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Ad Alba il centro Viavai accoglie le donne vittime delle violenze (REPORTAGE)

Sette milioni di italiane dichiarano di avere subito violenza nella vita

IL REPORTAGE La violenza contro le donne ha tante forme: non è solo fisica ma anche verbale, psicologica, economica, sessuale. Violenza è altresì esclusione sociale, marginalità e solitudine. È un frantumarsi della rete di supporto umano che lascia la persona in un pericoloso vuoto relazionale. Ancora troppe donne, in Piemonte e in provincia di Cuneo, sono vittime di queste dinamiche. In tutta la Regione, al momento, sono attivi 21 centri antiviolenza (che nel solo 2018 hanno seguito oltre 3.100 persone), 81 sportelli e 12 case rifugio (con circa 100 giovani ospitate ogni anno).

Eppure gran parte del fenomeno rimane sotterraneo, non emerge e dunque non può essere quantificato: la violenza avviene ogni giorno nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle abitazioni e nelle strade. A questo quadro vanno aggiunti i fenomeni “collaterali” come quello della tratta, della prostituzione, del bullismo, del cyberbullismo.

L’AIUTO SOTTO LE TORRI

Ad Alba dietro i riflettori e i palcoscenici più visibili esiste una realtà che ogni giorno lotta per contenere i danni del fenomeno e creare un riparo, un rifugio emotivo e materiale per accompagnare donne sole, o con figli, nel loro percorso di autonomia. Il luogo si chiama Viavai: un social housing gestito dalla cooperativa sociale progetto Emmaus, dal consorzio socioassistenziale Alba Langhe e Roero e dalla Convenzione per la gestione associata dei servizi sociali dell’ambito di Bra. Il progetto è stato realizzato con il contributo della fondazione Crc e il primo luglio ha festeggiato un anno di attività.

Qui vivono persone altrimenti sole: accompagnate dalle operatrici, le donne possono riguadagnare l’ossigeno necessario a ripartire. Dice un’ospite: «Per me questa casa è protezione, appoggio, sostegno. Un luogo dove è possibile soddisfare i bisogni primari: ringrazio le professioniste che mi aiutano con pazienza, per esempio nel preparare il curriculum, ad ascoltare le difficoltà e gestire i problemi. Sono contenta qui. La casa la paragono a un posto sacro come recita un detto del mio paese: “Chi ha costruito una casa è come se avesse costruito una moschea”. Il valore dell’abitazione è paragonabile a quello di un luogo di culto».

13 LE PERSONE ACCOLTE

Le donne accolte in Viavai sono al centro di un progetto individuale, condiviso con gli operatori dei servizi invianti: possono essere coinvolte in percorsi di educazione finanziaria, gestione della casa, istruzione alla convivenza in un condominio, supporto alle capacità genitoriali, aiuto nella ricerca del lavoro, accompagnamento nella fase di uscita dall’housing e nell’individuazione di una nuova abitazione. Tutto si svolge in 7 bilocali e 1 alloggio con 3 camere da letto. Racconta Elena Boccon, coordinatrice del progetto: «Nel corso dell’anno sono state accolte 13 donne (5 vittime di violenza) e 9 bambini. Le permanenze sono state diverse per durata: alcune brevissime, per situazioni di allontanamento dal nucleo familiare, una di queste è durata 10 giorni, altre più lunghe con progetti di autonomia più articolati. Tutte però erano caratterizzate da un’idea di passaggio verso altre soluzioni abitative».

UN SOSTEGNO IMPORTANTE

Quando l’aguzzino ha il volto molto familiare del maritoLe voci delle ospiti si susseguono, costituiscono una trama narrativa fatta di gesti quotidiani, di lotte silenziose: «Per me la casa è come il luogo in cui sono cresciuta: si respira pace, il percorso mi sta aiutando a crescere e soprattutto a gestire lo spazio e la quotidianità. Sono lezioni preziose che mi porterò dietro quando avrò la mia abitazione: oggi sono la persona che voglio essere. Piano piano l’iter di crescita prosegue e, anche se non è ancora finito, questa casa è preziosa».

