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Scopriamo le origini del termine piemontese “Dësdesi”

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Dësdesi: Avvenimento indesiderato, delusione subìta, disavventura, scherzo di cattivo gusto

Succede spesso di udire la parola di questa settimana. Chi la pronuncia, vorrebbe compartire con chi ascolta, uno stato d’animo tendenzialmente triste, solitamente intimo e più autentico che mai.

Non a caso la radice piemontese dës-, particella privativa o negativa proveniente dal latino e propagata nelle lingue neolatine, aiuta a rovesciare il senso di ciò che la segue. Gli esempi che si possono fare sono innumerevoli: dës-centrà, dës-chisì, dës-genà, dës-gust, dës-taché…

Addirittura William Shakespeare, nella tragedia “Otello”, attribuisce un nome molto particolare al personaggio femminile. Si tratta di Desdèmona, che vuol significare qualcosa come “sventurata”. Del resto, le origini italiane di Shakespeare sono state prese in considerazione e, per alcuni, risultano piuttosto fondate.

Ma, tornando a dësdesi, bisogna vedere da quale incupimento è pervaso l’individuo che pronuncia questa espressione, figlia di un avvenimento indesiderato, una delusione arrecata da una persona che credevamo diversa, uno scherzo di cattivo gusto oppure un ingiusto torto subìto. Infatti, molto spesso, per implementare l’espressione, si dice anche qualcosa come “ën tòrt gròss perpaȓèj, e saȓìja mài pì spitàmȓo” (un torto così grande non me lo sarei mai aspettato).

Qualche esempio? Il tradimento da parte di una persona cara che spiffera un segreto sul quale aveva garantito; una “figuraccia” in cui si chiede ad una donna, vista la deplorevole acconciatura, se ha preso la pioggia e lei risponde stizzita che invece è appena uscita dalla parrucchiera; perdere un treno per pochi secondi e vederlo avanzare adagio; un bambino che, senza farlo apposta, rompe il vaso ad una nonna che lo perdona ma in cuor suo è dispiaciuta per l’oggetto caro che tante volte aveva preso in mano per accarezzarlo, con la scusa di spolverarlo; fino ad arrivare ai cosiddetti “scherzi da masche”: anche quelli sono dësdesi.

Paolo Tibaldi

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