Quella devastante cecità della mente e del cuore

PENSIERO PER DOMENICA – XXX TEMPO ORDINARIO – 28 OTTOBRE

La guarigione del cieco Bartimeo, raccontata da Marco (10,46-52), è l’ultimo miracolo di Gesù prima dell’ascesa a Gerusalemme. Come ci è stato suggerito dai brani evangelici delle scorse domeniche, Gesù aveva avuto sentore dei pericoli che lo attendevano a Gerusalemme e della possibile fine anticipata della sua avventura terrena, per cui cercò di far capire ai suoi quali fossero le condizioni per seguirlo.

La gioiosa fatica del cammino. Il racconto del miracolo è molto circostanziato. Viene segnalato – cosa rara nei Vangeli – il nome del cieco: Bartimeo. Anche la localizzazione è precisa: alla periferia di Gerico, una delle città più antiche del mondo, in un’oasi di tre chilometri di diametro, a 300 metri sotto il livello del mare. Di qui partiva l’ascesa a Gerusalemme. Gesù e i suoi discepoli erano attesi da un tratto di strada faticosa, su cui però i pellegrini arrancavano con passo veloce, nelle trepida attesa di vedere stagliarsi la città santa. La fatica di questo tratto di strada evocava il cammino degli esuli nel deserto, di ritorno da Babilonia, a cui fa riferimento il brano di Geremia scelto come prima lettura (31,7-9). Come ai tempi di Marco, anche oggi seguire Gesù implica contemporaneamente fatica e gioia.

Quella devastante cecità della mente e del cuore
Gesù guarisce Bartimeo, il cieco di Gerico, miniatura bizantina (XII sec.), Biblioteca nazionale di Atene.

Bando alla rassegnazione. Gli esuli che tornano e Bartimeo, protagonisti delle letture bibliche, hanno in comune la vittoria sulla rassegnazione. Noi sappiamo che una parte degli esuli – coloro che a Babilonia si erano “sistemati” e magari avevano fatto fortuna – scelse di non tornare. Tornò un “resto” composto prevalentemente di poveri e di persone religiosamente molto motivate. Bartimeo appartiene idealmente a questa schiera: non si rassegna fatalisticamente alla cecità, ma lancia verso Gesù il suo grido di aiuto. Ha perso la vista, ma non la speranza di dare ancora, grazie a Gesù, una svolta alla sua vita. Gesù ama e ascolta le persone che sono, come lui, in ricerca, le persone che lottano contro la cecità che chiude gli occhi e contro quella, non meno devastante, che chiude la mente e il cuore, impedendo di vedere le sofferenze delle persone e di leggere i segni dei tempi.

Il “salto” della fede. Gesù apprezza e loda la fede del cieco, espressa plasticamente nel salto con cui si leva da terra e si avvicina a lui: «La tua fede ti ha salvato». A questo punto, Bartimeo diventa l’emblema del credente che non resta più ai margini della strada, immerso nella sua tristezza, ma si alza, getta via il mantello e segue Gesù. È ancora questo che il Signore attende da noi.

Lidia e Battista Galvagno

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