L’INTERVISTA Dal 1979, anno del primo incarico come insegnante al liceo classico paritario San Paolo di Alba, al prossimo settembre, quando cederà il ruolo di preside del classico Govone e dell’artistico Gallizio: dopo quarantuno anni nel mondo della scuola, va in pensione Luciano Marengo.
Dopo il diploma al liceo scientifico di Alba e la laurea in chimica industriale all’Università di Torino, sono arrivati gli anni dell’insegnamento, a Fossano, a Bra e ad Alba, dove dal 1991 al 2012 ha insegnato scienze al Cocito. Dopo aver superato il concorso, il primo incarico di dirigente è stato all’istituto comprensivo di Villafranca Piemonte, fino al 2014, quando è tornato ad Alba come preside del Govone e del Gallizio, oltre a dirigere per due anni in reggenza anche l’istituto comprensivo di Diano e il Cocito. Una lunga carriera nel mondo dell’istruzione, in un sistema che nel frattempo è cambiato non poco.
Marengo, come è cambiato negli anni il mondo della scuola?
«Quando ho iniziato, il mondo della scuola era permeato dalla cultura pedagogica, con al centro gli alunni e le loro storie. Erano gli anni successivi all’introduzione dei decreti che hanno inserito la rappresentanza degli studenti e dei genitori negli organi collegiali: si viveva un grande desiderio di partecipazione e di innovazione. È stato anche avviato il processo di autonomia scolastica, che purtroppo risulta a oggi incompiuto, con l’effetto di aver accresciuto in modo eccessivo il carico burocratico richiesto a docenti, segreterie e presidi: penso sia la pecca più grande del nostro sistema, che ha ridotto il peso dei provveditorati provinciali, delegando sempre maggiori responsabilità alle scuole, senza però garantire adeguate risorse economiche e organizzative».
Quindi la scuola italiana è cambiata in peggio?
«Dipende: bene l’innovazione tecnologica e il potenziamento della didattica laboratoriale, così come altre esperienze non sempre facili da portare avanti, ma non si può dire lo stesso della burocratizzazione e del peggioramento del livello culturale. In generale, per migliorare la situazione della scuola italiana, penso che oggi sia importante tornare a riconoscere il merito personale, creare figure specializzate negli uffici, semplificare la normativa, sfruttare ancora di più le opportunità della tecnologia e soprattutto restituire alla pedagogia e alla didattica una vera centralità, ricordando che la scuola è fatta per gli alunni».
Il pensionamento sarà un addio definitivo alla scuola, Marengo?
«Senza dubbio è difficile dimenticare un’intera vita professionale, in cui ho avuto il privilegio di lavorare tra i giovani: chissà, forse continuando a operare, come farò, nel campo delle associazioni culturali potrà crearsi l’occasione per portare avanti delle nuove collaborazioni con le numerose scuole albesi».
Che cosa ha significato per lei dirigere due scuole come il classico e l’artistico di Alba, Marengo?
«Prima di tutto, va detto che in controtendenza con il quadro italiano, le scuole albesi e molte realtà della Granda sono riuscite a mantenere un livello di eccellenza. Per me, dirigere il Govone e il Gallizio ha rappresentato un grande motivo di orgoglio, dal momento che si tratta di due realtà importantissime, con un livello culturale molto alto. Sono state tante le soddisfazioni, grazie ai progetti avviati, spesso in collaborazione con le realtà albesi, il Comune e la Provincia. Ho potuto contare sulla massima collaborazione di tutto il personale e dei docenti, in particolare dei vicepresidi, a cui va il mio ringraziamento. Senza dimenticare la collaborazione ventennale con l’ex dirigente Piercarlo Rovera, conosciuto come insegnante negli anni del liceo e che mi ha assicurato il massimo sostegno anche al classico Govone».
Francesca Pinaffo