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Intervista al virologo Roberto Burioni, ospite alla Fondazione Mirafiore

Intervista al virologo Roberto Burioni, ospite alla fondazione Mirafiore
Il virologo Roberto Burioni durante l'incontro alla Fondazione Mirafiore.

SANITÀ Il laboratorio di Resistenza permanente della Fondazione Mirafiore di Serralunga d’Alba ha ospitato, venerdì 11 marzo, il virologo e divulgatore scientifico Roberto Burioni, per una lezione dal titolo “Due anni di pandemia: un incontro inaspettato dell’uomo con la natura”.

Nato a Pesaro nel 1962, dopo la laurea in medicina ha conseguito il dottorato in scienze microbiologiche e virologiche all’università di Genova. In seguito, ha svolto attività di ricerca in diversi atenei statunitensi. Dal 2004 è professore all’università Vita salute San Raffaele. È il fondatore del portale Medical facts e ospite fisso della trasmissione Che tempo che fa.

«Tra me e Alba c’è una cosa in comune: sono cresciuto ad Acqualagna e anche lì c’è il tartufo bianco. Non so dire quale sia il migliore: personalmente, non li so distinguere. I vostri sono posti troppo belli, si mangia e si beve bene: tornarci è sempre una gioia. Il vitello tonnato è ottimo, ma ciò che più apprezzo sono i dolci: la pasticceria piemontese è superiore a quella belga, svizzera e francese» ha dichiarato.

Il punto sui vaccini

Intervista al virologo Roberto Burioni, ospite alla fondazione Mirafiore 2

Entrando nell’ambito sanitario ma restando in Piemonte, la nostra Regione ha avviato, nei mesi passati, un protocollo per le cure domiciliari per il Covid-19. Questo nonostante la comprovata inutilità e dannosità di alcuni dei farmaci prescritti. Anche lei, ricordo, prese posizione contro questa misura.

«In realtà io non prendo mai posizione: semplicemente, registro ciò che dice la scienza. Un farmaco può essere definito efficace o meno soltanto dopo uno studio sperimentato, non a caso. Il cortisone, ad esempio, nelle fasi iniziali non è solo inutile ma dannoso. Da poco, invece, abbiamo a disposizione degli efficaci antivirali e monoclonali, come il Paxlovid. Devono però essere somministrati precocemente. In un momento come questo, in cui la situazione è più tranquilla, bisognerebbe organizzarsi in modo tale che, davanti a una possibile ripresa dei contagi in inverno, si possa essere pronti. I farmaci antivirali, comunque, non devono assolutamente costituire un motivo per non vaccinarsi: sarebbe come viaggiare a velocità scriteriata in automobile confortati dal fatto che, nelle vicinanze, ci sia un ottimo ospedale».

Come sta andando la campagna vaccinale?

«Abbiamo a disposizione dei vaccini di una sicurezza mai vista, che mantengono un’efficacia altissima nel prevenire le forme gravi della malattia. Siamo stati molto bravi, in Europa siamo secondi dietro al Portogallo e, per quanto riguarda le terze dosi, terzi tra i grandi Paesi del mondo. L’Italia ha vaccinato tanto e se la sta cavando meglio di altri. Peccato, però, che ci sia ancora più di un milione di ultracinquantenni non vaccinati. Inoltre, il numero di bambini immunizzati è, purtroppo, ancora basso, nonostante i dati che stanno uscendo parlino di un aumento dei ricoveri infantili con la variante Omicron. Per i minori di cinque anni, per ora, le sperimentazioni non hanno ancora dato risultati soddisfacenti: occorre un po’ di prudenza aggiuntiva».

Come spiega la ritrosia nel vaccinarsi?

