Abbiamo ricevuto molto più di quanto doniamo

PENSIERO PER DOMENICA – XIII TEMPO ORDINARIO – 27 GIUGNO

Dio è il Signore della vita: come leggiamo nel libro della Sapienza (1,13-15) «non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi». Questo è il Dio annunciato da Gesù, in cui noi siamo chiamati a credere. A questo unico Dio noi possiamo però avvicinarci e credere percorrendo strade diverse. Nelle letture della Messa (2Cor 8,9-15; Mc 5,21-43) ne troviamo almeno tre.

Abbiamo ricevuto molto più di quanto doniamo

Una fede intrisa di magia che può diventare fede pura. È il caso della donna che per un momento si prende la scena, a scapito del capo della sinagoga che, venuto a chiedere l’intervento di Gesù, avrebbe avuto tutti i diritti di lamentarsi per quella malata cronica che ne ritardava l’intervento. La fede della donna è tanto povera quanto autentica, cerca il miracolo che può salvarla: dal male fisico e dall’emarginazione sociale. Al tempo di Gesù, erano vietati i contatti con chi aveva perdite di sangue di qualsiasi tipo. Gesù non si ritiene contaminato dal contatto con lei, non la rimprovera per il gesto magico compiuto, ma la guarisce fisicamente, socialmente e spiritualmente. La donna, prima che guarita, è “salvata”: facendola uscire allo scoperto Gesù fa sì che la sua fede magica fiorisca come fede limpida e pura.

La fede pura: quella che resiste alla prova del tempo. Il capo della sinagoga offre un esempio splendido di fede pura: crede che Gesù possa salvare sua figlia di dodici anni, gravemente malata. La sua fede resiste anche ai ritardi dell’intervento di Gesù e, unico nella sua famiglia, persiste nell’atteggiamento, incurante della derisione della gente. La sua, per dirla con Kierkegaard, è una fede paradossale, che sfida l’evidenza: quella di cui avranno bisogno i discepoli per credere nella risurrezione di Gesù. In alcuni momenti della vita ne abbiamo bisogno anche noi.

La fede pratica, che si evidenzia nella solidarietà. La troviamo descritta e raccomandata da Paolo in una pagina che traccia la “teologia della solidarietà”. Incaricato di raccogliere fondi per la comunità di Gerusalemme, che aveva grossi problemi economici, Paolo indica come caratteristiche di una comunità credente la fede, l’ascolto della parola e la carità solidale. La solidarietà ha come obiettivo l’uguaglianza: chi ha di più deve aiutare chi ha meno. La comunità di Corinto, cresciuta grazie ai doni della fede e della Parola ricevuti da Gerusalemme, può aiutare materialmente la comunità-madre in stato di bisogno. Le varie forme di solidarietà sono altrettanti modi di vivere la fede: un riconoscere che tutto è dono, che abbiano ricevuto molto di più di quello che doniamo!

Lidia e Battista Galvagno

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