in quella chiesa era indescrivibile, era come vivere la storia nel presente. Però come dimenticare la presenza alla Royal Albert hall a Londra per festeggiare i 60 anni di regno della regina Elisabetta, assieme ad artisti come Robbie Williams, Kylie Minogue, Placido Domingo, oppure il concerto- evento di Bocelli del 2011, a Central park, a New York, cui hanno assistito 60 mila persone e partecipato artisti del calibro di Celine Dion e Tony Bennett».

Quali sono i mercati a cui guardate con maggiore attenzione? Quali i suoi obiettivi nel breve, medio e lungo termine?

«L’America, il Regno Unito, il Gas (Germania/Austria e Svizzera) e la Francia. La Polonia si sta rivelando un mercato interessantissimo. L’Oriente è molto difficile, per oggettive barriere linguistiche e riferimenti musicali. Ovviamente il maestro Andrea Bocelli è un’eccezione in tutto il mondo e vanto italiano. I miei obiettivi personali sono quelli di crescere e continuare a imparare tutto il possibile in un campo che amo».

Marcello Pasquero

CHI È?

Dov’è nato Francesco Pasquero? Dove vive? Quale percorso l’ha portato a occupare la propria posizione lavorativa? Vuoi raccontarti, Francesco?

«Ho vissuto a Priocca sino ai 18 anni, un’infanzia passata a giocare a calcio e imparando a suonare la chitarra al Conservatorio di Govone per poi suonarla nei campi-scuola. Elementari alla Sacco, medie alla Macrino, superiori all’ipsct Piera Cillario Ferrero di Alba. Il triennio universitario è iniziato frequentando scienze della comunicazione e si è concluso con il progetto Erasmus di un anno alla University of Glasgow in Scozia, trasformatosi in corso d’opera in doppia laurea. Un percorso che mi ha permesso di capire che esisteva un mondo intero da scoprire. Dopo la triennale mi ripromisi di ripartire, frequentai il primo anno di specialistica alla Cattolica di Milano, vinsi la borsa di studio per il progetto Overseas per un anno alla University of Western Australia, con annessa esperienza lavorativa alla Brooklyn academy of music di New York City, ove ebbi la fortuna di lavorare per il leggendario Joseph V. Melillo, colui che mi trasmise la passione per i grandi eventi culturali. Vivo a Milano, sempre con la valigia in mano».

La passione di Tarantino

Come siete arrivati a produrre molti brani della colonna sonora di Django unchained, il film più atteso della stagione invernale a livello planetario, Francesco?

«Tarantino è un grande appassionato di B-Movies e western italiani, da cui trae ispirazione per le colonne sonore dei suoi film. Sugar sta realizzando un progetto di valorizzazione dello sterminato catalogo di capolavori, tra cui quello delle colonne sonore della storica etichetta Cam, tanto amato da registi come appunto Tarantino, Wes Anderson o Martin Scorsese. Il progetto in sé è un chiaro esempio del lavoro di squadra, a tutti gli effetti. Django unchained uscirà a Natale in tutto il mondo, non vedo l’ora di vederlo per sentire soprattutto la colonna sonora».

Come è stato lavorare con il team di Quentin Tarantino?

«Abbiamo incontrato il team musicale di Quentin Tarantino a Los Angeles e devo essere sincero, la semplicità e lo stupore con cui si approcciano alle produzioni musicali italiane contemporanee e più datate – anni ’50, ’60 e ’70 – ha del sorprendente e mi ha fatto capire ancora una volta che i progetti che siamo capaci di creare noi italiani e che tutto il mondo ci invidia, tengono e durano anche nel tempo».

Elisa canta in italiano

Perché la scelta diuntesto euntitolo in italiano,Ancoraqui, perun’artista comeElisa, che ha dimostrato di saper interpretare e scrivere splendidi testi in lingua inglese, Francesco?

«Elisa non è nuova alla scena americana. L’anno scorso abbiamo lanciato la sua colonna sonora scritta con Andrea Guerra per Someday this pain will be useful to you, tratto dall’omonimo romanzo di Peter Cameron e diretto dal regista italiano Faenza, un film bellissimo che non ha avuto, a mio parere, il successo di pubblico che si meritava. Elisa ha pubblicato in Usa su Decca/Sugar il progetto discografico parallelo, Steppin’ on water, che abbiamo promosso tra New York e Miami al Film festival. Quando però Elisa canta in italiano trovo sia unica,ha scritto lei il testo di Ancora qui, nato su musiche del maestro Ennio Morricone e realizzate appositamente per il film. Tenendo conto che Tarantino adoraMorricone, è facile capire da cosa nasca questo connubio».

Caterina Caselli: «Un talento richiede cura artigianale»

L’INTERVISTA Quarant’anni anni fa l’addio al palcoscenico del “Casco d’oro”, come Caterina Caselli era nota, dopo pochi anni di carriera e notorietà e milioni di dischi venduti, per dedicarsi alla famiglia e all’azienda ereditata dal marito Piero Sugar (ma chi ha dimenticato pezzi come Nessuno mi può giudicare o Perdono?). Una scelta non condivisa dalla stampa dell’epoca e dai fan, che si è però rivelata vincente grazie all’intuito nello scoprire talenti. Ne parliamo proprio con lei, Caterina Caselli.

Quali caratteristiche deve avere un talento? Come lo si riconosce, Caselli?

«È un lavoro di attenzione, cura e dedizione, per certi versi paragonabile a quello degli artigiani, lungo e meticoloso. Quando un artista arriva alla nostra attenzione, inizia un percorso articolato, perché la scoperta di un talento solido e possibilmente durevole richiede un grande investimento di rischio e di risorse non solo economiche».

La Sugar ha dimostrato di saper stare al passo con le nuove tecnologie, spesso precedendo le tendenze in materia di fruizione di musica. In quali direzioni guardate per il futuro?

«La musica ha subìto un grande mutamento nel modo attraverso il quale si fruisce, negli ultimi decenni. Il copyright è l’unica possibile tutela dell’opera d’arte. La sua tutela è necessaria anche a muovere l’attività delle aziende che investono, rischiando, nella creazione di contenuto».

Conosce la zona di Alba, delle Langhe e del Roero? «

Conosco abbastanza bene la zona e posso dire che sono luoghi meravigliosi e di grandi tradizioni culinarie e di vini splendidi. Io stessa provengo da una realtà molto simile per certi versi, quella di Modena, dove tuttora vivono mia madre e la mia famiglia. Sono terre animate da persone che lavorano sodo, vere e genuine, e soprattutto patria di grandi talenti, musicali e artistici».

m.p.

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