A San Benedetto Belbo, l’esistenza al Bôgiôn cit

A San Benedetto Belbo, l’esistenza al Bôgiôn cit

SAN BENEDETTO BELBO «Spero che la mia storia possa essere utile ad altri giovani e ad altre famiglie che sognano uno stile di vita diverso, a contatto con la natura». Ivo Boggione sorride con la moglie Silvia Reyneri. Insieme a loro, ci sono i tre figli: Letizia, 15 anni, che frequenta il liceo scientifico a Ceva, Margherita, 12 anni, e Piergiorgio, 11. Bôgiôn cit è il nome della loro azienda agricola, che si trova a San Benedetto Belbo.

«Più che un’azienda, preferiamo definirci una “famiglia agricola”: rende meglio l’idea della nostra vita in alta Langa», dice Ivo, originario di Monforte. Qui, tra le colline con i filari ordinati, i Boggione hanno vissuto fino a dieci anni fa: «Il nostro percorso è iniziato a piccoli passi. Dopo aver lavorato come operaio agricolo nelle vigne del Barolo, nel 2010 ho tentato una strada nuova: sono partito con 2 alveari e 3 capre, con l’idea di impegnarmi in questo mestiere nel modo più rispettoso possibile, secondo i ritmi autentici. Per anni, per mantenere l’attività agricola, io e mia moglie abbiamo portato avanti il nostro lavoro part-time: è stato impegnativo, perché i bambini erano piccoli. Poi, mentre gli alveari e le capre aumentavano, nel 2013 abbiamo deciso di spostarci a San Benedetto, in una cascina in pietra di Langa. Finalmente, dal 2016, il lavoro agricolo è diventato la nostra attività principale».

A San Benedetto Belbo, l’esistenza al Bôgiôn cit 1Il nome dell’azienda è il soprannome del padre di Ivo, Nando, contadino di San Sebastiano di Monforte: in italiano, vuol dire “Boggione piccolo”, perché era il minore di undici fratelli. «Ci piace anche per un altro motivo: anche noi vogliamo essere cit, piccoli, in un mondo dove tutti aspirano a crescere senza misura».

Oggi le capre sono 60, gli alveari 160. Le capre, di notte e durante la stagione invernale, vivono nella stalla: in estate, Ivo ha scelto il pascolo estensivo, senza recinzioni, con l’ausilio del cane da conduzione del gregge. Con il latte crudo nel caseificio dell’azienda viene prodotto il formaggio, stagionato nei tradizionali crutìn. Per quanto riguarda gli apiari, alcuni sono stanziali e altri sono nomadi, tra l’alta Langa e la Val Varaita, da dove viene Silvia. Così si ricava il miele biologico, l’altra fonte di reddito insieme ai formaggi.

A marzo dello scorso anno la famiglia ha acquistato uno spazio vicino all’azienda, ora in fase di ristrutturazione secondo i principi della bioedilizia, anche grazie ai contributi messi a disposizione da un bando del Gal Langhe Roero, che ha inserito in graduatoria il progetto: «Abbiamo pensato di realizzare una fattoria didattica, per trasmettere i valori su cui basiamo la nostra attività: progettiamo esperienze per i turisti, le famiglie, le scuole, ma anche i ragazzi dei licei e delle università interessati a comprendere che cosa significhi in concreto allevare capre o condurre un alveare, portando avanti saperi trasmessi da generazioni: oggi si parla molto dei danni che causa l’allevamento, ma credo che la vera differenza stia nel modo in cui viene praticato».

Conclude Ivo Boggione: «Le nostre giornate trascorrono serene tra la stalla, i prati e gli alveari, passioni che condividiamo con i nostri figli: non avremmo potuto realizzare il nostro progetto in un luogo diverso da San Benedetto. Anche se si fanno sacrifici, tornare a vivere nei paesi è un’occasione preziosa anche per l’intera comunità».

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Giulia Parato

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