Come si trasforma la famiglia: un piemontese su tre vive solo

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IL REPORTAGE La storia di Adele, 33 anni di Alba, è quella di una madre sola. «Non voglio fare pena a nessuno. Anzi, penso che la mia vicenda sia l’esempio di come ce la si possa fare anche passando periodi duri, solitari e precari».

Nel 2014 Adele era sposata con Antonio. Erano felici, avevano un figlio, Mirko. Spiega la donna: «Le difficoltà lavorative e le famiglie di origine – complesse e con storie di sofferenze alle spalle – hanno esercitato molta pressione su di noi, fino a quando abbiamo deciso di lasciarci. Antonio è partito per Malta, dove lavora nella ristorazione. Io sono rimasta nell’Albese: ho un impiego part-time e, per seguire mio figlio, mi faccio aiutare da un’amica, che ripago come posso, con lavoretti. Al momento, non ho entrate sufficienti e devo affidarmi alla buona volontà di questa ragazza. Non ho una famiglia in grado di supportarmi, perché ho rotto ogni rapporto. La mia vita è molto dura. Lavoro sodo, non ho tempo di uscire né soldi per le vacanze. Mi manca l’energia per leggere o per la spiritualità. Ma ho imparato a meditare mentre svolgo le faccende, a viaggiare con l’immaginazione, ad affidarmi alla vita nella speranza che le cose possano andare meglio. So di essere un tassello di una generazione in affanno; so che molte persone vivono la mia stessa esperienza. Vorrei dire a chi è più fortunato: non compatiteci! Imparate da noi. Siamo quello che voi potreste essere se le circostanze ci scrollassero di dosso qualche granello di polvere per trovare una nuova posizione. È come se fossimo tutti seduti sul dorso di un grande animale annoiato: è sufficiente un piccolo strattone per stravolgere le nostre vite. Ma in questa incertezza troviamo una grande fermezza esistenziale, interiore. Un tempo così tormentato costringe ad arrangiarsi, a essere solidi come la pietra».

NELLA REGIONE

La storia di Adele rimanda a narrazioni più ampie: il concetto di famiglia sta cambiando anche in Piemonte. Da un nucleo tradizionale con due o tre figli in media si assiste a una mutazione di struttura, con fenomeni di frammentazione. La famiglia rispecchia l’incertezza del periodo storico, viene attraversata dalle sue contraddizioni.

Secondo una ricerca pubblicata da Ires (Istituto per le ricerche economiche e sociali) a inizio luglio, con il titolo L’evoluzione della struttura familiare in Piemonte, i nuclei risultano in incremento quantitativo: a inizio 2020, erano un milione e 992mila: il 13% in provincia di Cuneo. Il dato risulta in aumento del 31,6% rispetto a quello del 1971 a causa di un fenomeno di “polverizzazione”: il numero medio dei componenti scende, visto che si fanno meno figli e le coppie “scoppiano” più facilmente rispetto al passato, mentre l’incremento dell’età media produce molti anziani single dopo la morte del coniuge. Inoltre, se la fiducia sociale e la serenità interiore vacillano, ci si percepisce come più soli e meno disposti a costruire legami coniugali o genitoriali.

PICCOLI NUCLEI

Il ricercatore Agostino Cristofalo spiega: «A inizio 2020 le famiglie piemontesi hanno un’ampiezza familiare media di 2,14 componenti, quelle italiane di 2,29. Sia il dato regionale che quello nazionale sono inseriti in un trend decrescente: dal 1971 al 2019 il numero medio di individui per famiglia in Piemonte è passato da 2,88 a 2,14, in Italia da 3,35 a 2,29». In provincia di Cuneo una famiglia è formata da 2,2 persone (sorpassava i 3 componenti nel 1971)».

Inoltre, poco più di un terzo delle famiglie (il 36,8%) risulta monadica, costituita da una sola persona: significa che un piemontese su tre vive da solo. I restanti due terzi delle famiglie comprendono le coppie senza figli (il 22,6%), le coppie con figli (il 27,7%), le monogenitoriali, con madre (l’8,3%), le monogenitoriali con padre (l’1,9%) e le famiglie di due o più nuclei (l’1,3%).

PIÙ INSTABILITÀ

Perché si moltiplicano le famiglie composte da un solo membro? Gli equilibri sociali precari, un’economia incerta, che esclude da molte opportunità occupazionali le nuove generazioni rendono la solitudine una strategia difensiva verso l’instabilità; ma si aggiunge anche una filosofia individualistica a spiegare questa mutazione antropologica. Dice Cristofalo: «Secondo la letteratura, le ragioni dell’aumento di famiglie unipersonali negli ultimi decenni sono riconducibili a un insieme di trasformazioni che riguardano la popolazione nel suo complesso: l’allungamento della vita media ha aumentato gli anni vissuti in vedovanza, soprattutto per le donne. Le regioni del Nord-ovest, poi, presentano persone più anziane. A questo si combinano le crescenti esperienze di vita in solitaria tra i giovani, che escono dalla famiglia d’origine per vivere in autonomia, anche senza un’unione affettiva, costituendo famiglie di un solo membro. Conta, inoltre, la diffusione di separazioni e divorzi, i quali contribuiscono all’aumento delle esperienze di singleness nel corso della vita».

ISTITUZIONI IN CAMPO

La famiglia, dunque, muta nella sua struttura e incorpora la precarietà economica ed esistenziale. Madri e padri faticano, aumentano i divorzi e le separazioni, i nonni sono sempre più anziani e impossibilitati ad aiutare nei compiti di accudimento dei nipoti. Il costo della vita s’impenna a dismisura.

Per venire incontro ai nuclei in questa transizione, la Regione ha appena erogato 4,7 milioni di euro a 370 Comuni. Ad Alba andranno oltre 300mila euro. I finanziamenti verranno dedicati al sostegno degli istituti per l’infanzia, pubblici e privati, con particolare attenzione ai bambini diversamente abili e al pieno utilizzo dei posti esistenti. L’assessore regionale all’istruzione Elena Chiorino ha spiegato: «Si tratta di interventi dedicati alle famiglie, per contrastare la povertà, incentivare le nascite e supportare le mamme lavoratrici. La denatalità in Italia è un tema sottotraccia, ma credo che correttivi importanti debbano essere intrapresi: in attesa che il Governo si attivi, come Regione stiamo avviando gli strumenti a nostra disposizione per potenziare azioni in supporto alle famiglie e a tutti gli amministratori che cercano di mantenere i servizi».

 Matteo Viberti

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