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Alluvione: 21 anni per sbrogliare la matassa

L’INCHIESTA Dopo la pronuncia della Commissione europea alla concorrenza che ha escluso l’ipotesi della restituzione dei benefici fruiti in occasione dell’alluvione del ’94 dalle imprese del territorio, restano aperti diversi scenari. Quelle agevolazioni tributarie, assicurative e previdenziali erogate alle imprese italiane non furono illeciti “aiuti di Stato”. Ma il nodo sciolto dalla commissione riguarda soltanto chi non ha versato i contributi: tali aziende dovranno restituire niente allo Stato secondo la tesi illustrata e sostenuta a suo tempo presso l’Ue dall’eurodeputato Alberto Cirio.

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Per chi invece ha versato quei contributi, il destino non è ancora chiaro. Due sono le strade che Confindustria Cuneo sta seguendo. Da un lato c’è il percorso giuridico, al fianco delle aziende che hanno cause in corso, con il sostegno al lavoro dei consulenti in vista dei processi che potrebbero riprendere nei primi mesi del 2016. Sono decine e decine i procedimenti bloccati in attesa della pronuncia europea, fermi a diversi gradi di giudizio, chi in Corte d’appello, chi in Cassazione.
L’altro fronte è quello legislativo: i parlamentari piemontesi convocati al tavolo degli industriali hanno affermato l’impegno per valutare la possibilità di inserire un emendamento alla finanziaria, che sarà approvata a dicembre, per individuare una norma che sblocchi la situazione. Al momento però c’è nessuna iniziativa.
«Le argomentazioni della Commissione sono un punto fermo fondamentale per l’alluvione del Piemonte», commenta Mario Pichi, professore di diritto amministrativo europeo all’università Luiss di Roma e consulente di numerose aziende della zona implicate nella vicenda, «ma vanno anche oltre, mettendo in evidenza un chiaro approccio “realista” della Commissione. Rimane aperta la questione dei destinatari che non hanno percepito i benefici, dato che sul punto la Commissione non è precisa. Sarà necessario uno sforzo per completare il quadro nel rispetto dei principi di parità di trattamento e di ragionevolezza. La decisione della Commissione è l’esito di un lavoro di squadra che per una volta ha funzionato: parlamentari nazionali ed europei che hanno spiegato il caso; giudici e consulenti che hanno chiarito a Bruxelles l’impossibilità a distanza di tanto tempo di rimettere del tutto a posto la questione».

Erica Asselle

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