«Contro il Papilloma virus esiste un vaccino sicurissimo ed efficacissimo, in grado di prevenire, se somministrato prima dell’età in cui si avranno rapporti sessuali, vari tumori, specialmente quello al collo dell’utero. È, inoltre, completamente gratuito. Il cinquanta per cento dei genitori, però, lo rifiuta. Mai potrei pensare di non dare a mia figlia qualcosa che la renderà libera da un nemico per il resto della vita. Eppure, quando si parla di vaccini, entrano in gioco elementi irrazionali. La chiamerei superstizione. Quasi come dire “il Nebbiolo porta sfortuna, allora non lo bevo”. Poi, magari, gli stessi genitori imbottiscono di antibiotici i figli a ogni raffreddore, pratica molto pericolosa. Per questo, noi medici e scienziati dobbiamo sforzarci di comunicare in maniera efficace».

È necessario divulgare con efficacia

 

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Cosa l’ha spinta a iniziare la sua opera di divulgazione?

«Cominciai nel 2016 perché nel campo dei vaccini c’era grande disinformazione e tassi di adesione da Terzo mondo: la copertura per il morbillo era pari a quella del Gana. Mia figlia aveva quattro anni e, grazie a lei, capii che era giunto il momento di impegnarmi per cambiare qualcosa. Prima, chiunque poteva fare delle sparate antiscientifiche senza contraddittorio: decisi allora di non lasciare più correre nulla e controbattere a ogni occasione».

Sembra che il pubblico fatichi a riconoscere affermazioni scientificamente corrette da opinioni prive di validità.

«Questo è il grande problema dei nostri tempi: viviamo in un mondo dove aver studiato, aver fatto qualcosa ed essere abili è visto come un difetto. “Il professorone”, si dice in tono dispregiativo. Lo stesso vale per un artigiano o un casaro che passa la vita intera a fare formaggio: si pensa, assistendo a un video su Internet, di saper fare alla perfezione ciò che, invece, richiede anni di dedizione».

Come tutelarsi, invece, quando a proporre cure antiscientifiche è un medico?

«In questo caso, deve intervenire l’Ordine dei medici. In Italia, il presidente Filippo Anelli non ha avuto problemi a sbattere fuori i dottori che non si sono vaccinati. È molto grave sfruttare la propria credibilità contro chi non ha gli strumenti per difendersi. Affidarsi alle cure alternative è come, per un pompiere, spegnere un incendio con il cherosene».

Ritiene grave che in alcuni ospedali toscani siano stati aperti ambulatori di omeopatia?

«L’omeopatia è una pratica senza base scientifica e senza una provata efficacia: sono soldi pubblici sprecati, ancor di più in questo momento in cui servirebbero risorse per medici e infermieri. Un preparato omeopatico, purtroppo addirittura detraibile dalla denuncia dei redditi, è semplicemente una caramella allo zucchero. Ho scritto un libro, Omeopatia. Bugie, leggende e verità, che tratta dell’argomento. Poi, se vuole, un sindaco può decidere di pagare come consulente un astrologo. Penso ci sia stata, negli anni, troppa tolleranza nei confronti dell’antiscienza. Speriamo che la pandemia ci abbia fatto aprire gli occhi: se c’è una via d’uscita, è merito degli scienziati seri e di decenni di ricerca».

La pandemia nei prossimi mesi

Verso che fase della pandemia ci avviamo?

«In questo momento c’è lo spazio per un cauto ottimismo, che però non deve farci abbassare la guardia. Siamo di fronte a un virus nuovo, ci siamo dotati di strumenti efficaci ma dobbiamo essere pronti ad accorgerci e intervenire se qualcosa va storto. Potrebbe essere necessaria anche la quarta dose. Dispiace davvero, ma non possiamo prevedere il futuro».

Il 31 marzo sarà revocato lo stato di emergenza. Cosa ne pensa?

«Sono scelte politiche che non commento».

Degli oltre 150mila morti di Covid-19 in Italia, qualcuno poteva essere salvato con misure preventive diverse?

«Mai potremo avere una risposta a questa domanda, anche perché ci siamo trovati di fronte a un’emergenza sanitaria senza precedenti nel mondo moderno. L’unica certezza è che, alla fine, la scienza ha reagito, producendo un vaccino in tempi record».

Davide Barile

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