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Ad Alba 40 lavoratori nelle vigne dormono in strada

Dopo il lavoro nei campi se va bene, un posto letto nel dormitorio. Se va male, invece, ci si arrangia come si riesce

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ALBA Otto o nove ore sotto il sole, con mezz’ora di pausa e nemmeno un pasto o una bottiglietta d’acqua, se non quella che ciascuno si porta nello zaino, ma che dopo mezza giornata nei vigneti è imbevibile. A fine lavoro, in via Pola, la fila per la doccia e per la mensa. Poi, se va bene, un posto letto nel dormitorio. Se va male, invece, ci si arrangia come si riesce: un pezzo di marciapiede bollente, una panchina, un piccolo angolo di giardino pubblico o anche l’argine del Tanaro. La mattina seguente, alle sette, si ricomincia. Accade ad Alba, non nel profondo Sud.

A Verona è stato sviluppato un protocollo per migliorare le condizioni di lavoro dei braccianti agricoli, a fronte di temperature che definire da bollino rosso è riduttivo: si parla di turni ridisegnati, prima delle 6 del mattino o dopo le 22, oltre alla distribuzione di kit con cappelli per proteggersi dal sole e borraccia.

Sotto le torri e in Langa, se si guarda ai lavoratori finiti nelle mani di intermediari dai profili dubbi, è tutta un’altra storia: per molti di loro, quando la giornata finisce e vengono riportati in pulmino alla stazione, via Pola è l’unico punto di riferimento. Attraversano a piedi piazza Ferrero, corso Italia, la prima parte di corso Langhe, passando davanti all’hotel Calissano: sembra di trovarsi di fronte a una processione silente di uomini con lo sguardo basso, le magliette zuppe di sudore e le scarpe tutte sporche di terra. Al Centro di prima accoglienza della Caritas li attendono i volontari, che distribuiscono asciugamani e il necessario per la doccia, mentre nel refettorio si allestiscono i tavoli per la cena, che inizia alle 19.

Al Centro di prima accoglienza vengono destinati anche i fondi dell’8 per mille – nel 2022 il contributo è stato di circa 100mila euro. Puoi donare anche tu firmando nell’apposito spazio della tua dichiarazione dei redditi.

I volti dei migranti africani incontrano quelli di altre persone che bussano alla porta del Cpaa: sono soprattutto uomini con storie difficili alle spalle, senza fissa dimora o in condizioni di fragilità. Gli spazi sono angusti e si sente ancora di più il caldo, tanto che si mangia pure sul terrazzo. Anche perché, all’interno, sarebbe impossibile assicurare un posto a sedere per tutti.

Valter Boffa, che fa parte del neonato comitato Ambiente, legalità e diritti, è attivo anche in via Pola: «Nell’ultimo periodo, il numero di quanti accedono ai servizi del centro è aumentato: nelle sere di picco, arriviamo fino a settanta persone solo per la mensa. Ma non vanno dimenticati quanti si rivolgono ogni giorno alle parrocchie e ai centri di ascolto, che fanno rete sul territorio».

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In questo momento, tutti i posti del dormitorio sono occupati: nel caso dei lavoratori agricoli, chi è all’interno viene seguito dagli operatori e ha un contratto regolare. Ma il vero problema è ciò che accade all’esterno: «Solo su Alba, abbiamo notizia di una quarantina di persone che dormono per strada, di cui circa una ventina trovano rifugi di fortuna nell’area circostante via Pola. A febbraio, erano già una decina, poi sono aumentati giorno dopo giorno. In questo momento, nei vigneti si stanno facendo gli ultimi lavori prima della vendemmia, che ogni anno anticipa, per via dell’aumento delle temperature. Per questo, i numeri stanno lievitando. La maggior parte delle persone sono già state in zona per la scorsa stagione e sono ritornate, ricontattate dagli intermediari. Sono pochi i nuovi lavoratori, arrivati tramite il passaparola o i conoscenti. Ci sono molti giovanissimi, più dei mesi scorsi. Per quanto si cerchi sempre di trovare un equilibrio, in via Pola registriamo disagi: era una situazione prevedibile, ma anche questa volta non sono state trovate soluzioni. A pagarne, come sempre, le conseguenze sono persone fragili, che si vedono private anche dei diritti essenziali».

S., per esempio, è originario del Camerun. Il suo racconto è la fotocopia di molti altri: niente contratto, una paga di cinque euro all’ora, un orario dalle sette alle cinque del pomeriggio, con trenta minuti di pausa: «Togliamo le foglie dalle piante, sotto il sole: fa così caldo che a volte mi sembra di svenire. Il capo non ci dà né cibo né acqua: mi porto qualcosa nello zaino, ma a mezzogiorno è tutto bollente», racconta: «Quando torno, sono stanchissimo: vorrei dormire, ma non ci riesco».

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Ci indica dove trova rifugio da settimane: un angolo di marciapiede in via Pola, dove ha sistemano un cartone. A fianco ci sono altri uomini nella stessa situazione: il cancello della Cittadella della carità, com’è stato chiamato l’agglomerato di edifici in cui si trova il Cpaa, si riempie di abiti e zaini appesi. Afferma ancora Boffa: «Alle difficoltà di sempre, si aggiungono i problemi legati alle ondate di calore: vediamo i lavoratori tornare in via Pola sempre più stremati. Lo scorso anno, abbiamo registrato diversi malesseri dovuti a insolazioni e disidratazione. Servirebbero dei provvedimenti per limitare il lavoro durante le ore più calde, ma dovrebbe essere anche garantita la possibilità di pause e la disponibilità di acqua fresca».

 Francesca Pinaffo

Sindacati, istituzioni e imprese dovrebbero agire subito

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Anche Irene Melito fa parte del comitato Ambiente, legalità e diritti: «Lo sfruttamento lavorativo dei braccianti stranieri, tramite pseudo cooperative di intermediazione, è evidente. E potremmo fare lo stesso discorso per il contesto di illegalità che ha generato. Sono temi importanti che andrebbero affrontati con decisione, ma dobbiamo dire che non è stato così fino a oggi. Di fronte a contratti inesistenti o di facciata, paghe inferiori al minimo, acconti anziché veri stipendi e assenza di giorni di riposo, di dispositivi di protezione e di diritti, esistono tante responsabilità, a partire dalle aziende, che dovrebbero scegliere a quali realtà rivolgersi per trovare manodopera oppure assumere direttamente. Ma non possiamo dimenticare anche il ruolo che dovrebbero avere i sindacati, le associazioni di categoria e le istituzioni: tutti dovrebbero agire e trovare risposte concrete subito».

f.p.

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