Rodello dall’antichità al Cinquecento: le vicende storiche di un paese

Il volume a cura di Walter Accigliaro con le fotografie di Pierangelo Vacchetto e i lavori di Beppe Marengo offrirà uno studio approfondito anche sull'arte, la toponomastica e il territorio

 2

LIBRI È un esercizio difficile immaginare quale potesse essere l’aspetto del paesaggio agrario e boschivo nei secoli passati. Ancor più complesso è pensare a com’erano i centri abitati, soprattutto se la storia è ancora da scrivere. Per molti paesi dell’Albese sono stati portati a termine degli studi: a Rodello il momento è questo. Da mesi, Walter Accigliaro sta mettendo insieme materiale utile per la pubblicazione di un libro: Rodello. Storia, arte, territorio. Dice il sindaco Franco Aledda: «Crediamo molto nel progetto, che una volta ultimato permetterà di rispondere a molti quesiti. Come per il libro del Gruppo fotografico albese, edito nel 2019, lo presenteremo ad Alba nel Palazzo mostre e congressi, presumibilmente non prima di febbraio 2024. Per ora, l’impegno economico è totalmente a carico del Comune, ma stiamo verificando la possibilità di ottenere dei contributi».

Secondo Accigliaro, «è venuto alla luce un patrimonio storico ricchissimo, a partire dalla preistoria. Per questo, abbiamo deciso di iniziare con un primo volume, dall’età preromana al Cinquecento. Come per lavori precedenti, ogni affermazione dovrà essere documentata e trovare riscontro nelle fonti. In circolazione, purtroppo, ci sono già troppi libri basati sul pressappoco. Gli unici ad aver scritto qualcosa di serio sulla storia di Rodello furono il canonico Boarino a metà del Novecento e Francesco Sobrero (sindaco di Alba e deputato negli anni Settanta), il quale pubblicò alcune puntate di storia locale sul bollettino parrocchiale». Pur mantenendo il rigore storico, il volume in preparazione sarà reso più accattivante «da numerose fotografie di Pierangelo Vacchetto. Alcune, riguardanti cascine e luoghi storici, saranno riprese con i droni. Pierangelo ha fotografato anche i documenti ritenuti di grande interesse. Per quanto riguarda l’archeologia, in località Spessa fu trovata un’ascia neolitica, ai Caramelli e a Casa nuova frammenti di una lapide Romana; mentre in un vigneto ancora non ben identificato, appartenente al dottor Defilippi, una moneta dell’imperatore Adriano. Parliamo, comunque, di scoperte di circa un secolo fa».

Località Spessa, dove fu rinvenuta un’ascia neolitica.

La prefazione sarà redatta da don Valerio Pennasso, mentre due capitoli del libro saranno curati da Beppe Marengo, appassionato di storia locale: Toponimi e proprietari salienti nel catasto cinquecentesco di Rodello e L’agricoltura a Rodello dal tardo Medioevo al Cinquecento e le cascine storiche. «Il catasto dell’epoca non era basato su mappe, era un elenco con i nomi dei proprietari, le terre possedute e alcuni punti di riferimento. Alcuni toponimi, come Feye. Paroldo e Bastia, sono di difficile individuazione e tanti cognomi dell’epoca non sono considerati dagli abitanti più anziani come tipicamente rodellesi» spiega Marengo.

Molte le scoperte già venute a galla, a partire dai primi nuclei abitativi: «I Romani cercavano luoghi facilmente accessibili, privilegiando pianori coltivabili con presenza di falde acquifere. Il primo incastellamento, fino all’ottavo secolo dopo Cristo, riguarda la borgata Buschea. Un luogo dal fascino stupendo, vi era anche una chiesa dedicata a san Martino, anche se non siamo ancora riusciti a individuarne l’esatta ubicazione. La Buschea, situata su una collina più alta che l’attuale concentrico di Rodello, fu poi abbandonata e ricoprì, nei secoli successivi, importanza solo dal punto di vista agricolo» racconta Accigliaro.

Borgata Buschea oggi, ripresa dal drone.

L’attuale centro di Rodello «si afferma definitivamente attorno al decimo secolo. Il ricetto, ossia il nucleo più elevato della villa medievale, era situato nella parte dove ora ci sono comune, parrocchiale e scuole. C’era un castello e c’erano le mura lungo un percorso che oggi si snoda tra via Roma, via Statuto, via Umberto I. Così appare ancora delimitato nella mappa napoleonica di François Thealdi, una delle poche rimaste sui paesi di Langa».

Particolare della mappa del periodo napoleonico.

Non solo: se da via Roma la difesa naturale era l’acclive ripa boschiva sottostante, «nella restante parte vi era un fossato. Ne abbiamo la prova grazie a un fatto di sangue occorso nel 1245: del processo vi è notizia nel Rigestum communis Albe». La vittima si chiamava Oberto Rosso di Folcemagna o Focemagna, «ucciso da tre rodellesi “tunc laborantem in fossatis comunis ville Rodelli” ossia “quando l’ucciso lavora nel fossato comunale del borgo rodellese”. La sentenza del podestà albese Rufino Gambarino prevede una pena pecuniaria per i padri dei condannati e l’allontanamento perpetuo dei tre dalla città e dal distretto, “secundum formam statutj Albe”. Considerando la gravità dell’azione criminale, giudicata premeditata, le pene furono relativamente lievi, forse perché gli assassini erano molto giovani. I moventi sono ignoti».

In conclusione del volume, è previsto l’elenco dei vescovi di Alba dal quarto secolo al 1604 e dei parroci rodellesi dal quindicesimo secolo al 1605.

Davide Barile

Banner Gazzetta d'Alba