Il centenario della Famiglia Paolina visto da Pier Giuseppe Accornero

Di seguito pubblichiamo il testo di Pier Giuseppe Accornero sul centenario della famiglia paolina, diffusa dall’Agenzia dei giornali diocesani.

Un tempaccio inclemente imperversava quella notte su Alba. Un seminarista di 17 anni pregava in Duomo. Si chiamava Giacomo Alberione. Diventerà un apostolo  dei mass media, un campione del Piemonte santo.

La notte era quella del passaggio dal XIX al XX secolo: Leone XIII aveva indetto l’Anno Santo e aveva invitato a fare un’ora di adorazione al Santissimo: il giovane prega per quattro ore. Un pensiero lo assilla: «Fare qualcosa per il Signore e per gli uomini del nuovo secolo». Risale a quella veglia una «illuminazione», come rivelerà nelle “Note autobiografiche”: «La notte che divide il secolo scorso dal corrente fu decisiva per la specifica missione e spirito particolare in cui sarebbe nata e vissuta la Famiglia Paolina. Una particolare luce venne dall’Ostia, una maggiore comprensione dell’invito di Gesù: “Venite a me voi tutti”».

È convinto che «le opere di Dio si fanno con gli uomini di Dio» e che «l’avvenire si conquista con un esercito di vocazioni ben formate e con i mezzi più rapidi e moderni, posti a servizio dell’apostolato. I nostri tempi sono caratterizzati da un’organizzazione immensa di edizioni contrarie alla Chiesa. Occorre contrapporre un’organizzazione larga, potente, di spirito antico e di forme moderne, ossia l’apostolato delle edizioni con iniziative di carattere universale, che dispongano di un esercito di soggetti preparati e che ne moltiplichino i frutti nel tempo e nello spazio».

L’«illuminazione» si realizza cento anni fa. Il 20 agosto 1914 fonda la Società San Paolo, cellula madre di quattro congregazioni femminili – Figlie di San Paolo, fondate con la conterranea, venerabile Maria Teresa Merlo il 15 giu­gno 1915, Pie Discepole del Divin Maestro, Suore Pastorelle, Suore Apostoline -; di quattro istituti «aggregati» di vita secolare – San Gabriele Arcangelo, Maria Santissima An­nunziata, Gesù Sacerdote, Santa Famiglia -; del movimento laicale Associazione cooperatori Paolini.

Ordinato sacerdote ad Alba nel 1907, si laurea in Teologia a Genova. Viceparroco a Narzole conosce Timoteo (Giuseppe) Giaccardo, (1896-1948), primo paolino e primo beato. In Seminario come direttore spirituale e docente di liturgia, storia ecclesiastica e civile, arte, pastorale, si impegna nell’Opera buona stampa, nella catechesi, nell’animazione socio-politica. Nel 1912 avvia la rivista “Vita pastorale” per aiutare i sacerdoti nelle parrocchie.

Dal settembre 1913 dirige il settimanale diocesano “Gazzetta d’Alba” e si dedica a tempo pieno all’apostolato della stampa: dalla parrocchia «territoriale» alla parrocchia «di carta». Per don Alberione la proposta di fede deve essere indirizzata a mente, cuore e volontà della persona, ma è pionieristica l’equivalenza tra la «predicazione orale» e la «predicazione scritta». Per lui la stampa e i media non sono dei «mezzi» a servizio di altro o dei «sussidi» di appoggio, ma una «forma differente e completa» di evangelizzazione, una «nuova evangelizzazione». È comprensibile allora la sua gioia quando il Concilio Vaticano II, di cui è «perito», il 4 dicembre 1963 approva il decreto «Inter mirifica» sui media.

Fonda un «impero mediatico» a servizio del Regno di Dio con taglio manageriale e professionale: giornali, libri, cinema (Sampaolofilm), fumetti, audiovisivi, dischi, radio, televisioni, cassette, Internet, multimedia diffusi in 28 Paesi. Umile precursore dei tempi, ha una solida spiritualità «alla piemontese». L’«editore di Dio» è convinto della necessità di far conoscere la Bibbia al popolo: in cinque anni (1961-1966) la San Paolo ne stampa e diffonde 2.258.000 copie e l’impegno per la diffusione della Bibbia continua.

Dice: «La macchina da stampa, il microfono, lo schermo sono il nostro pulpito; la tipografia, la sala di produzione, di proiezione e di trasmissione è la nostra chiesa. La nuova forma di missione non è affare da dilettanti ma da veri apostoli. Occorre un linguaggio accessibile al popolo: non basta una scienza mediocre, al contrario occorre una scienza maggiore e la capacità specifica per comunicarla a tutti con chiarezza».

Muore a 87 anni a Roma il 26 novembre 1971 confortato da Paolo VI che il 28 giugno 1969 lo aveva elogiato pubblicamente: «Eccolo: umile, silenzioso, instancabile, sempre vigile, sempre raccolto nei suoi pensieri, che corrono dalla preghiera all’opera, sempre intento a scrutare i “segni dei tempi”, cioè le più geniali forme di arrivare alle anime, don Alberione ha dato alla Chiesa nuovi strumenti per esprimersi, nuovi mezzi per dare vigore e ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e coscienza della validità e della possibilità della sua missione nel mondo moderno e con i mezzi moderni». Giovanni Paolo II lo beatifica il 27 aprile 2003. La sua festa liturgica è il 26 novembre.

Pier Giuseppe Accornero

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