Piante tartufigene: scade il 31 marzo il bando per le domande

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ECOLOGIA Scade il 31 marzo la finestra per la presentazione, alla Regione, delle domande per i fondi riconosciuti a proprietari di appezzamenti, per la conservazione degli alberi dai quali nasce il Tuber magnatum pico. Spiega Antonio De Giacomi, presidente del Centro nazionale di studi sul tartufo: «È un esempio virtuoso di utilizzo circolare di risorse economiche nel settore primario. Con i soldi dei tesserini i cercatori permettono alla Regione di creare un capitolo dal quale sono attinte le somme versate agli agricoltori per aiutarli a mantenere gli alberi generatori dei tartufi, a patto che lascino i boschi aperti alla cerca libera».

Diciotto euro l’anno per ogni esemplare è l’ammontare del contributo stabilito da Torino, una quota sottoposta a oscillazioni, «in passato ha spaziato da 12 fino a 24 euro», prosegue De Giacomi. La domanda è solo la prima fase dell’iter per ottenere i fondi, «quest’anno la scadenza del bando è stata ampliata perché le procedure di presentazione sono solo più on-line»: i documenti richiesti devono essere inviati tramite il sito Internet www.regione.piemonte.it, accedendo alla sezione ambiente e territorio. Sono richiesti lo Spid (l’identità digitale), la Carta d’identità elettronica o quella nazionale dei servizi (Cns) per terminarle. E per gli utenti meno “tecnologici” la Regione ha predisposto un ufficio di supporto itinerante, a bordo di un pulmino, presente nei diversi Comuni, secondo un calendario disponibile sul portale dell’ente.

Ogni pratica ha durata quinquennale: terminato il periodo potrà essere rinnovata. Quanti la presentano la prima vota dovranno anche eseguire l’iscrizione all’anagrafe agricola – la banca dati regionale relativa al settore primario – dall’obbligo sono esentati gli agricoltori che siano in possesso del fascicolo aziendale. All’inoltro a Torino segue la comunicazione al Comune interessato di mappali ed esemplari segnalati, ma l’ultima parola su quali ammettere ai contributi spetta «alla commissione agricoltura integrata da due trifolao».

Il rigore delle pratiche burocratiche si unisce a conoscenze tramandate oralmente: il sapere dei cercatori identifica le aree tartufigene, e le richieste vengono approvate o meno. «Da anni la Regione ha anche disposto controlli a campione sugli esemplari».

Davide Gallesio

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