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Tra dodici anni solo veicoli a batteria (L’INCHIESTA)

Tra 12 anni solo veicoli a batteria (L'INCHIESTA)

BENZINA E DIESEL La neutralità climatica nel 2050 è l’obiettivo che insegue l’Unione europea e, pochi giorni fa, ha deciso un ulteriore passo in tale direzione, approvando in Parlamento, con 340 voti favorevoli, 279 contrari e 21 astensioni, il divieto di vendita per auto e furgoni che emettono Co2 a partire dal 2035. Non solo benzina e diesel, ma saranno fuori gioco tutte le motorizzazioni inquinanti. Simili piani strategici sono previsti per i trasporti aerei e marittimi.

Il provvedimento appare radicale ma è una tappa attesa, conseguente alle norme già previste per ridurre l’impatto ambientale: prima del bando arriverà la categoria Euro 7, in vigore dal 2025, e la successiva riduzione del 55% delle emissioni a partire dal 2030. In agenda, nel 2026, c’è anche la valutazione sui motori ibridi e sugli eco-carburanti.

Tra 12 anni dagli autosaloni scompariranno i veicoli nuovi con motore termico ma gli attuali provvedimenti non toccano i veicoli già su strada e neppure la compravendita di veicoli d’occasione alimentati a benzina o diesel. Il ragionamento fatto in sede europea è semplice: la vita media di un’auto è attorno ai 15 anni, di conseguenza l’ultima vettura immatricolata nel 2034 terminerà il suo ciclo di vita proprio alla soglia dell’ambiziosa scadenza del 2050.

Oggi la direzione è tracciata verso i veicoli elettrici a batterie, mentre la conversione dell’idrogeno in elettricità, nonostante sia stata utilizzata negli anni Sessanta dalle missioni Apollo dirette verso la Luna, è ancora molto costosa. Tuttavia serve una rivoluzione nel modo di pensare la mobilità personale e, soprattutto, bisogna capire che la «decisione folle e sconcertante», come è stata bollata da alcuni esponenti del Governo, è inevitabile. Produttori e tecnici sono al lavoro per arrivare puntuali alla scadenza del 2050. 

Giulio Segino

Il campione Dindo Capello: «Un cambiamento epocale»

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Dindo Capello sull’Audi r18 e-tron, l’ultima vettura che ha guidato a Le Mans e la prima ibrida introdotta dall’Audi nell’endurance

L’INTERVISTA Tre volte vincitore della 24 ore di Le Mans, la gara automobilistica di durata più celebre al mondo, il santostefanese Rinaldo “Dindo” Capello guida il gruppo Audi Zentrum delle concessionarie di Alba, Asti, Cuneo e Alessandria del marchio tedesco. Lo abbiamo contattato per conoscere meglio come vede il futuro del settore automobilistico, sfruttando la sua doppia veste professionale e sportiva. «Da imprenditore, vedo che anche noi stiamo vivendo questi cambiamenti in modo altalenante, perché sembra ancora tutto in anticipo rispetto a quello che dovrebbe succedere. Da appassionato e utente invece mi viene un po’ difficile pensare a un cambio così epocale», esordisce.

Se il futuro sarà elettrico, ora questa soluzione non risponde ancora a tutte le esigenze e il core business delle case automobilistiche rimane quello dei veicoli a benzina o diesel: «Considero la mobilità elettrica una tecnologia in più che mettiamo a disposizione. Se parliamo di un agente di commercio che percorre centinaia e centinaia di chilometri al giorno, oggi onestamente non fa per lui. A chi invece per lavoro fa al massimo 200 o 350 chilometri, e magari ha la possibilità di poter ricaricare con l’impianto fotovoltaico, è perfetta».

Dopo i primi timidi inizi, sempre più persone passano all’elettrico, nonostante alcune difficoltà: «Le vendite sono cresciute in maniera importante negli ultimi tre anni, ma i tempi di consegna sono i più alti per noi: per una Audi Q4, che è la nostra entry level pur avendo un prezzo di 50mila euro, c’è da attendere più di un anno. Le richieste comunque crescono e io, personalmente, da novembre guido tutti i giorni una vettura elettrica, l’Audi e-tron Rs Gt, con la quale ho già fatto 10mila chilometri: ho voluto provare per poter dare un’opinione il più onesta possibile ai clienti».

