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Il Dio di Gesù Cristo non chiede fanatismo e paura

PENSIERO PER DOMENICA – XXXIII TEMPO ORDINARIO – 13 NOVEMBRE

La fine del mondo e l’avvento del giorno del Signore erano temi molto dibattuti al tempo di Gesù. La discussione verteva sul “quando” si sarebbero verificati, su “cosa” sarebbe successo e sui “segnali” indicatori. Tutte le letture odierne – l’intervento del profeta Malachia (3,19-20), di Paolo (2Ts 3,7-12) e dello stesso Gesù (Lc 21,5-19) – hanno al centro questo tema, ma con prospettive e sottolineature diverse: il ribaltamento finale dei valori, la positività del lavoro e l’invito a non perdere la fiducia.

Il Dio di Gesù Cristo non chiede fanatismo e paura
Conversione di san Paolo, di Bonifacio Ferrer (1430). Paolo, da persecutore, è diventato apostolo di Cristo.

Alla fine i valori saranno ribaltati. Il messaggio di Malachia – l’ultimo dei profeti, secondo la collocazione canonica – in linea con la tradizione apocalittica, fa leva sulla paura. Ma sottolinea che la paura non deve essere uguale per tutti: dovranno temere per la salvezza finale «i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia»; non coloro che hanno «timore del nome del Signore». Questi – i poveri, gli affamati, i sofferenti, i perseguitati – non avranno nulla da temere da Dio.

Fanatismo e indifferenza sono due modi sbagliati di guardare alla fine. Paolo invita ad avere uno sguardo più realista e concreto con una affermazione che è diventata proverbiale: «Chi non vuole lavorare neppure mangi». Evidentemente, all’interno della comunità cristiana, c’erano alcuni che, pensando che la fine fosse imminente, ritenevano che ormai fosse inutile lavorare. Un atteggiamento chiaramente fanatico, favorito dalla mentalità greca, con una scarsa cultura del lavoro, considerato attività riservata agli schiavi! Paolo è categorico: noi ci giochiamo la salvezza con l’impegno nel presente, compreso il lavoro. E per rafforzare la tesi non esita a proporre sé stesso come esempio.

Gesù rifiuta di fare previsioni sul futuro. Dimostra di conoscere benissimo quelli che i suoi contemporanei indicavano come i segni della fine. Oltretutto, quando Luca scrive il suo Vangelo, molti di questi eventi si erano già realizzati: pensiamo solo alla caduta di Gerusalemme e alla distruzione del tempio, per non parlare delle persecuzioni che mettevano a rischio la vita dei credenti. Gesù non fa mai leva sulla paura, per attirare gente, ma cerca di alimentare la fiducia e la speranza. Soprattutto, Gesù non fa mai leva sulla paura di Dio: possiamo avere paura di guerre, terremoti e pestilenze, ma mai di Dio. Lui sarà sempre dalla nostra parte.

Lidia e Battista Galvagno

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