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Alice Filippi, regista monregalese, ci racconta la sua carriera nel cinema

La regista premiata dall’Anec e finalista ai David di Donatello ha lavorato come aiuto di Verdone, Montaldo, Martone, Veronesi, Marengo, Infascelli, Murphy, Howard, Mendes, Eastwood

Alice Filippi, regista monregalese, ci racconta la sua carriera nel cinema
Alice Filippi sul set impegnata nelle riprese.
Regista monregalese alla Festa del Cinema di Roma
Alice Filippi e Carlo Verdone.

CINEMA Ai David di Donatello dell’11 maggio, tra i cinque finalisti al premio per il miglior regista esordiente c’era Alice Filippi, in corsa con Sul più bello. Ad aggiudicarsi la statuetta è stato Pietro Castellitto con I predatori. Una settimana prima, il 4 maggio, i due avevano ottenuto a pari merito il premio dell’Associazione nazionale esercenti cinema intitolato a Pietro Coccia. Il 22 giugno la regista concorrerà ai Nastri d’argento. Monregalese, classe 1982, diplomata in regia alla New York film academy, era già stata nella cinquina finale dei David di Donatello nel 2019 con il documentario 78-Vai piano ma vinci.

Sul più bello, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma, è il suo primo lungometraggio, tratto dal romanzo di Eleonora Gaggero, scrittrice che nella pellicola recita nel ruolo di Beatrice. Narra la storia di Marta (Ludovica Francesconi) che soffre di una rara malattia genetica e sogna il grande amore. Lo troverà in Arturo (Giuseppe Maggio), ma la coppia dovrà fare i conti con la precaria salute della protagonista. Il film è uscito il 21 ottobre, registrando il primato di incassi proprio nella settimana precedente la chiusura dei cinema; la regista aveva partecipato alla proiezione al Multilanghe di Dogliani, invitata dal gestore Luigi Musso.

«Per emergere serve studio e competenza: il pubblico è esigente, il talento non basta» spiega la regista

Alice Filippi, da dove nasce il desiderio di una carriera cinematografica?

«Il cinema è sempre stato una grande passione ma all’inizio pensavo di dedicarmi al teatro. Lo reputavo una realtà più vicina e simile al contesto di Mondovì. Quel mondo mi sembrava lontano e difficilmente avvicinabile. Ho capito che, specialmente in provincia, per percorrere questa strada ed emergere devi studiare e prepararti, il pubblico è esigente. Il talento, senza la fatica, non è sufficiente».Alice Filippi, regista monregalese, ci racconta la sua carriera nel cinema 1

Quali sono state le sue prime esperienze?

«Come assistente degli artisti al Festival della commedia di Montecarlo ho conosciuto Carlo Verdone, presidente della giuria. L’ho aiutato a districarsi nella manifestazione e, essendosi instaurato un clima di fiducia, gli ho chiesto consigli. Abbiamo dato inizio a uno scambio di e-mail, finché mi ha chiamata: “L’attrice non puoi farla, ma un’esperienza sul set sì”, mi ha detto, e ho lavorato a Il mio migliore nemico. Essere assistente alla regia a Roma mi ha aperto un mondo, non avevo idea di cosa significasse stare dietro le quinte. Era ciò che stavo cercando. Da lì ho continuato a collaborare con lui e altri registi: Giuliano Montaldo, Mario Martone, Giovanni Veronesi, Davide Marengo, Alex Infascelli, Ryan Murphy, Ron Howard, Sam Mendes, Clint Eastwood».

Quando ha compiuto il grande salto?

«Mi sono chiesta cosa volessi fare da grande e ho capito che la regia sarebbe stata la mia strada. Ho frequentato la scuola a New York e ho potuto mettere insieme una troupe e iniziare a realizzare qualcosa. Ho subito pensato alla vicenda occorsa a mio padre, rapito dalla ‘ndrangheta quando aveva 23 anni. Per tutelare me e i miei fratelli, fino a qualche anno fa ne aveva mai parlato. Ho iniziato a cercare un produttore interessato al progetto. Non è stato facile: si trattava di un’opera prima in costume abbastanza costosa. 78-Vai piano ma vinci è stato il mio esordio: narra la fuga di mio padre dai rapitori dopo tre mesi di prigionia ed è stato presentato al Festival del cinema di Torino. L’esperienza mi ha dato più credibilità come regista».

Come nasce la collaborazione con la Eagle pictures per realizzare il lungometraggio Sul più bello?

«Eleonora Gaggero e la casa produttrice cercavano un regista e sono stata selezionata dopo alcuni colloqui. Ero entusiasta e terrorizzata. La storia mi è subito piaciuta, non è scontato che lo sia sempre. Il film lascia anche un messaggio positivo: la protagonista non smette mai di sognare. Per Sul più bello, girato a Torino, ho scommesso su attori giovani e senza grandi esperienze, ma il risultato è stato molto soddisfacente».

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

«Voglio affrontare generi cinematografici diversi perché penso sia importante cercare di diventare una regista poliedrica. In Italia è forte il rischio di restare ancorati a un filone, credo che cambiare sia stimolante. Tra i miei progetti futuri ce ne sarebbe anche uno legato fortemente al Piemonte. Vedremo se riuscirò a realizzarlo. Al momento, comunque, sto già lavorando a un’opera per la quale mantengo il massimo riserbo».

Davide Barile

 

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