Ultime notizie

I peccati dell’umanità e le vittime innocenti

PENSIERO PER DOMENICA – TERZA DI QUARESIMA – 20 MARZO

Impariamo da Gesù a partire da fatti di cronaca. Lui ha commentato la caduta della torre di Siloe (Lc 13,1-9), noi dobbiamo commentare la distruzione di intere città, sotto i bombardamenti, in Ucraina. Ma tutte le letture di questa domenica hanno come tema la presenza di Dio nella storia: com’è che Dio è presente? Oltre a Gesù, a farci da guida c’è Mosè, nel momento chiave della sua vita: l’incontro con Dio sull’Oreb (Es 3,1-15).

I peccati dell’umanità e le vittime innocenti
Mosè e il roveto ardente, miniatura di Jacopo da Balsemo. Bergamo, Biblioteca civica Angelo Mai.

La chiamata a tornare in Egitto gli giunge attraverso un fenomeno strano: un roveto che brucia senza consumarsi. Per indagare Mosè si avvicina. Dal roveto arriva una voce che è quella di Dio. Mosè capisce che di fronte a lui non c’è una delle tante divinità locali, ma «il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe». La voce ricorda a Mosè che Dio non ha abbandonato il suo popolo: ha deciso di intervenire e liberarlo. Per questo però ha bisogno di aiuto: ha scelto Mosè. Il messaggio salvifico è che Dio si interessa di noi. Le parole rivolte a Mosè – «Ho osservato la miseria del mio popolo» – possono essere applicate a tutte le situazioni di disagio e di sofferenza sulla terra. Dio, agisce nella storia, ma attraverso uomini scelti da lui e mandati.

Mosè ha paura di partire. Sa che tornare in Egitto significa rischiare la vita: per questo chiede a Dio il nome. Non per curiosità, ma per avere la possibilità di chiamarlo in caso di difficoltà. Applicato all’oggi, è come se Mosè chiedesse a Dio il numero di cellulare, per invocarne l’intervento alla prima difficoltà. Dio non gli rivela un nome, ma un verbo: «Io sono colui che sono». È un’espressione che, nei secoli, ha fatto scorrere fiumi di inchiostro. L’interpretazione più semplice vede nell’espressione una rassicurazione formidabile che si può tradurre così: «Vai tranquillo! Io ci sono. Io sarò presente accanto a te sempre, senza bisogno che tu mi chiami».

Anche Gesù si lascia interrogare dalla morte di innocenti. Non si allinea con chi vede nelle disgrazie una punizione divina per i peccati. Gesù, a differenza del patriarca di Mosca Kirill a proposito dell’Ucraina, dice chiaro che quei morti non erano più peccatori di altri. Allora perché sono stati schiacciati dalla torre? Alla domanda Gesù non ha risposto. Nemmeno lui ha squarciato il mistero del male e del dolore. Ha invitato alla solidarietà, alla vicinanza a chi soffre, a leggere quegli eventi come monito alla conversione. Questa guerra rivela che siamo tutti un po’ colpevoli: per il mondo conflittuale che abbiamo costruito, per le armi ammassate, o per aver tollerato occupazioni come la Palestina o l’Iraq. Questa guerra cambierà un po’ anche noi? Ci renderà più attenti ai problemi di chi soffre, più costruttori di pace?

Lidia e Battista Galvagno

Banner Gazzetta d'Alba