In fondazione Ferrero, Gene Gnocchi: «Sono comico grazie al calcio»

In fondazione Ferrero, Gene Gnocchi: «Sono comico grazie al calcio»

L’INTERVISTA L’arte di far ridere e lo sport tra gli argomenti trattati in conferenza
Classe 1955, Gene Gnocchi ha vestito i panni del comico, del conduttore televisivo, del cantante, dello scrittore e, come ama ricordare, del calciatore dai piedi buoni. Lo abbiamo incontrato a margine della conferenza in fondazione Ferrero con Piero Bianucci, con cui ha discusso delle sue mille vite con il consueto stile sospeso tra il serio e il faceto.

Gnocchi, lei è conosciuto come autore comico, ma non è stato dato sufficiente credito alla sua carriera di calciatore.
«Il calcio è stato ed è tuttora la mia vita. I ricordi più belli li associo a questo sport che, nonostante i guai fisici, ho cercato di praticare il più a lungo possibile. Resta l’amarezza per un mancato esordio in Serie A, sfumato qualche anno fa».

Quella del comico è una professione solitaria, come conciliarla con uno sport di squadra come il calcio?
«Guardi, io giocavo trequartista, un ruolo anomalo che richiede immaginazione e una certa dose di creatività. Proprio grazie al calcio ho scoperto che avrei potuto fare il comico. Quando negli spogliatoi proponevo le mie gag, i compagni ridevano. Sono stato anche cantante in una band. Aprivo i concerti con storielle che destavano interesse. Discorso diverso per le canzoni: il pubblico non sembrava apprezzarle un granché».

Lei è di origine emiliana, ma si è fatto le ossa nel Milanese. Il suo repertorio risulta influenzato da precisi riferimenti…
«È innegabile. Ho amato la comicità surreale di tanti colleghi milanesi. Jannacci, Cochi e Renato, lo Zelig… È stato un periodo straordinario. Sono spariti però molti programmi televisivi che lavoravano su una comicità raffinata, che curava il linguaggio e rispettava la fantasia».

Questo impoverimento, secondo lei, ha a che fare con la censura politica?
«Non saprei. Censura forse è un termine forte. I nostri politici m’ispirano un senso di generale delusione. Sono stato educato a considerare il politico come un professionista in grado di distinguersi per la capacità e la cultura. Purtroppo, sempre più spesso, facciamo conoscenza di politici che parlano un italiano piuttosto approssimativo e, dunque, pensano in modo superficiale».

Per la satira politica la nuova frontiera sembra essere il Web. Cosa ne pensa?
«Tutto si sta modificando molto rapidamente. Quello che mi sorprende sono le reazioni della Rete alle battute, penso soprattutto ai social network. Ci s’indigna e offende reciprocamente con grande facilità. Questo non è divertente, semmai un po’ isterico. Non bisogna farsi intimidire da questo clima, chi fa satira lo sa. Mai tirarsi indietro e, soprattutto, continuare a divertirsi».

Alessio Degiorgis

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