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Acquedotto delle Langhe: maggiori competenze ai Comuni? No, grazie

Il centrodestra teme che Alac ceda a Cogesi il proprio ingente patrimonio

Acquedotto delle Langhe: maggiori competenze ai Comuni? No, grazie

ALBA Le proposte di modifica allo statuto dell’Acquedotto delle Langhe e Alpi cuneesi (Alac) hanno acceso la bagarre nell’ultimo Consiglio comunale. La società che ha realizzato e gestisce l’acquedotto in alta Langa (partecipata da 21 Comuni e dalla Provincia, socio di maggioranza con il 53 per cento del capitale) intende trasferire all’assemblea dei soci significative competenze decisionali oggi in mano al consiglio di amministrazione.

Anche al Comune di Alba, socio dal 1993 con il 2,2 per cento del capitale, è stato chiesto di esprimersi in vista dell’assemblea fissata per lunedì 9. La maggioranza, però, ha sottoposto al Consiglio una delibera che non interroga sulla proposta di modifica statutaria, bensì richiede lo stralcio della modifica stessa. Una decisione che ha incontrato il voto contrario del centrosinistra.

Il consigliere Pd Claudio Tibaldi ha definito la delibera «anomala, inadeguata e confusionaria, perché non pone la domanda che avrebbe dovuto porre», rimarcando che le modifiche proposte da Alac vanno a vantaggio di tutti i Comuni soci, compresa Alba, che avrebbe più voce in capitolo. «Viene spontaneo chiederci se Alba non venga più prima di tutto», ha asserito Tibaldi.

La replica è toccata al sindaco Carlo Bo: «Non avendo ricevuto elementi utili per comprendere le motivazioni reali che hanno portato alla proposta di modifica statutaria, non siamo in grado di esprimere un voto motivato sulle modifiche; siamo perplessi sul trasferimento delle competenze».

È una questione politica: il centrodestra, come ha lasciato intuire il sindaco, teme che Alac – socio del neonato consorzio interamente pubblico Cogesi, deputato alla gestione del servizio idrico nell’Ato 4 Cuneese – possa mettere a disposizione dello stesso consorzio il proprio patrimonio (dal valore di 56 milioni di euro) e la sua liquidità (23 milioni di euro) sotto forma di finanziamenti o fideiussioni.

Enrico Fonte

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