Cos’è successo alla casa di riposo a Cherasco secondo il presidente della cooperativa Gesac

Cos’è successo alla casa di riposo a Cherasco secondo il presidente della cooperativa Gesac
Foto di repertorio

LETTERA AL GIORNALE Gentile direttore, sono rimasto basito e incredulo leggendo l’articolo pubblicato on-line e sull’edizione cartacea del suo giornale con il titolo “Casa di riposo di Cherasco: reintegrato un dipendente ma è ancora incerto il futuro occupazionale della cucina”.

L’estensore dell’articolo non ha potuto verificare la notizia con la cooperativa Gesac, né tantomeno con il medesimo, presidente della società, per quanto pubblicato e si è esclusivamente limitato a dar conto a quanto scritto nel comunicato inviato dall’organizzazione sindacale. Al contrario, quindi, la cooperativa che presiedo, ha assoluta disponibilità e intenzione di voler fornire la propria versione dei fatti.

Ciò premesso, faccio presente che la Gesac è una cooperativa sociale che opera da più di trent’anni in provincia di Cuneo. Offre servizi di assistenza, ristorazione e pulizie e attualmente impiega oltre 480 lavoratori, di cui 38 soggetti svantaggiati certificati, nove tirocini di inserimento e oltre venti liberi professionisti, garantendo in questi 30 anni stabilità lavorativa, crescita e riscatto sociale.

Nel merito della casa di riposo di Cherasco, la cooperativa Gesac gestisce in modo autonomo il servizio di ristorazione e nella cucina ha alle proprie dipendenze cinque lavoratori. Nei mesi scorsi il lavoratore Sampò Luca – tramite il proprio legale di fiducia – ha comunicato la sua indisponibilità a svolgere determinate mansioni.

Come era doveroso, la cooperativa, preso atto delle condizioni lamentate dal dipendente e della diffida che ci aveva rivolto ad adibirlo a determinate mansioni, lo ha sottoposto a sorveglianza sanitaria e il medico competente, come previsto dalla legge, lo ha inviato a visita presso commissione medica pubblica (Cto di Torino).

Nel frattempo, è stato sospeso in attesa del giudizio definitivo di idoneità o inidoneità dell’autorità competente. È dunque scorretto parlare di illegittimità della sospensione, trattandosi al contrario di un provvedimento perfettamente corretto adottato nell’interesse e a tutela della salute e incolumità del lavoratore.

Appena giunta la decisione della commissione medica pubblica (Cto di Torino) che ha accertato l’idoneità del lavoratore, la cooperativa Gesac ha immediatamente revocato (di sua iniziativa) il provvedimento di sospensione.

Non corrisponde quindi al vero che il Tribunale di Asti abbia in qualche modo adottato alcun provvedimento nei confronti della cooperativa Gesac ed è assolutamente falso e scorretto parlare di “reintegro” del lavoratore: non vi è stato nessun licenziamento, né mai un giudice si è pronunciato in tal senso.

Vero è invece che proprio avanti al giudice del lavoro del Tribunale di Asti, la cooperativa si è resa disponibile a un confronto che ha portato a una conciliazione delle questioni con la sottoscrizione, anche da parte del lavoratore e del suo legale di fiducia, di un verbale di accordo di definizione di ogni questione.

Ancora una volta devo sottolineare come sia falso e non corrispondente alla realtà indicare che vi sia stato un ricorso presentato dal sindacato Sicobas, né che la cooperativa «ha poi dovuto far riprendere l’attività lavorativa del dipendente ingiustamente colpito». È il dipendente dichiarato idoneo che ha il dovere di prestare la propria attività lavorativa.

Da ultimo mi pare del tutto avventato, oltreché screditante e offensivo, parlare di incertezza del futuro occupazionale della cucina di Cherasco per il cui servizio la Gesac ha sempre ricevuto la fiducia e l’apprezzamento della committenza. In ogni caso da parte della cooperativa Gesac vi è l’impegno a continuare a lavorare in modo corretto e professionale come ha sempre fatto e a garantire il futuro occupazionale dei propri dipendenti e delle loro famiglie, forse così non è per il sindacato e per il suo iscritto.

Marco Didier, presidente Gesac

Gentile presidente, prendiamo atto delle sue precisazioni. Quello di cui ci rammarichiamo è che per precisare le venti righe del nostro giornale ne ha dovute impiegare il triplo. E glielo avremmo benissimo risparmiato se solo qualcuno di Gesac si fosse degnato di rispondere alla nostra collaboratrice che ha chiamato più volte alla casa di riposo di Cherasco, chiedendo che le passassero qualcuno in grado di rappresentare la Gesac (se vuole possiamo fare un riscontro sui tabulati telefonici). Non solo, ma una volta raggiunto dalla nostra collaboratrice, lei prima ha accettato il confronto, ma poi ha fatto telefonare dall’avvocato. Ovviamente la collaboratrice si è basata su quanto scritto dal sindacato, ma non ha potuto avere un confronto con la controparte e tutto ciò non certo per colpa nostra, come abbiamo riferito ai lettori. Purtroppo questa è la seconda o terza volta che succede, segno che c’è una prassi consolidata a evitare il confronto e soprattutto a evitare che venga informata l’opinione pubblica di quanto succede. Salvo poi intervenire intimidendo i nostri collaboratori con gli avvocati e infarcendo le richieste di smentita con accuse di falsità che respingiamo categoricamente, almeno per quanto riguarda il nostro operato. Se qualcosa avete da far presente ai sindacati, rivolgetevi a loro direttamente. Alla sua cooperativa, come ai tanti lavoratori e soprattutto ai degenti della casa di riposo i migliori auguri.

Cos’è successo alla casa di riposo a Cherasco secondo il presidente della cooperativa Gesac
Foto di repertorio

 

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