Cinque volte vincitore sul circuito di Sebring in Florida, Capello non nasconde pregi e difetti del suo bolide da 650 cavalli: «Il tallone d’Achille è l’autonomia, per tutto il resto è una macchina da cui non scenderesti mai. Faccio 100 chilometri al giorno e per me è l’ideale, ma mi ritengo fortunato perché posso usare un’altra vettura per i viaggi lunghi: chi dispone soltanto di un’auto elettrica deve avere una vita cadenzata e programmata». Perciò il consiglio del santostefanese per chi vuole provare è «di non comprare la macchina, ma di noleggiarla, perché le accelerazioni così repentine nella tecnologia costruttiva fanno in modo che il modello successivo della stessa vettura, tra qualche anno, avrà 200 o 300 chilometri di autonomia in più, a fronte di un deprezzamento importante sul mercato dell’usato del vecchio modello».

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Il pilota santostefanese sul prototipo elettrico Audi e-tron Vision gt

E l’ibrido può rappresentare una valida alternativa?

«È una tecnologia che potrebbe essere l’anello di congiunzione, ma servono passi in avanti per far sì che i consumi in modalità endotermica siano buoni e che il chilometraggio in full eletric sia migliore di quello attuale: vedendo i progetti futuri di Audi, le prospettive possono essere positive».

I carburanti più ecologici potrebbero essere alternativi a diesel e benzina? 

«Credo molto nell’ecofuel e spero che i suoi risultati possano far cambiare i progetti, anche perché se l’obiettivo di zero emissioni di Co2 si può ottenere con tecnologie diverse dall’elettrico ben venga: manterrebbe inalterate tante aziende italiane». Grande preoccupazione per l’imprenditore è legata infatti alle realtà piemontesi: «Onestamente non mi spaventa che nel 2035 si passi all’elettrico, perché sono convinto che ci saranno le colonnine, le infrastrutture e l’energia a disposizione per far sì che questo cambiamento avvenga, il problema è la transizione e il rischio di perdere posti di lavoro, soprattutto nella nostra regione che ha fatto la storia dell’automobile: da appassionato, questo mi fa male».

 Lorenzo Germano

Un giorno con l’elettrico: buone sensazioni e tanto comfort

Tra dodici anni solo veicoli a batteria (L'INCHIESTA)

Fabio Gallina, giornalista di Gazzetta d’Alba, ha avuto modo di provare una vettura completamente elettrica. Ecco come è andata.

La mia avventura con l’auto elettrica è stata una toccata e fuga, data la necessità di avere una vettura di cortesia il giorno che il mio abituale mezzo era fermo in officina per il tagliando. I primi chilometri fatti da Alba a Santo Stefano Belbo non li dimenticherò facilmente, avvolto nel silenzio di interni avveniristici con comandi degni più dell’astronave Enterprise che di una vettura tradizionale. Pur avendo un’esperienza piuttosto collaudata, con più di trent’anni di patente, non avevo mai visto nulla del genere. L’impressione iniziale è stata un mix tra stupore e meraviglia, credo come tutti coloro che salgono per la prima volta su un’automobile elettrica, amplificata dal fatto di avere tra le mani una vettura con un’autonomia di oltre 500 chilometri e una potenza ipotetica di 300 cavalli in grado di scattare da zero a 100 chilometri l’ora in poco più di sei secondi.

Toccare con mano le prestazioni di un’auto elettrica è stato davvero divertente, sia muovendosi nel congestionato traffico cittadino, sia nel saliscendi delle colline di Langa, dove si possono avere grosse soddisfazioni in quanto l’auto non ha alcun tipo di timore reverenziale nei confronti delle strade in pendenza e la tenuta sui tornanti mi è parsa ottima, con la vettura che rimaneva ben piantata sulla carreggiata anche a velocità sostenuta. Nella discesa, invece, è emerso quello che rimane, a mio avviso, il difetto più grande, ossia la cosiddetta frenata rigenerativa, che ai fini dell’autonomia appare praticamente inesistente mollando il piede dall’acceleratore e non consente una significativa ricarica della batteria. Le altre note dolenti arrivano leggendo il prezzo di listino della vettura e i consumi reali, anche se per la ricarica a una colonnina rapida sono bastati dieci minuti per aggiungere 130 chilometri di percorrenza e circa un’ora per arrivare alla carica massima.

L’abitabilità durante il viaggio è uno dei punti forti dell’auto elettrica che ho provato, con davvero molto spazio per le gambe dei passeggeri posteriori. La carrozzeria con tetto ribassato non penalizza il volume del bagagliaio che, con 535 litri totali, ne guadagna 15 nei confronti di un modello analogo alimentato a benzina o gasolio, poiché parte del vano non è occupato dal serbatoio. Tra i pregi maggiori rimane sicuramente
il comfort, con un abitacolo ben isolato dai sobbalzi provocati dalle buche e dai rumori esterni, un moderno cruscotto digitale con gli strumenti ben leggibili e una guida piuttosto agile e scattante.

