Quando i partigiani si rifugiavano nel ciabòt

Quando i partigiani si rifugiavano nel ciabòt

CASTAGNITO Tra i filari di Nebbiolo e Arneis della vigna alla Costa, la famiglia Massucco di Castagnito ha un ciabòt. È un edificio piccolo, quadrato, costruito nel 1940 da Giuseppe ed Evelina trasportando su un carro trainato da una mucca rossa mattoni, coppi e travetti.

Da quando si trova lì assolve alla sua funzione durante gli acquazzoni e nelle pause dai lavori. Ma quei quattro muri, tirati su alla buona, conservano le tracce della nostra storia. Dall’autunno del 1943 servì come un punto d’appoggio per le formazioni partigiane che compivano azioni di guerriglia a ridosso del Tanaro.

Quando i partigiani si rifugiavano nel ciabòt 1Divenne infatti un luogo dove rifugiarsi per intere giornate, come testimoniano scritte, firme e date lasciate sulle assi interne della porta che sono ancora visibili grazie a un rispettoso restauro.

In un giorno di primavera del 1944, Giuseppe ed Evelina trovarono Fernando, un ragazzo in divisa che, stanco della guerra, aveva lasciato la caserma di Alba portando con sé un tozzo di pane e una bottiglia d’acqua. Era scappato dalla città in piena notte, vagando per le colline sino a quel riparo appartato. Fernando aveva 22 anni e arrivava da un paese dell’Abruzzo. I coniugi, vedendolo, provarono pena per la sua condizione e decisero di rischiare nascondendo un disertore della Repubblica sociale nella loro cascina alla Serra di San Giuseppe. Lui li aiutava nei lavori, condividendo la quotidianità e riparando nei campi ogni volta che c’erano controlli.

In quella nuova famiglia conobbe Livia, che lavorava in paese come sarta: i due ragazzi si innamorarono a prima vista. Poi venne un’altra primavera e la Liberazione dai tedeschi e dai fascisti. Fernando chiese in sposa la ragazza, ma i genitori di Livia non vedevano di buon occhio quel legame nato in circostanze molto particolari. Così, nel 1946, se ne tornò a casa e poco tempo dopo partì per l’Argentina in cerca di fortuna.

Il “ciabòt del partigiano”, decorato all’esterno da Cristiano Porelli, è visitabile contattando l’azienda di Armando e Celeste Massucco (telefono 0173-21.18.90). Nel 2012 ha vinto il premio Estetica del paesaggio agrario promosso dall’Enoteca regionale del Roero. Se ne sta lì, dove lo vollero i nonni, a testimoniare il passaggio degli uomini, delle loro passioni, gli eventi della storia e l’avvicendarsi delle stagioni. È un promemoria sulla collina, a ricordarci sempre l’importanza dell’intreccio tra grande e piccola storia, tra valori, scelte e circostanze della vita.

Roberto Savoiardo

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