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Abitare il piemontese: la parola della settimana è piòla

Taverna, trattoria, bettola.

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Possacafé 9

ABITARE IL PIEMONTESE Ciò che suona contrastante in chi ha vissuto a cavallo dei due Secoli, è che negli stessi luoghi in cui l’altro ieri si moriva di fame, oggi le persone vengono (anche da lontano) per mangiare e bere prodotti di qualità. Il piemontese, infatti, vanta un paio di sostantivi di carattere estremamente popolare relativi agli spazi più veraci in cui il cibo veniva e viene consumato.

Cominciamo dalla piòla: c’è chi ama definirla bettola oppure osteria di basso rango, ma nel bene o nel male non possiamo certo metterla a confronto dei locali sbarlugginanti e stellati. La piòla è la trattoria, un locale dedicato a servire pasti, specie ai viaggiatori, non di rado con camere annesse. In quest’ultimo caso si trattava di una locanda a piedi e a cavallo per indicare anche la presenza della stalla e la scelta di dove dormire. Perché si chiami piòla pare motivato da due spiegazioni controverse: la prima parte dalla voce latina picam (pica, gazza); tra i numerosi significati francesi, pie annovera anche quello traslato di vino, bevanda, per l’avidità dell’uccello. Ne conseguono anche pier (bere, tracannare), piot (vino) e piaule (piolle), voce gergale indicante originariamente la taverna. La seconda spiegazione arriva dal fatto che piòla riporti al piolo della scala che conduce alla sala dove pasteggiare, scendendo fisicamente e chissà, anche metaforicamente sull’aspettativa del servizio. Non certo sulla genuinità del cibo e la spontaneità dei proprietari.

L’altra parola è òsto, l’osteria, molto più di un posto dove mangiare e bere. La voce arriva dal latino hospitem (ospite) attraverso il latino medievale hosterium (oste), arrivato al piemontese tramite il francese oste dello stesso significato. L’òsto era il vero centro di socializzazione. A frequentazione prettamente maschile, ce n’era almeno uno in ogni paese: si giocava alle carte, si trattavano gli affari, si litigava, ci si ubriacava o si faceva festa cantando. Gli stati d’animo erano quindi vari e controversi.

Paolo Tibaldi

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