Fabio Gallina

In Italia ricaricare si può

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INFRASTRUTTURE In Italia, a fine 2022, ci sono 21mila distributori di carburanti fossili contro 14mila località in cui sono attivi oltre 36mila punti di ricarica per auto elettriche o ibride: riempire gli accumulatori sta diventando sempre più agevole, anche se il parco auto non si sta popolando velocemente come sta facendo la rete di distribuzione.

In un anno le colonnine sono salite del 41 per cento, mentre le immatricolazioni hanno visto le elettriche e le ibride plug-in restare all’8,8% nel numero di immatricolazioni. La preferenza degli automobilisti è per le ibride leggere (che pagano poche tasse e hanno grande autonomia grazie al motore termico), salite al 34% dei nuovi acquisti, con i veicoli a benzina che rappresentano il 28% del mercato, il diesel che arriva al 20 e il gas al 9%.

In totale, su oltre 39milioni di auto in circolazione, quelle completamente elettriche sono appena 170mila, mentre quelle ibride superano già il milione di esemplari.

Secondo Motus-e, associazione di settore che monitora la mobilità sostenibile, nel nostro Paese ci sono 22 punti di ricarica ogni 100 veicoli totalmente elettrici, molto meglio di Francia e Inghilterra, mentre nei Paesi Bassi ogni 100 auto ci sono 35 colonnine. La rete, però, non è distribuita in modo omogeneo, tant’è che il 58 per cento di tutti i punti di ricarica sono nel Nord, con la Lombardia che, da sola, ne conta il 16%, seguita da Piemonte e Veneto con l’11%, Lazio ed Emilia-Romagna con il 10% e Toscana all’8%. Anche la rete autostradale è ancora limitata, con 496 punti lungo i 7.300 chilometri di asfalto. Le grandi città la fanno da padrone: a Roma, Milano e Torino un’auto elettrica dispone di oltre mille punti di ricarica nell’arco di 10 chilometri. Secondo lo studio di Motus-e, tra Alba, Bra e Asti la densità di colonnine sfiora le 200 unità nel raggio di 10 chilometri, mentre sulle colline si scende a una decina. 

Giulio Segino

I dubbi dell’industria: ci saranno ricadute ad ampissimo raggio

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Andrea Corniolo dell’ufficio sicurezza ambiente ed energia di Confindustria

I PRODUTTORI Parecchio scetticismo e un appello alla concretezza: così Confindustria, che rappresenta le aziende del comparto automotive, ha accolto la decisione dell’Unione europea di bloccare dal 2035 la vendita dei veicoli a motore termico, alimentati a diesel e benzina. In provincia di Cuneo, i dati forniti dalla Camera di commercio e aggiornati al terzo trimestre 2022 indicano un settore piuttosto dinamico, con 74 aziende che fanno parte del comparto; 8 si occupano della fabbricazione di autoveicoli, 26 di carrozzerie, rimorchi e semirimorchi, 9 della fabbricazione di apparecchiature elettroniche, 2 della realizzazione di sedili e 29 delle altre parti e degli accessori.

A livello nazionale, è intervenuto Giuseppe Ricci, presidente del settore energetico dell’associazione degli industriali, che ha sottolineato i rischi di un approccio unicamente focalizzato sulla mobilità elettrica, per via di un comparto dell’automobile a oggi immaturo da questo punto di vista, ma anche per la sostenibilità sociale ed economica di un cambiamento di questa portata.

Per Confindustria Cuneo parliamo con Andrea Corniolo, responsabile dell’ufficio sicurezza ambiente ed energia: «Non disponiamo ancora di dati locali per analizzare l’impatto che una simile conversione avrà sul settore, ma si tratterà di un cambio di paradigma drastico, con ricadute non solo sulle industrie produttrici di autoveicoli, ma anche sull’intero ramo della componentistica».

Il settore è pronto a convertirsi del tutto alla mobilità elettrica?

«Rispetto ai sistemi attuali di produzione, sarebbe necessario attuare un cambiamento totale, difficile da immaginare per l’immediato. Per le aziende, sarà importante la formazione degli addetti. Dall’altro lato, si dovrà lavorare sul concetto stesso di riconversione, in linea con la normativa ambientale».

Per Andrea Corniolo si rischia un’eccessiva semplificazione: «Puntare sull’azzeramento delle emissioni e sulla sostenibilità è importante, come dimostrano anche i miglioramenti già apportati dalle aziende in questa direzione, ma il concetto stesso di transizione energetica deve essere affrontato ad ampio raggio, per capire l’impatto concreto».

C’è poi un’ultima questione: «Oggi la rete elettrica di ricarica, in Italia, è del tutto insufficiente: dal momento che risulta difficile pensare a un cambiamento incisivo nei prossimi dieci anni, è chiaro che parliamo di una decisione, ora, poco attuabile».

 Francesca Pinaffo

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