Aggiunge un’altra: «Sono stata ospite di Viavai, per circa sei mesi ho soggiornato in uno degli alloggi. Come tutti coloro che varcano la soglia di questa casa, ero alle prese con un frangente della mia vita molto doloroso, in cui ho avuto bisogno di chiedere aiuto ma soprattutto di un giaciglio per rigenerarmi. Il personale mi ha accolto con un abbraccio affettuoso e si è mostrato con me e mia figlia sempre disponibile». Secondo la donna, «è importante sapere che c’è sempre qualcuno pronto ad ascoltarti con un sorriso cordiale e porgerti il fazzoletto quando le lacrime solcano incessantemente le guance. Posso dire che la casa e tutti i suoi residenti mi hanno aiutata a ritrovare la forza, la fiducia nella vita, la volizione di riprendermi la mia esistenza, chiudere una porta e proseguire oltre».

Particolare attenzione viene dedicata alla ricerca del lavoro. Infatti, le difficoltà d’accesso al mercato occupazionale sembrano essere al contempo causa e conseguenza della marginalità femminile. Secondo un recente lavoro di Ires Piemonte intitolato Rapporto inclusione e vulnerabilità, uno dei fattori primari nel determinare la condizione di svantaggio vissuto dalle donne residenti nella nostra Regione è il tasso di inattività. Questo parametro, spiegano i ricercatori, «indica persone che si dichiarano non in cerca di occupazione, e dunque esprime la non disponibilità al lavoro. In Piemonte la presenza di donne inattive, sia provenienti da uno stato di disoccupazione, quanto da occupazioni precedenti è molto più elevata rispetto agli uomini».

La vulnerabilità occupazionale può determinare debolezza economica, e in un sistema che ruota interamente attorno alle variabili di mercato la condizione può a sua volta provocare esclusione sociale.

RICOSTRUIRE IL FUTURO

Nel progetto Viavai, per ricostruire il futuro, viene effettuato un lavoro di squadra che coniuga lo sforzo delle ospiti a quello degli operatori. Boccon prosegue osservando come «il ruolo dell’équipe di lavoro assolve diverse funzioni: presidiare la casa, verificarne la cura e manutenzione (anche da parte delle ospiti); facilitare le relazioni tra le donne accolte e con i loro familiari, i servizi e il territorio; stimolare al raggiungimento di obiettivi e autonomie condivisi con gli operatori dei servizi». Fra le funzioni del gruppo di lavoro c’è anche la cura delle relazioni con i volontari, «un bene prezioso a livello locale, in particolare le persone messe a disposizione dalla parrocchia di Cristo Re, come in passato ancora oggi coinvolte attivamente in attività di gruppo e individuali con le ospiti della casa».

IL RUOLO DEI VOLONTARI

Al contributo benefico della parrocchia dedica una riflessione anche Alberto Bianco, presidente di progetto Emmaus: il primo luglio la cooperativa ha festeggiato l’anno di attività del centro Viavai, con dipendenti e volontari, organizzando un aperitivo informale nel cortile della casa: «Il gruppo parrocchiale di Cristo Re è parte integrante della casa per la disponibilità e i servizi svolti a favore delle persone accolte: oggi portano avanti, in autonomia, il momento di ritrovo settimanale con le ospiti». Nel futuro prossimo si vorrebbe «costruire e incrementare una rete con le Onlus sempre più ampia e funzionale alle esigenze della casa».

La storia di Viavai è la stessa di tanti luoghi dalla natura discreta e silenziosa, ma potente: qui si svolgono processi di emancipazione, di liberazione dagli stereotipi e dall’aggressività, dalla manipolazione e dalla prevaricazione. Si allenano capacità di superamento degli ostacoli: si tratta di officine di equità sociale al servizio di un sistema umano differente. 

Roberto Aria

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