Baȓba, un termine piemontese che significa “Zio”, ma non solo

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Baȓba: zio, uomo saggio e autorevole, rispettabile quanto un padre; barba mascolina, lanugine, muffa, fibre filamentose vegetali.

Chissà poi perché in Piemonte, la zia e lo zio, li chiamiamo con due parole così distanti e differenti tra loro: màgna e baȓba – un suggerimento che già molti mi hanno dato e che finalmente trova spazio nella rubrica. Le ragioni sono molte, probabilmente. Andiamo con ordine, prendendo una parola alla volta: baȓba.

Tradizionalmente viene inteso come estensione dell’uomo che porta la barba, il pelo mascolino che cresce sul volto dell’uomo, vale a dire “l’uomo con la barba” – talvolta stereotipato dal pastore valdese; solitamente, l’associazione fatta è quella dell’uomo autorevole, che merita rispetto, come se la barba volesse significar saggezza.

Consultando i tomoni sulle etimologie, leggo che l’influsso semantico rimanderebbe all’organizzazione familiare dell’antica popolazione germanica, che differenziava da quella romana per una distinta interpretazione dei rapporti di parentela.

Chi non ha mai sentito parlare del mitico baȓba ‘n cà? Lo zio in casa. Un uomo che, vedovo o mai sposato, vive insieme alla famiglia che la sorella o il fratello si sono creati. Un tempo, era una sorta di tacito accordo vita natural durante, talvolta non senza difficoltà interfamiliari, talaltra ripagati con aiuti non indifferenti.

Il valore semantico di “baȓbagiaco” (baggiano) e “baȓbapero” è legato all’accezione deteriore o scherzosa che spesso assumono certi nomi caratterizzati da vasta diffusione popolare. La stessa cosa avviene per le innumerevoli declinazione di parole che hanno radice barba: baȓbaròt, baȓbis

Se trasformiamo la parola baȓba in baȓbé, oltre a indicare il mestiere del barbiere, quasi come per magia siamo davanti a un verbo che cambia completamente di significato, vale a dire che baȓbé indica ‘rubare’ o ‘portar via’; in questo caso l’origine semantica è galloromanza. Esempio folkloristico ne è l’intramontabile filastrocca di Marìa gavòta.

Marìa Gavòta a ȓ’è montà su da na bȓòpa, ȓa bȓòpa a ȓ’eva slissa, Marìa Gavòta a ȓ’ha perdì ȓa sotissa; i-i è passàje ‘n gàt gatìn, ȓ’ha baȓbajne ‘n tochetin, i-i è passàje ‘n gat gaton, ȓ’ha baȓbajne ‘n tocheton, i-i è passàje eȓ gàt galup, ȓ’ha baȓbaje tut tut tut.

Paolo Tibaldi

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