Alla scoperta del significato del termine Piemontese “Lingera”

Paolo Tibaldi ci racconta aneddoti le

ABITARE IL PIEMONTESE

Lingera: Accattone, individuo poco lungimirante, che vive di espedienti

Ëntrig-te nen con slì, o ȓ’è na lingera! (non immischiarti con quello lì, è un poco di buono!) – Ebbene sì, questa settimana parliamo di una parola che può far sorridere: lingera; insomma un parassita sociale!

La lingera (indistintamente maschio o femmina), si manifesta sotto molte forme accomunate dalla poca lungimiranza: dallo squallido imprenditorino che trascorre le giornate girovagando di locale in locale incurante dell’azienda che va a rotoli, alla donna dai facili costumi; dall’accattone che sostiene di avere un proverbiale curriculum alle spalle, alla girovaga che elemosina di tutto, attaccandosi a qualsiasi situazione. Pur suonando a mo’ di giudizio, ormai dispregiativo, possiamo addentrarci in una dissertazione aneddotica.

Ci fu un tempo, neppure troppo lontano, dove sulle nostre colline scorrazzavano le vere e proprie lingere, nella loro accezione più pura: i cosiddetti girolon, girovaghi che in cambio di un piatto di minestra o polenta, di qualche abito o un riparo dove dormire la notte, ricambiavano con pettegolezzi e storie sensazionali caricandole d’effetto degno di un cantastorie professionista. Per fare un paio di esempi, chi ricorda due personaggi epici, a rappresentanza di tutti gli altri, che gironzolavano sulle nostre colline? Tomàtica e Vigio dij dësviarìn.

Una lingera è leggero, poiché privo di denaro e masserizie, quindi di responsabilità, impegni famigliari, doveri, cosicché l’individuo stesso si muova tanto fisicamente quanto mentalmente, a seconda della direzione del vento. Alcuni sostengono anche che sia un’evoluzione linguistica del coltello a scatto usato nella malavita, che da alcune parti del Piemonte pare si dica lìngher. Altri riconducono l’origine alla lingerie francese, che indicano le lenzuola e quindi la facilità di restarci a poltrire, eccetera.

Oppure, sentite questa: lingera sembra derivare da una specie di sfoglia con cui in Etiopia avvolgono il cibo e che così chiamavano i soldati semplici italiani in colonia.

Paolo Tibaldi

 

 

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