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Amore e perdono: due vette con la giustizia per base

PENSIERO PER DOMENICA – VII TEMPO ORDINARIO- 19 FEBBRAIO

È facile fare della poesia sulla pagina odierna di Vangelo (Mt 5,38-48), dimenticando che l’amore al nemico è una vetta comportamentale rarissima, praticamente irraggiungibile con le sole forze umane. In realtà sia il brano del Levitico (19,1-2.17-18) che il passo evangelico offrono spunti molto concreti, con cui possiamo confrontarci.

Amore e perdono: due vette con la giustizia per base
Trinità, affresco del ’400, Asti, collegiata San Secondo. Nell’amore trinitario la vetta della perfezione cristiana.

Il vertice dell’amore umano era già presente nella Legge mosaica, nel passo del Levitico che ci offre il ritratto di una comunità ideale. Questa ha alla base la giustizia. L’autore sacro, prima di esemplificare alcuni comportamenti giusti, ci ricorda che una comunità giusta è già immagine di Dio, santa come lui. Essere santi è non covare odio, che non significa non provare rabbia e voglia di ribellarsi, ma non lasciare che l’odio prenda dimora stabile nella nostra mente. Essere santi come Dio significa cercare di correggere chi sbaglia, resistendo alla tentazione della vendetta. Questi e altri comportamenti si riassumono nel comandamento avvalorato da Gesù come la sintesi della Legge: «Amerai il prossimo come te stesso».

Gesù dice che si può andare oltre. Questo “oltre” ha due nomi: perdono e amore al nemico. Si tratta di due vette che però presuppongono una base. Le possiamo paragonare alla vetta del Monviso, in queste giornate di inverno coperta di neve. Si staglia con tutta la sua meraviglia sulla base delle Alpi. La base delle due vette indicate da Gesù è la giustizia, senza la quale il perdono non ha fondamenta: non può durare. Di perdono ha parlato papa Francesco in Sud Sudan, uno dei Paesi insanguinati dalla guerra. Ha definito il perdono “il sale” che può disinfettare le ferite e favorire la cicatrizzazione. Anche qui niente poesia: il sale brucia; offrire l’altra guancia fa male, chiedere perdono, anche a una persona cara, fa male! Ma solo disinfettando una ferita si può favorirne la guarigione. Gesù, che è venuto per curare le nostre ferite, ce lo ricorda, ci indica come fare.

L’amore al nemico è l’Everest delle relazioni umane. Pochi possono scalare un 8mila e solo dopo molto allenamento. Ai discepoli Gesù chiede di guardare a questa vetta e tenersi allenati. Sperando di non trovarci mai nelle condizioni di dover fare un atto di amore verso un nemico che ci ha fatto molto male. Pensiamo sia giusto pregare per non dover sopportare una prova del genere. Poi per chiedere la forza di affrontarla, all’occorrenza. Certo qui sta la “differenza cristiana”. Per questo ammiriamo le persone che, sull’esempio di Gesù, ne sono state capaci.

Lidia e Battista Galvagno

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