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La cultura sul furgoncino rosso è sempre in movimento

La cultura sul furgoncino rosso è sempre in movimento

CORNELIANO  Si riaccendono i motori del furgoncino di Cultura in movimento del circolo Arci Cinema Vekkio di Corneliano. Il progetto pedagogico itinerante non si è fermato nemmeno durante la pandemia, dando vita all’inchiesta on-line Ripartire dalla città. Abbiamo incontrato i principali fautori del progetto (Alberto Contu, Claudio Gorlier, Chiara Tarditi e Oreste Borra), che, insieme al presidente del Cinema Vekkio Giorgio Crana, hanno raccontato le prospettive presenti e future dell’iniziativa.

Come voi stessi suggerite, «dalla protesta alla proposta» potrebbe essere una sintesi efficace per descrivere l’iniziativa. Cosa significa?
«Il movimento del furgoncino nasce come lotta di operatori educativi sconfitti. Per chi opera e lavora nel mondo dell’educazione extrascolastica le condizioni sono pessime, con contratti sottopagati e incerti: il nostro esempio vorrebbe essere una proposta in positivo di come, secondo noi, dovrebbero essere condotte le politiche giovanili, troppo spesso confinate a un parcheggio per ragazzi. Le condizioni lavorative sono spesso proporzionali alla qualità del servizio. Vorremmo dare dignità alla pedagogia sociale, evitando che essa diventi un percorso settoriale nelle mani di pochi. Con un approccio simile operiamo con i ragazzi: lasciamo che esprimano le proprie esigenze, evidenziando gli estremi della protesta; poi pensiamo a un modo di individuare una soluzione, la proposta».

Come procede la ripresa post Covid-19 nel vostro settore?
«Le incertezze sulla riapertura delle attività per minori hanno posto i centri estivi in una situazione difficile. Constatiamo che i servizi essenziali non possono essere garantiti dall’iniziativa privata: anzi, spesso questa intralcia l’esigibilità di tali diritti. La pandemia ha svelato carenze strutturali: i Cam e l’Estate ragazzi sono i principali interventi pedagogici al di fuori della scuola e vengono spesso esaltati come modello di integrazione virtuosa tra pubblico e privato. Ma di virtuoso c’è ben poco. L’intervento pubblico è più che mai necessario: la formazione dei bambini non può dipendere dalle titubanze di soggetti privati. Le istituzioni pubbliche, i Comuni e i consorzi socioassistenziali dovrebbero riqualificare la proposta pedagogica, ponendo gli interessi dei minori al centro e garantendo condizioni di lavoro dignitose. Nel processo di rinnovamento delle attività andrebbero pesati anche i sogni e le esigenze dei ragazzi».

Qual è il vostro modo di lavorare con una comunità di ragazzi?
«Il furgone rosso si ferma nei luoghi frequentati dai giovani: poi, dove si stabilisce un rapporto di collaborazione con le Amministrazioni, svolgiamo il nostro lavoro di pedagogia alternativa. Chiediamo ai ragazzi di fare una mappa del luogo in cui vivono, di spiegarci le loro esigenze ed estrapoliamo i temi più cari. Con il supporto di artisti e professionisti sviluppiamo un oggetto culturale (rap, fumetto, documentario, teatro) e insieme ai ragazzi imbastiamo un discorso politico per incidere sulla propria città. Ci si confronta con il territorio per riappropriarsi di uno spazio in disuso, considerato ideale per la vita dei ragazzi. È quanto è successo con via Cici a San Damiano d’Asti e con il Circolo del Fante a Monticello. È contemplato anche il fallimento e i ragazzi lo sanno. Vogliamo rendere i ragazzi un soggetto politico attivo e promuovere una socialità alternativa che sia libera dalle logiche del successo a ogni costo».

Quest’estate avete lanciato le attività di “Si riparte, ma dove andiamo?”. Di cosa si tratta?
«L’idea di fondo è fornire alcuni strumenti per vivere i paesi in cui abbiamo lavorato: raccontare testi letterari, accompagnati dalla recitazione e dalle illustrazioni, o proporre rassegne di cinema all’aperto nei luoghi riconquistati dai ragazzi. Abbiamo organizzato diverse serate al Fante di Monticello e in via Cici a San Damiano perché è importante che la comunità riconosca la presenza dei giovani. E c’è la nostra inchiesta di strada, ovvero un modo per confrontarci con i ragazzi sugli spazi e sul loro rapporto con essi. Chiediamo che ci venga mostrata una foto che li rappresenti e rappresenti la propria città. A partire da questo cerchiamo di dare il via a un processo di immaginazione del proprio futuro nella città. Infine ci sono le assemblee, nate da una due-giorni a novembre 2019, che era il momento conclusivo dei primi tre anni di Cultura in movimento. L’educazione ha bisogno di tecnica (per questo esistono gli educatori), ma non è settoriale: l’educazione è un bene comune».

Il Cinema Vekkio è una delle undici realtà selezionate da un progetto dell’Arci per diffondere esempi virtuosi di pedagogia in Italia. L’idea è di utilizzare questo progetto anche per promuovere l’esperienza di Cultura in movimento e così esportarne il format educativo.

Federico Tubiello

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